Giovanni Boccaccio
La Caccia di Diana
Edizione
di riferimento:
Giovanni
Boccaccio: Caccia di Diana, a cura di Vittore Branca, in Tutte le
opere, a cura di Vittore Branca, vol. I, Mondadori, Milano 1967
CANTO
I
Nel tempo adorno che l'erbette nove
rivestono
ogni prato e l'aere chiaro ride
per
la dolcezza che 'l ciel move,
sol pensando mi stava che riparo
potessi
fare ai colpi che forando 5
mi
gian d'amor il cuor con duolo amaro;
quando mi parve udir venir chiamando
un
spirito gentil volando forte:
«Donne
leggiadre», in voce alta gridando,
«venite omai, venite alla gran corte 10
dell'alta
iddea Diana, che elette
v'ha
in Partenopè per sue consorte».
E poi ch'egli ebbe tre fiate dette
queste
parole, sanza più voltare,
a
una a una chiamandole ristette. 15
E, se non m'ingannò 'l vero ascoltare
che
far mi parve, Zizzola Barrile
la
prima fu ch'io gli senti' chiamare;
poi Ciancia l'altra, nobile e gentile,
Cecca
Bozzuta e poi Principessella 20
Caracciola
e Letizia Moromile,
de' Gattoli Berarda con Linella,
Beritola
Carafa, e 'n compagnia
degli
Scrignar Mignana ed Isabella,
e Isolda di Giaquinto e Lucia 25
Porria
e Berita e Caterina
de'
Brancazzi e de' Melii Maria.
E seguitò Caterina Pipina
e
Sobilia Capece; e chiamò Fiore
Curial
bella, di colei vicina, 30
Verdella di Berardo e Biancifiore
de'
Caffettini e Ceccola Mazzone
ed
Alessandra d'Anna con valore.
Caterina di Iacopo Roncione
chiamò,
e Caterina Caradente; 35
poi
la Crespana seguì nel sermone
e di Bolin Caterina piacente
e
Caterina di Serpando, e poi
Caterina
Fellapan similmente.
Giovannola de' Coppoli ampoi 40
si
chiamò e la Lucciola dop'essa,
e
Fiore Canovara ne' dir suoi
chiamò appresso, e oltre con lor messa
de'
Gambatelli Vannella fu ancora,
come
intesi nella voce espressa. 45
Ma quella donna cui Amore onora
più
ch'altra per la sua somma virtute,
che
tutte l'altre accresce e rinvigora,
fu l'ultima chiamata, e per salute
dell'altre,
quasi com'una guardiana, 50
avanti
gio per guidarle tute:
e 'n compagnia del messo di Diana,
che
più non ne chiamò (né nomò lei,
perché
a suo nome laude più sovrana
si converria, che dir qui non potrei), 55
sen
gì in parte ov'io le seguitai
con
l'altre insieme, infin ch'io discernei
ciò ch'elle fer, come appresso udirai.
CANTO
II
In una valle non molto spaziosa,
di
quattro montagnette circuita,
di
verdi erbette e di fiori copiosa
nel mezzo della qual così fiorita,
una
fontana chiara, bella e grande, 5
abbondevole
d'acqua, v'era sita,
e l'acqua che superflua si spande
un
rivo fa che tutte l'erbe bagna,
poi
n'esce fuor da una delle bande:
d'albori è piena ciascuna montagna, 10
di
frondi folti sì ch'a pena il sole
tra
essi può passar nella campagna:
diversi uccelli cantan lor carole
sopr'essi,
e quivi un'aura sottile
move
le frondi, come mover sole
nel tempo estivo zefiro gentile, 15
quando
il calor diurno più non sale,
ma
quando fa, calato, l'aere umile:
caprii, lupi ed ogni altro animale,
orsi
e leon si trovano in quel loco, 20
e
qualunque altro che più o men vale:
quivi Diana, che 'l tiepido foco
ne'
casti petti tien, ricolse quelle
che
invitate furono al suo gioco.
Poi comandò che esse entrasser nelle 25
chiarissime
onde e de' freschi liquori
lavando
sé si rifacesser belle.
E poi, come a lei piacque, uscite fori
si
rivestir di purpurea veste,
inghirlandate
d'uliv'e di fiori. 30
Diana quattro parti fé di queste,
ed
alla bella donna disse: «Andrai
sopra
'l monte a meriggio con coteste,
e tu, Isabella, al ponente sarai,
e
Fiore a tramontana; ed alla caccia 35
ciascuna
pensi di valere assai».
E, dati i cani e forti reti d'accia,
girfalchi,
astori ed archi con saette
e
spiedi aguti che' cinghiari impaccia,
quelle che ella avea per sé elette 40
(cioè
Cecca Bozzuta e Caterina
Fellapane,
con le qua' poi seguette
insieme Biancifiore Caffettina,
la
Crespana e Catrina Caradente
e
quella di Serpando e la Pipina, 45
e Marella Melia similemente)
sopra
'l più picciol monte se n'andaro,
ch'era
disteso verso l'oriente.
Quivi la caccia prime incominciaro
le
quattro sopra 'l monte, e l'altre al basso 50
avevan
fatto con reti riparo
acciò che nulla fiera ad alcun passo
lor
potesse fuggir sanza esser presa
o
ferita da' ferri del turcasso.
Poi passar dentro, e ciascheduna intesa 55
andava
per la selva riguardando
per
l'altrui danno e per la lor difesa,
sì, come segue, con senno cacciando.
CANTO
III
Aveva Diana nella man sinestra
un
arco forte, noderoso e grosso,
tal
che daria fatica ad ogni destra,
e nel cacume del monte rimosso
gia
con Cecca Bozzuta, che portava 5
la
sua faretra piena dietro al dosso.
E dietro ad un macchion s'ascose, e stava,
fin
ch'ella vide un capriol venire,
che
un can, che lasciò Cecca, cacciava.
L'aprir l'aspro arco e 'l cavriuol ferire 10
in
un momento fu, ond'e' si fisse,
e
quivi cadde e non poté fuggire.
Diana volta a Cecca allora disse:
«Quando
discenderemo il prenderai,
e
siesi tuo»; e Cecca nol disdisse. 15
Ma alla Pipina, disiosa assai
con
la Crespana: «A prender delle fiere»,
disse,
«da questa parte te n'andrai»,
(e a sinistra le mostrò un sentiere)
«ed
io terrò di qua, e, quando sente 20
fremir
le frasche, lascia il tuo levriere».
Così divise andavan pedetente,
ogni
cespuglio con l'occhio cercando,
co'
cani appresso, al loro officio attente.
Ma guar non erano ancor ite, quando 25
due
lepri si levar correndo forte
non
di lunge da loro, al monte andando.
Di queste fur le giovinette accorte,
e
l'una all'altra gridò: «Lascia i tuoi!
non
possono scampar che non sien morte». 30
«Ciuffa!» gridando, ciascheduna i suoi
lasciò,
correndo dietro a' passi loro,
fin
che presa la preda stetter poi.
A picciol passo poi dopo costoro
veniva
Caterina Caradente, 35
guardando
un porco, che' can di coloro
avean levato, e sé tacitamente
dietro
ad un alber pose, e ver di lui
uno
spiedo drizzò lungo e tagliente.
Di squama pien, furioso costui 40
venia,
da' can d'ogni parte addentato
ed
infiammato di nuocere altrui;
e nello spiedo a lui innanzi parato
ferì
con rabbia sì che vi rimase
da
una parte in altra trapassato. 45
Biancifior Caffettina, che ispase
avea
le reti insieme con Catella
a
piè del monte, fieramente invase
tre gran cerbi cornuti, che in ella
incappati
eran dalli can cacciati, 50
e
con loro a pigliarli fu Marella
de' Melii; e poi che fur pigliati,
voltate
a di Serpando Caterina,
che
'ntorno al monte co' cani affannati
era gita di 'nfin dalla mattina 55
sanza
aver presa fiera e nella valle
che
tra l'un monte e l'altro si declina,
seguiro un lupo, e nelle dure spalle
Caterina
gittò col suo forte arco
una
saetta che impedì il suo calle; 60
e questo preso ritornaro al varco.
CANTO
IV
La bella donna, il cui nome si tace,
con
un'aquila in man prese la via
su
per lo monte ch'al mezzodì giace.
Zizzola e Ciancia menò in compagnia,
e
dopo queste la Principessella; 5
Beritola
Carafa le seguia
e Berita Brancazzi gia con ella,
e
Sobilia Capece con Berarda
e
Caterina a Berita sorella.
Ciascuna presta, gioconda e gagliarda, 10
cantando
andavan di dietro a colei
che
nel viso d'amor sempre par ch'arda.
Non fu salita molto alto costei,
ch'a
sé lontano vide uno animale
fiero
ed ardito e presto sopra i piei. 15
Acciò nuocer potesse né far male,
sé
e le sue ritrasse in salvo loco
e
l'aquila lasciò, le cui fort'ale
la trasportaron quasi infino al foco,
e
poi rivolta in giù venia rotando 20
e
discendendo sé a poco a poco.
Fra gli albori e le frondi folgorando
percosse
quella sì ferocemente,
che
dal capo alla coda laniando
l'andò la pelle con l'unghion tagliente, 25
e
risalita ancor la riferio
un'altra
volta vie più fieramente.
La variata lonza, che sentio
i
fieri colpi, in terra si distese
e
quivi dibattendosi morio. 30
La bella donna il forte uccel riprese
ed
alla lonza trasse il caldo cuore
e
l'aquila pascé; e poi discese
del monticel, faccendo un gran romore
Zizzola
e Ciancia, e dicean: «Piglia, piglia!» 35
dietro
ad un bianco cervio, che di fore
d'un cespuglio fuggiva a maraviglia
per
molti can che dietro si sentia,
de'
qua' ciascuno a prenderlo si spiglia.
Ma Ciancia, che conobbe la sua via, 40
traversò
il monte e riuscigli appresso
sopra
uno balzo ove 'l monte finia;
e poi ch'ell'ebbe all'arco lo stral messo,
ch'ella
portava in mano, apersel forte
e
lui ferì in quello punto stesso. 45
Quivi, vermiglio ritornato, a morte
ferito
si sentì, né più potero
portarlo
avanti le sue gambe accorte.
Zizzola si tornò per lo sentiero
e
richiamando i can sonava un corno, 50
fin
che di loro il numero ebbe intero.
Così andando e mirandosi intorno,
due
volpi vide e ciascuna fuggendo
andava
a fare a sua cava ritorno.
Tanto le gio Zizzola seguendo, 55
che
prese quelle e ver la donna onesta
se
ne tornò, di questo in sé ridendo;
e quella ancor di ciò si fece festa.
CANTO
V
Beritola Carafa infra la folta
e
dilettevol selva con un arco
s'andava,
pian dicendo «Ascolta, ascolta!»
a Sobilia Capece, «ché al varco
mi
par le frasche dimenar sentire 5
e
a' cani far grandissimo rammarco.
Voltianci là; ché, se nel mio udire
non
prendo inganno, alcuna bestia fia,
che
di leggiere la potren ferire».
Non disser più; ma, subito la via 10
presa,
pervenner là dove 'l rumore
avean
sentito ciascheduna pria.
Quivi trovaro pieni di furore
due
orsi grandi e negli occhi focosi,
tal
che ciascuna n'ebbe allor tremore. 15
Ma Beritola pria rassicurossi,
e,
amettendo i can, della faretra
trasse
saette e alquanto allungossi
e l'un ferì; ma quanto in una petra
v'entrò
il ferro, ed ella l'altra trasse, 20
ma
quella come l'altra ancor s'arretra.
Parve ch'allor Beritola sdegnasse
insieme
con Sobilia, e adirorsi
non
potendoli avere, ed eran lasse.
Le cocche de' loro archi in man voltorsi 25
e
d'ira accese più s'assicuraro
e
più si fer vicine all'un degli orsi,
e 'n sulla testa sì forte i donaro,
che
cadde semivivo; e l'altro poi
con
più vigore i lor cani addentaro. 30
Ciascuna con romore atava i suoi,
fin
che 'l secondo, da' cani abbattuto,
presero,
e se n'andar con ambeduoi.
Principessella, quantunque era suto
del
giorno, tanto con reti e con arte 35
aveva
un leoncel prender voluto;
ma non l'avea potuto ancora in parte
col
senno suo recar, sì che si fosse
punto
incappato nelle reti sparte.
Sottile avviso subito la mosse 40
e
prese un cavriol dall'altre preso:
morto
'l gittò nelle 'nretite fosse.
Vide quel cavriol morto disteso
il
leoncello nella fossa stare;
corsevi
allor, da fame forse offeso, 45
e cominciò del caprio a mangiare;
ma
quella accorta tirò sì le reti,
che
quivi preso li convenne stare.
Non li giovò perché in que' pareti
mugghiasse
forte; ché 'ngegnosamente 50
ella
il legò con sembianti lieti.
Alla donna gentil ne fé presente,
dicendo:
«Te', più ch'altra valorosa!»;
e
quella il prese graziosamente.
Ma Berarda avea fatta nuova cosa, 55
ché
con suoi bracchi ben sei spinosi
aveva
presi, e 'n grembo, paurosa
non la pungesser, li portava chiusi.
CANTO
VI
Caterina Brancazza e la sorella,
quasi
nel luogo del monte più alto
giva
ciascuna baldanzosa e snella,
e due tigre leggere, che di salto
forte
fuggivan, salendo trovaro, 5
alle
quali esse e i can dieron l'assalto.
Per lungo spazio queste seguitaro
ma
alla fin le presero i can loro,
perché
in tese reti elle incapparo.
Gioconde si tornaron poi costoro, 10
liete
di preda tanto nominata
qual
quella fu che fu presa da loro.
Isabella Scrignara e sua brigata
(con
la qual giva Ceccola Mazzone
con
la Mignana insieme accompagnata, 15
Isolda ancor di Giaquinto vi fune,
Vannella
Gambatella e Caterina
figlia
di notar Iacopo Roncione,
e con loro Alessandra) s'avvicina,
e
simil fa Linella, verso il monte 20
ch'all'occidente
i suoi vallon declina.
Ceccola prima con ardita fronte
prese
il cammin, né ristette giammai
fin
che su la portar le gambe pronte.
Ed eravi già istata suso assai, 25
chiamando
le compagne e rimirando
s'alcuna
fiera fosse fra que' mai,
e un fiero cinghiar, che riposando
si
stava, in una macchia vide fitto,
forse
cacciato, inverso lei guardando. 30
Andonne questa a lui tutto diritto,
e
'n sulla testa il ferì d'una scure
sì
forte che morì sanza respitto.
Mignana ed Isabella nelle dure
piagge
avean tese reti e gian dintorno 35
frugando
con baston le grotte oscure.
Con esse era Vannella; ed in quel giorno
preser
conigli assai e lepri grosse,
e
'ndietro si tornar sonando un corno.
Ma Isolda di Giaquinto percosse 40
sì
forte un lupo da due can tenuto
con
un baston, che mai più non si mosse.
Ma dopo, sé rivolta, ebbe veduto
un
altro con due figli; onde a gridare
incominciò:
«Compagne, aiuto, aiuto!». 45
Linella corse là, sanza più stare,
con
due gran cani e con un arco in mano,
e
Alessandra ancor vi volle andare.
Aperse l'arco quella e non invano:
ché
l'un de' tre ferì sicché rimase, 50
e'
cani assalir l'altro a mano a mano.
Fuggissi il terzo, e Alessandra invase
con
uno spiedo in man quel che tenieno
i
can feroci per l'orecchie rase,
e quasi morto già fra lor l'avieno; 55
questa
il condusse a fine, e, preso lui,
con
le compagne insieme sen venieno
per pigliar posa degli affanni sui.
CANTO
VII
Fior Curial guidava altra compagna,
delle
qua' parte il monticel saliro
e
parte ne rimase alla campagna.
Quelle che lei, sagliendo, seguiro
fur
queste: pria Letizia Moromile 5
e
Lucia Porria fu, e con disiro
Fior Canovara di dietro seguile;
ed
il primo animal ch'elle scontraro
un
leocorno fu, non miga vile.
I cani arditamente il seguitaro 10
guardando
sé dal suo aguto corno,
al
cui ferir non aveva riparo.
Più volte s'aggirò il monte intorno:
né
saetta né correr ci valea
che
prender si potesse l'unicorno.
Fior Curiale, che d'ira dentro ardea, 15
l'altra
Fior prese e vestilla di bianco,
e
disse: «Fa che tu in sul monte stea
sanza paura, e con aspetto franco
con
questa fune lega l'animale, 20
che
verrà a te quando sarà istanco.
Né dubitar di lui, ché non fa male
per
tempo alcuno ad alcuna pulcella,
ma
stassi con lei, tanto gli ne cale».
Salivvi Fior, sì come disse quella, 25
e,
per ispazio lungo lui cacciato,
quivi
aspettò tanto che venne ad ella.
Temette quella prima, fin ch'allato
colcar
sel vide, e poi rassicurossi
e
tosto con la fune ebbel legato. 30
Fior Curiale allora rallegrossi
veggendol
preso, e l'altre insiememente;
e'
passi loro in altra parte mossi,
cominciaro a seguir velocemente
due
cerbi grandi, i quali, avviluppati 35
le
corna a' rami, preser tostamente.
Né gli avean quasi i cani ancor lasciati
che
per la selva si sentì un fracasso
di
fieri porci da altrui cacciati.
Rami e frondi rompeano nel trapasso, 40
forte
rugghiando, superbi e squamosi,
ansando
sì che ciascun parea lasso.
A quel romore Letizia voltossi
con
uno spiedo in mano e lasciò gire
la
maggior parte d'essi furiosi; 45
ma l'ultimo di questi, che venire
vide,
aspettò ad un alber fermata,
in
parte che 'n lo spiedo il fé ferire.
Di dietro a questo forse una tirata
d'arco
venivan cani, ond'e' fu preso; 50
e
tosto all'altre con el fu tornata.
Verdella di Berardo, che asceso
non
avea 'l monte, ma rimasa s'era
con
sue compagne al pian d'acqua difeso,
con un falcone in mano alla riviera 55
si
stava, e Caterina di Bolino
con
un girfalco; e con esso loro era
la Lucciola, seguendo il lor cammino.
CANTO
VIII
Andando queste intorno al fiumicello
e
Giovannola Coppola con loro,
per
far levar malardo o altro uccello,
del lito si levò sanza dimoro
una
gran gru e volando salio 5
tanto
ch'a pena la vedean costoro.
Ma il girfalco tosto la seguio,
e
più presto di lei salito ad alto,
in
giù volando, forte la ferio.
Né cadde però quella al verde smalto, 10
ma,
ripigliato vol, più prestamente
si
dipartia per cessar l'altro assalto.
Ma il fuggir non le giovò niente,
ché
la seconda volta fu ferita
ben
ch'ella sostenesse fortemente. 15
E, pur ripreso il volo, fu salita
più
alta che non era assai in prima,
tanto
ch'agli occhi d'elle fu smarrita.
Era 'l girfalco in parte più sublima
di
quella assai, e, riferita lei, 20
la
pinse in parte vie troppo più ima;
poi ritornato ancor sopra costei,
in
sul groppone i forti artigli fisse
e
giù discese in piè con esso lei.
Presa la preda, Caterina sfisse 25
i
sanguinosi unghioni, lui pascendo,
allegra
in sé delle passate risse.
In questo mezzo Verdella, vedendo
levati
più malardi, lasciò gire
il
suo falcon, con l'occhio lui seguendo. 30
E' cominciò quanto poté a fuggire,
poi
rivoltato in giù veloce venne
e
un per forza ne corse a ferire.
Non gli rimase in sulla schiena penne
né
pelle che non fosse laniata; 35
e
con gli unghion fortemente il ritenne.
Tirollo giù sanza far ritornata
in
su per più ferir, perché già morto
l'aveva
pur nella prima calata.
Verdella corse là con atto accorto, 40
riprese
quello e recollosi in mano;
e
a cintola il malardo s'ha attorto.
La Lucciola e Giovannola nel piano,
sopr'un
braccio del chiaro ruscelletto,
tese
avean reti, e non miga in pantano. 45
E ciascheduna in mano un bastonetto
portava,
l'acque dintorno frugando,
talor
toccando di quel fiume il letto,
e con voci alte talora gridando,
con
diversi atti, acciò ch'uscisser fuori 50
gli
uccei ch'ascosi gian per l'acqua andando.
Un marangon, che prima a' lor romori
uscì
dell'acqua, nelle reti preso
fu,
ch'elle tese avean tra l'acque e' fiori.
Un paolino ancora vi fu offeso; 55
malardi
ed altri uccelli, i qua' contare
lungo
sarebbe in ordine testeso,
vi preser, sì con senno sepper fare.
CANTO
IX
Mentre con gli occhi fra le verdi fronde
mirando
giva la caccia, che 'n esse
talor
si mostra e talor si nasconde,
convenne che altrove mi volgesse
per
nuovo suon ch'agli orecchi mi venne, 5
che
lo 'ntelletto a sé tutto riflesse;
né 'l mio veloce sguardo si ritenne
fin
ch'a quel loco, dond'erano entrate
le
prime donne, subito pervenne.
E quivi vidi con difficultate, 10
per
lo spazio lontan, gran gente entrare
dentro
dal pian dell'erbette bagnate.
E 'l suon de' corni e de' can l'abbaiare
e
'l romor loro facean quella valle
tutta
mirabilmente risonare. 15
Io mi ristrinsi tutto nelle spalle,
credendo
nel pensier ched altra gente,
forse
malvagia, fosse per quel calle.
Ma poi che l'occhio più agutamente
ficcai
fra loro, conobbi che era 20
di
donne compagnia bella e piacente.
E come a me quell'amorosa schiera
si
fisse appresso, ch'io potea vedere
apertamente
ciascuna chi era,
tututte le conobbi al mio parere, 25
e
'mmaginai che poi chiamate foro
che
l'altre, che cacciavano a potere.
Venute allato alla fonte, costoro
stavan
sospese al cacciare, ascoltando;
ma
così cominciò una di loro: 30
«Chi va per questi monti ora cacciando?».
La
Lucciola rispuose, ch'era presso,
sopra
la chiara riva, al suo dimando.
Come ella questo udio, disse: «Adesso
dubitavam
noi forte che nel loco 35
altri
non fosse, come suole spesso
addivenire», e sé ritrasse un poco
da
parte; Cecca e Zizzola Fagiana,
belle
nel viso d'amoroso foco,
chiamò, ancora Vannella Bolcana, 40
Larella
Caracciola e Serella
Brancazza,
nello aspetto umile e piana.
E questa che chiamava fu Marella
Caracciola,
e con loro al parer mio
vi
fu ancora d'Arco Peronella. 45
Disse Marella allora: «Il mio disio
è
di cacciar fra questi luoghi stretti»;
a
cui ciascuna disse: «Sì voglio io!».
E 'nver levante per le belle erbette
preser
la via, guernite a quella guisa 50
che
fa mestieri a sì fatti diletti.
Fatta dall'altre dovuta divisa,
gì,
ed io torsi l'occhio e lascial'ire
a
veder che dall'altre si divisa.
E vidi là cominciare a salire 55
al
mezzodì lacopa Aldimaresca,
e
a cinque altre la vidi seguire,
ciascuna inghirlandata d'erba fresca.
CANTO
X
Quella ch'avante all'altre la seguiva
mi
par ch'era Marella Passerella,
a
cui Gostanza Galeota giva
di dietro e Mariella Piscicella;
Dalfina
di Barasso ancora v'era, 5
e
dopo lei de' Brancazzi Vannella,
salendo per la nuova primavera.
Ma
a quel monte ch'è inver ponente
si
dirizzava più piacente schiera;
ch'io vidi all'altre andar principalmente 10
Zizzola
Faccipecora, la quale
vidi
seguir, se ben mi torna a mente,
ardita assai Tuccella Serisale,
e
Biancola Carafa dopo lei
con
Caterina, nello andare eguale. 15
Veniva appresso di dietro a costei
Giacopella
Embriaca, e dell'Acerra
Tanzella
graziosa conoscei.
Ma, se la mia memoria non erra,
Catrina
Sighinolfi alla campagna 20
si
volse rimaner, pigliando terra;
a cui Covella d'Anna s'accompagna
e
Mitola Caracciola e Berita
Galeota
e Zizzola d'Alagna:
Covella d'Arco ancor v'era, fornita 25
di
buono uccel ciascuna, e se n'andaro
all'altre
che nel luogo avean partita.
Marella e l'altre ardite incominciaro
la
caccia forte dietro ad un castoro,
che
nel vallon, dove giro, trovaro. 30
Ma Vannella Bolcana fra costoro
più
presta fu con buon can seguitando,
per
ch'ella 'l prese prima di coloro.
E mentre che l'andavan sì cercando,
Mariella
si fisse ed ascoltava 35
che
fosse ciò ch'ell'udiva mugghiando.
E quanto più nella foresta entrava
più
il mugghiar vicin li si faceva,
di
ch'ella forte si maravigliava.
Né conoscer di lor nulla poteva 40
ciò
che là fosse; ma Serella disse
ch'uno
olifante udir le pareva
giacere in terra: onde ciascuna fisse
il
passo dubitando, e dilivrarsi
per
gire ad esso, che che n'avvenisse. 45
E come alquanto ver quello appressarsi,
giacendo
in terra lo videro stare,
né
si poteva in modo alcun levarsi.
Cessossi allor da loro il dubitare,
e
correndoli sopra con la scure
lance
e saette 'ncominciargli a dare. 50
Ucciso quel, ritornaron sicure,
ed
a Marella presentar la testa,
che
lor guida era nelle vie oscure.
Quella ne fece mirabile festa, 55
dicendo:
«I cacciator, ch'ebbero affanno
con
loro ingegni forse a prender questa,
trovandola esser presa si dorranno».
CANTO
XI
Di frondi coronata, in mezzo cinta,
col
corno al collo e col turcasso allato,
di
bellezza piacevole dipinta,
e con un arco insieme accompagnato
con
due saette, sen giva Marella, 5
con
gli occhi ognor faccendo nuovo agguato;
e 'n simil forma seguiva Serella,
quando
trovar le reti, onde già tratti
li
cerbi avien Biancifiore e Catella:
le qua' prestar si fenno, e ne' burratti 10
di
que' luoghi più folti le spiegaro,
in
guisa ch'assa' tosto vi fur catti
ben quattro cervi, i qua poi saettaro,
perché
non ne potean nessun pigliare;
e
di quel luogo seco glien portaro. 15
Ma Peronella faceva un gridare
dietro
a due can ch'un capriol seguieno,
che
tutto il bosco facean risonare;
e questo appena quelli giunto avieno,
che
ella sopraggiunse e lui ferio, 20
da
lui cacciando li can che 'l tenieno.
E Zizzola Fagiana, con disio,
con
Cecca insieme due n'avevan presi
e
'n collo li recavano, quand'io
forte gridare: «Piglia, piglia!» intesi 25
di
dietro a me: per ch'io mi rivoltai
subito
al pian, dov'io vidi discesi
tre gran cinghiar, de' quali io dubitai,
fiata
fu, ma più di venti cani
dietro
lor vidi, ond'io m'assicurai. 30
E dietro a questi, con piene le mani
di
archi e di saette, correr vidi
tre
donne preste con tre grandi alani,
lasciando que' con altissimi gridi,
com'io
già dissi, e sopra que' giro 35
feroci
assai; né in prima m'avvidi,
che Vannella Brancazza con disiro
vidi
discender sopra l'un, che vinto
era
da' cani e dal greve martiro.
E quel, di sangue quasi tutto tinto, 40
se
ne tirò; ma poi vidi Dalfina
uccidere
'l secondo; e 'l terzo, avvinto
da' can, Gostanza con fiera rapina
ferì
con uno spiedo sì feroce
che
di morte li fé sentir ruina. 45
Poi, richiamando i cani ad una voce,
tutti
raccolsero, addietro tornando
con
loro insieme, con romore atroce.
Iacopa Aldimaresca, che cercando
con
Mariella Passerella andava 50
per
la piacevol selva riguardando,
com'ella ad una ripa trapassava,
a
costa i can si fermar di presente
ad
una buca, e ciascuno abbaiava.
Quella guardava e non vedea niente; 55
li
can volea cacciar, ma ecco fore
di
quella uscia la coda d'un serpente,
e dentro ritornossi al lor romore.
CANTO
XII
Marella Piscicella, che vicina
a
costoro era, udì il lor romore,
e
con le sue compagne ancor Dalfina.
Corsero adunque tutte con furore
in
quella parte, e trovaron coloro 5
quasi
smarrite tutte del tremore.
Allora s'accostò Dalfina a loro,
dicendo:
«Che vedeste, che non pare
che
'n questa vita facciate dimoro?».
Iacopa allora cominciò a parlare: 10
«Omè,
che 'n questa buca è un serpente,
terribil
cosa pure a riguardare».
Disse Dalfina: «Non dubbiar niente:
noi
siam qui con buon cani e ben armate:
ben
lo potremo uccider salvamente». 15
Iacopa, le compagne assicurate,
allor
rispuose: «Sed e' v'è in piacere,
alquanto
el mio consiglio seguitate».
Disse Dalfina: «Dì il tuo parere».
Iacopa
stette allora e pensò un poco, 20
e
poi rispose: «Questo è l' mio volere:
mettiamo in questa buca acceso foco;
la
fiamma e 'l fumo lui uccideranno
o
'l cacceranno fuor di questo loco.
Se forse fuor di qua uscir lo fanno, 25
le
vostre lance e le saette preste
con
voi abbiate, se non vogliam danno».
A tal consiglio s'accordaron queste,
e
ritirar li cani e fiamme accese
misser
nel luogo della fiera peste. 30
Sostenne quella alquanto queste offese;
poi,
non potendo avanti sofferire,
fuori
furioso si gittò palese.
Ciascuna allora il cominciò a ferire,
e'
cani l'addentar, de' quali assai 35
dintorno
a sé co' denti fé morire.
Ma non gli valse; ché gli ultimi guai
gli
apparecchiava quella che seguita
era
dall'altre, com'io avvisai.
Con greve colpo gli levò la vita 40
con
una lancia Iacopa, e la testa
gli
tagliò poi vigorosa e ardita.
E mentre che di ciò facevan festa,
ben
sei altri n'usciron piccioletti,
figliuoi
di quel, con noiosa tempesta. 45
Con lieve affanno a morte fur costretti,
perché
già el fumo gli avea consumati4
mentre
da quel nel buco eran distretti.
Così da queste tututti pigliati
li
vidi e morti; ond'io ad altra cosa 50
rivoltai
gli occhi già di quel saziati;
e, al ponente, vidi valorosa
Zizzola
Faccipecora andar suso,
leggiadra,
bella, gaia e poderosa.
Ma nel bel monte delle frondi chiuso 55
non
andò guar con li suo' can guardando,
ch'un
leopardo, lieve oltre a nostro uso,
l'apparve avanti, ver di lei andando.
CANTO
XIII
Ella non dubitò, ma l'arco aperse
e
quel ne' fianchi feri sì profondo
che
le sue forze tutte gli disperse,
ed allo primo stral giunto il secondo,
che
dandoli nel petto toccò il core, 5
onde
morì: e li can, cerchio tondo
fatto gli avean, faccendo romore
li
s'appressaro e preser, con costei
oltre
correndo, mostrando valore.
Ma Biancola Carafa innanzi a lei, 10
coronata
di fior (tant'è piacente
quanto
alcun'altra che fosse con lei),
giva correndo sì velocemente
dietro
ad un daino ch'avanti li giva,
che
parea che volasse veramente; 15
e con lei insieme alcun can lo seguiva,
ma
non perciò che giunger si potesse,
tanto
era presto que' che si fuggiva.
O che lui ramo o altro ritenesse,
non
so; ma ella il giunse e lui ferio 20
d'un
dardo nella gola, donde spesse
guizzate diede e poi pur si morio
davanti
a lei, che altro non parea
ch'ella
attendesse con tutto 'l disio.
Alto nel bosco al mio parer vedea 25
due
leggiadre e belle giovinette,
le
qua' ciascuna assai ben conoscea,
inghirlandate di due ghirlandette
di
rose rosse, tanto relucenti
che
a veder parean due fiammette, 30
vestite strette, sì belle e piacenti
che
facean rider tututto quel loco,
dond'elle
andavan con li passi lenti.
Le quali, andando sì a poco a poco,
d'archi
e di saette bene armate, 35
fra
sé cantando e faccendosi gioco,
vider discender della stremitate
del
monte una pantera; onde Cobella
Embriaca
sonò molte fiate
il corno, e 'l somigliante fé Tanzella, 40
chiamando
i cani, li qua', po' venuti
fur,
si drizzaro ver la fiera snella.
Covella corse avanti e con tre aguti
istrali
ferì quella nella fronte,
e
sì v'entrar, ch'a pena eran veduti 45
fuor che le penne; laonde le pronte
gambe
della pantera non potero
portarne
lei, ma cadde a piè del monte.
Diece can, credo, o più ve l'assagliero,
ed
a Covella, che già là giunta era, 50
in
terra morta e vinta la rendero.
Ma a Tanzella più usata fiera
apparve
avante, andando per atare
Iacopella
nel loco dov'ell'era:
ch'un piccol fosso volendo passare 55
si
attraversò un furioso toro,
rompendole
la via nel suo andare;
ond'ella fé per quel quivi dimoro.
CANTO
XIV
Salvossi questa alquanto in alto loco,
sonando
un corno, raccogliendo i cani,
ch'erano
avanti, qual molto e qual poco,
impingendoli al toro con le mani:
«Ciuffa!»
gridava a piglial, buon Pezzuolo, 5
piglial,
Dragone, e piglial, Graffiacani!».
E poi ch'adesso l'abbaiante stuolo
gli
ebbe drizzato, quale per la coscia,
chi
per l'orecchie li porgeva duolo;
e da tutti la mortale angoscia 10
cacciava
a suo potere, or coll'un corno
ferendo
l'uno ed or coll'altro poscia;
e simile co' calci a sé dintorno
non
ne lasciava nullo appressimare;
sì
passò prima gran parte del giorno. 15
Tanzella non facea se non gridare
e
spesso in fallo saette gittava,
non
potendoli mai colpo donare.
Tuccella Serisal, che quindi andava,
un
dardo le prestò, e quella allora 20
con
tutta la sua forza li gittava.
Nel mezzo de' duo corni, un poco fora,
li
colse con tal forza che si fisse
e
quivi si morì sanza dimora.
Trasseli quella il core, e poscia disse: 25
«Tuccella,
andiamo ove ti piace omai,
ch'io
me n'andrei contenta s'i' morisse».
Disse Tuccella: «Certo ragion hai,
sì
fatta pugna hai vinta»; e preser via
al
traverso del monte, e giro assai 30
pria che trovasser bestia, tuttavia
mirando
ogni cespuglio; e, sì andando,
Caterina
Carafa in compagnia
preser con loro; e givan ragionando
del
lor cacciare e de' loro accidenti, 35
una
parola poi l'altra tirando.
Ma con le punte agute in sé battenti
videro
a loro un istrice vicino,
che
ruppe loro i lor ragionamenti;
e, fermatasi quivi nel cammino, 40
Tuccella
aperse l'arco e lui ferio,
e
di quel colpo si morì il tapino.
Caterina Carafa allor seguio
con
li suo' cani un caprio, che fuggiva
quanto
potea al monte con disio; 45
ma li can di Covella, che reddiva
al
pian, trovaron quello, onde fu morto
da
Caterina, che forte il seguiva.
Prendeva al piano mirabil diporto
Catrina
Sighinolfi sopra il lito 50
del
fiumicello, il cui correre è corto.
Ell'avea funi nel fondo pulito
del
fiume poste con lacci ravvolte
per
un'idra pigliar'da lei sentito;
la quale, dando per lo fiume volte, 55
incappò
in quella, onde costei ridendo
la
tirò suso; e risersene molte
con lei insieme, lo 'ngegno vedendo.
CANTO
XV
Covella d'Arco a piè del monte s'era
tra
giunchi e canne con Berita ascosa,
Galeota,
al lito di quella riviera.
E ciascheuna con nota amorosa
sonava
un'arpa graziosamente, 5
in
voce che il suono è dilettosa.
E mentre elle sonavan dolcemente,
due
cigni bianchi si calar nel loco,
assai
vicini a lor, tacitamente.
Col capo ad alto giano a poco a poco 10
appressandosi
al suon che piacea loro,
faccendo
in atti di quel suono il gioco.
Non s'appressaro a lor quasi costoro
ch'essi
incapparo ne' tesi lacciuoli,
e
dalle donne poi sanza dimoro 15
pigliati furon, rimutando in duoli
i
lor diletti; e altri a quel romore
se
ne fuggiron con non lenti voli.
Ma Mitola Caracciola un astore
portava
in mano, ardito nello aspetto, 20
di
più vol ch'altro e di maggior valore;
e giva andando sopra il ruscelletto,
e
Zizzola d'Alagna era con lei,
un
naccaro sonando con diletto
E mentre che sonando gia costei, 25
usciron
più malardi di quelle acque
forte
fuggendo davanti da lei:
per che lasciar l'astore allor le piacque,
il
qual, montato, uno ne ferio,
sì
che in sull'erba morendo si giacque; 30
e senza tardar punto risalio:
mentre
se ne scendeva giù calando
infino
in terra con un altro gio.
Mitola, andando dietro a quel gridando,
e
Zizzola con lei, l'astor riprese, 35
co'
due malardi al fiume ritornando.
Covella d'Anna i suo' passi distese
di
dietro ad uno struzzo, che fuggendo
gia
per lo piano, temendo l'offese.
Ma nol poteva tanto andar seguendo 40
ched
e' più non fuggisse, e spesse volte
si
rivoltava con l'ali battendo.
Il molto correre e le frasche folte
avevano
a Covella tutti i panni
quali
stracciati e quali a sé ravvolte; 45
ond'ella, piena e d'ira e d'affanni,
tututta
ardeva nella faccia accesa,
di
quello uccel desiderando i danni.
Con più vigor, nuova forza ripresa,
seguitandol,
si fé prestare un arco, 50
fra
sé dolente di cotale impresa;
ma dopo molto andare ad un gran varco
il
colse e saettollo, e quegli allora
quivi
morì con dolente rammarco.
Covella il prese sanza più dimora, 55
e
tirollosi dietro infino al piano,
riferendol
da capo ad ora ad ora,
istroncandoli il capo con la mano.
CANTO
XVI
Ma già il sol saliva a mezzo giorno
e
l'aere calda ai corpi dilicati
noia
facea: per che sanza soggiorno
Diana disse a quelle: «A' freschi prati
scendiamo
omai e lasciam riposare 5
i
nostri uccegli ed i cani affannati.
Non è ora ben tempo da cacciare;
riposiamoci
omai, però che lasse
semo,
e facciamo quest'altre chiamare».
E comandò ad una che andasse 10
sull'alto
monte, e tutte ad una ad una
le
donne e le pulcelle richiamasse.
Quella n'andò in sull'eccelsa cruna
del
monticello, ed a chiamar costoro
incominciò
per nome ciascheduna. 15
Sì come agli orecchi di coloro
da
lunga venne il chiamar di colei,
tutte
s'apparecchiar sanza dimoro
di scender tostamente giuso a lei,
e
presi i cani ed archi e reti stese 20
e
ciò ch'ognuna vi portò con lei,
e con le prede ch'elle avean prese:
chi
le portava in collo e chi tirando
giuso
al fiorito prato se ne scese.
E già eran discese tutte, quando 25
Zizzola
d'Anna venne, che soletta
sanza
richiesta era gita cacciando;
molti animali avea con sua saetta
feriti
e presi, ma nessun tenere
n'avea
potuto né seguir con fretta. 30
Con l'altre questa si pose a sedere,
che
della preda avean fatto un gran monte,
come
a Diana suto era 'n piacere.
Levossi Diana poi con lieta fronte
dicendo:
«Donne gentili e donzelle, 35
ch'ardite
e vigorose, liete e pronte,
avete prese queste bestie snelle
sotto
mia provvedenza e con mio ingegno,
io
vo' che voi sacrificio d'elle
facciate a Giove, re dell'alto regno, 40
ed
a onor di me, che esser deggio
reverita
da voi in modo degno.
Così vi priego e così vi richieggio
quanto
più posso, onde non siate lente,
acciò
che nel mio coro aggiate seggio». 45
Udito questo, la donna piacente
si
dirizzò turbata nello aspetto,
dicendo:
«E' non sarà così niente!
Infino a qui, sì come avete detto
e
comandato a noi qui adunate, 50
così
abbiam seguito con effetto.
Or non vogliam più vostra deitate
seguir,
però ch'accese d'altro foco
abbiamo
i petti e l'anime infiammate».
Come Diana questo udì, nel loco 55
non
stette guari più, ma sen salio,
partendosi
turbata, a poco a poco,
fin che nel ciel tornò ond'ella uscio.
CANTO
XVII
Rimaser queste adunque quivi; e quando
più
non poteron Diana vedere,
chinaron
gli occhi tacite aspettando.
Poi la donna gentile, che a sedere
già
s'era posta, si dirizzò e loro: 5
«Così
farete» disse «al mio parere,
chiamando in voce pria l'aiutoro
di
Venus santa Dea, madre d'Amore;
e,
coronata ciascuna d'alloro,
sacrificio faremo al suo onore 10
della
presente preda lietamente,
sì
che s'accresca in noi il suo valore».
A tutte piacque; onde liberamente,
acceso
il foco nella preda, a dire
cominciar
tutte assai divotamente: 15
«O santa Dea, poich'è nostro disire,
per
la virtù del nostro sacrificio
non
isdegnar le nostre voci udire,
ma pietosa al tuo giocondo officio
per
merito de' nostri preghi umili 20
ricevi
noi e per tuo beneficio.
Caccia de' petti nostri i pensier vili,
e
per la tua virtù fa eccellenti
gli
animi nostri e' cor larghi e gentili.
Deh, fa sentire a noi quanto piacenti 25
sieno
gli effetti tuoi, e facci ancora,
alcuno
amando, gli animi contenti».
Così pregando, non fé gran dimora
che
una chiara e bella nuvoletta
venendo
si fermò sovr'esse allora; 30
sopra la quale ignuda giovinetta
apparve
lor dicendo: «Io son colei
da
cui, pregando voi, ciascuno aspetta
grazia; e prometto a voi, per gli alti dei,
che
ciascheduna avrà la dimandata, 35
ch'è
degna di seguire i passi miei».
E poi, verso del foco rivoltata,
non
so che disse: se non che di fori,
ciascuna
fiera che v'era infiammata
mutata in forma d'uom, di quelli ardori 40
usciva
giovinetto gaio e bello;
tutti
correndo sopra 'l verde e' fiori.
E tutti entravan dentro al fiumicello,
e,
quindi uscendo ciascun, d'un vermiglio
e
nobil drappo si facean mantello. 45
Ciascuno era fresco come un giglio;
a
cui Venus rivolta disse: «State
per
mio comando e per util consiglio
suggetti a queste donne, e loro amate
fin
che meriterete aver vittoria 50
del
vostro affanno insieme con pietate».
E questo detto, al ciel della sua gloria
veloce
se 'nvolò, lasciando a' petti
di
tutti segno d'etterna memoria.
Nel verde prato diversi diletti
alcun
prendeano, e sospirando alcuni
givan
cogliendo diversi fioretti,
tutti aspettando li promessi doni.
CANTO
XVIII
Io, che veduto lungamente avea
le
nuove cacce e 'l ritornare al piano
e
'l rimontar della turbata dea
e lo scender dell'altra ed il sovrano
miracol
fatto in non lunga stagione, 5
maraviglioso
ad intelletto umano,
quasi ripien di nuova ammirazione
mi
ritrovai di quel mantel coperto
che
gli altri usciti dello ardente agone;
e vidimi alla bella donna offerto, 10
e
di cervio mutato in creatura
umana
e razionale esser per certo:
ma non ingiustamente, ché natura
non
mise mai valor né gentilezza
quant'è
in lei, onestissima e pura. 15
Il viso suo angelica bellezza
del
ciel discesa veramente pare,
venuta
a dare agli occhi uman chiarezza:
discreta e saggia nel suo ragionare
e
signorevol donna nello aspetto, 20
lieta
e baldanzosa nello andare;
onde, s'agli occhi mie' diè tal diletto,
che,
donandomi a lei, uom ritornai
di
brutta belva, a uomo d'intelletto
non pare ingiusto né mirabil mai, 25
ché
l'etterno Signor credo che gioia
abbia
dicendo in sé: «Io la formai!».
Ell'è ispegnitrice d'ogni noia:
e
chi la mira ben negli occhi fiso
torna
pietoso o convien che si moia. 30
Quanta sie la virtù che il bel viso
spande
in quella parte ove si gira,
sollo
io, che per dolcezza son conquiso.
Superbia, accidia ed avarizia ed ira,
quando
la veggio, fuggon della mente, 35
che
i contrari lor dentro a sé tira.
Ond'io priego ciascun divotamente,
che
subbietto è, com'io, a quel signore
che
ingentilisce ciascuna vil mente,
ched e' prieghin per me che nell'amore 40
di
questa donna lungamente io sia,
e
che io d'onoralla aggia valore;
ché simile orazion sempre mai fia
fatta
per me in servigio di quelli
che
allegro possiede o che disia; 45
e per coloro ancor che son ribelli
con
le lor donne, acciò ch'egli abbian pace
e
che angoscia più non li flagelli.
Il più parlare omai qui non mi piace,
però
che in parte più di lode degna 50
serbo
di dir con laude più verace
quella biltà che l'anima disegna
di
quella, per cui son l'altre onorate
e
cui servire il cor sempre s'ingegna.
E torno a contemplar quella pietate 55
ne'
verdi prati e l'altra gran virtute
che
questa donna fregia di biltate,
da cui ancora spero aver salute.