Edizione di riferimento
Niccolò Machiavelli, Tutte le opere a cura di Mario Martelli, Sansoni Editore, Firenze 1971
Edizione di riferimento per le lettere aggiunte segnalate dalla dicitura bis accanto al numero:
Niccolò Machiavelli, Opere, vol. II a cura di Corrado Vivanti, Biblioteca della Pléiade, Einaudi, Torino 1999.
Roma, 27 gennaio 1504
Spectabili viro, domino Nicolao Malchiavello, compatri nostro carissimo Franciscus de Soderinis tituli Sancte Susanne presbiter Cardinalis Volaterranus.
Spectabilis vir, amice nostre carissime. Havemo recepute le vostre, che ce sono state molto grate et de li advisi vi ringratiamo, confortandovi a continuare, perché non ce potresti fare magiore piacere. Il disegno che ce haveti mandato, assai ce piace. Bene valete. Rome, xxvii. MDIIII.
Non habiamo tempo di respondere alle parti: alias in maiori ocio. Bene valete et Marcellum saluta.
Compater Franciscus de Soderinis, cardinalis vulterranus
Roma, 20 aprile 1504
Domino Niccholò di messer Bernardo Machiavelli, in Firenze.
Addì xx d'aprile 1504.
Carissimo Niccolò. Io ho la vostra de' 13 di questo e altra dell'arcidiachano e del nostro messer Batista Machiavelli, contenente tutte d'una medesima materia, e chon esse una della casa vostra a monsignore reverendissimo, al quale prima che questa mattina non l'ò possuta dare, per essere sua signoria stato in questi dì a piacere. Presenta'liene, come vi dicho, e lui, vistola, mi rispose essere chontentissimo di far quanto voi altri desideravi e che fino a ora nonn·à preso alchun partito del benifizio, per averlo tenuto a stanza della chasa vostra, dapoi che è suto in sua potestà el poterne disporre. Siamo rimasti che della proxima settimana si farà fare la supricatione e tutt'altro, sechondo la informazione che n'à data messer Francesco Minerbetti. Attenderocci volentieri e chon diligenzia, e, spedita che fia del tutto, ve la manderò. E in che altro posso son parato a' piaceri vostri, e a voi non sarà faticha dire a messer Batista che altrimenti non rispondo alla sua per non li avere a dire altro che in questa si chontengha. E a voi e a·llui mi rachomando. Che Iddio vi guardi.
Vostro G.° dell'Antella, in Roma
Roma, 24 aprile 1504
Egregio domino Nicholao Maclavello honorando etc.
Ihesus, a dì xxiiii d'aprile 1504.
Nicholò mio caro. Io ho a fare risposta a dua vostre de' 13 et 20, et per ora sarò brieve, ché, partendo questo fante per Lione, m'è paruto farvi un verso et tempo non mi avanza.
E' non fu a tempo la lettera de' 13, per la quale mi ordinavi che io parlassi col Bertolino, perché io la trovai in Roma venerdì, venendo da Bracciano; nel quale dì trovai Leonardo poco fuori di Roma, che cavalcava in costà, in modo che non se li parlò, etc.: et, se in simil causa ho a fare altro, ditemelo.
Le lettere al cardinale di Volterra si son date oggi in mano di messer Ramondo.
Piaciuto m'è di quelle stanze, che voi dite havere fatte; et, se non fussi che lo scrivere è pure fastidioso et a voi, per le continue faccende, incomodo et maxime nelle chiachiere, giudicherei havessi fatto bene a mandarmele senza musica. Riserberenci a la voce viva et a la ribeca.
Al Serristoro vi ho raccomandato, et è tutto vostro: mai sì, che io volgo largo, et maxime ne' ragionamenti disputativi. Raccomandatemi agli amici tutti. Dio vi ghuardi. Per
vostro V. in Roma
Roma, 29 maggio 1504
Spectabili viro Nicolao de Malchiavellis compatri nostro carissimo.
F. de Soderinis tituli S.te Susanne presbiter Cardinalis Volaterranus.
Compater carissime. Habiamo visto cum assai piacere la vostra de' 24, né bisogna circa il comparatico ce diciati altro, perché voremo fare per voi altre demonstratione, et speramo anche un dì poterle fare.
Non ve excusati su altri del non ce scrivere; ma sapiati le vostre ce sono gratissime, maxime in questi tempi che se desiderano avisi distincti et veri.
La scusa de l'ordinanza non è bona in re tam necessaria et salubri: né si pò suspettare de vi, que non paretur ad commodum privatum sed publicum: non restate, ché forsi un dì serà data la gratia che non se dà l'altro.
Hareti costì Aloys d'Ars, che torna in Franza: rescaldatilo, ché quelle cose ne hanno bisogno, maxime se li apparechii de' quali se minaccia andassero inanzi, facendo bene intendere che chi vole venire a la extremità se inzegna a nettare tutto il camino di meno; et chi considera bene, troverà che la inimicicia non è cum voi, ma cum loro.
Benché se dicano et minacciano molte cose, non di meno se crede siano più presto diversione che altro, et se crede non habiati havere tale impedimento, che volendo fare il debito vivamente non possiati sforzare Pisa, essendo redutta al termine che è. Fati pur de non manchare a voi medesimi.
Li portamenti de' vicini non hanno bisogno de aruspici per interpretarli: pare sia necessario havere patientia per non fare pezo, ma recordarsene al tempo: et certamente ne li stati et ne le republice la troppo patientia dà animo a' tristi, dovunque si trovono et qualunque siano.
Bene valete, et sapiati essere amato a nobis unite. Rome, xxix Maij mdiiii
Firenze, 1 giugno 1504
Magnifico generali commissario in Romandiola Joanni Rodulfo patrono suo.
Castrocaro.
Magnifice vir. Io mi riserberò a scrivervi, quando ci sarà cosa di momento, e che il publico non ve ne advisi. Qui è nuova come a' 25 del passato Bartolomeo d'Alviano partì da Napoli con 250 huomini d'arme et 3 mila fanti, e ne viene alla volta di Roma per scendere in Toscana et assaltare Firenze: e dice che è ordine di Consalvo, per mutare questo stato e condurre Toscana a divotione di Spagna. Giudicasi che Danesi e Luchesi concorrino a questa cosa, e ci mettino de' loro danari; e se ne vede segni da non dubitarne.
Giudicasi questa cosa variamente. Chi crede siano spaventachi, e chi crede che sia vero. Tuttavolta la tiene la città sospesa, e non si delibera a fare la impresa di Pisa, come la farebbe, se non fussi questo rispetto. Ma quando bene Bartolomeo venissi qua, e qui si tenessi el capo fermo, non sono genti da far male, massime se e' verrà in Lombardia gente franzese per tutto questo mese, come scrive Nicolò Valori.
L'impresa di Librafratta riuscì prospera, e Antonio Giacomini promette la vittoria certa quando si vadia innanzi. Credo vi addormenterete, o per temer troppo o per non poter più. Valete.
Florentie, die prima Junii 1504.
vester Niccolò Machiavegli cancel.
Padova, 4 giugno 1504
Egregio viro D. Niccolao Maclavello, cancellario populi florentini uti plurimum honorando.
Florentiae.
Bartholomeus Vespuccius Niccolao Maclavello salutem. Litteris tuis perquam suavissimis acceptis, quantam oppido letitiam animo conceperim, vix lingua exprimere aut calamo exharare valeo: tua namque omnibus nota humanitas in illis solis luce clarior apparet, ornatus, lepores salesque non desiderantur, adeo quod his perlectis responsum dare cum voluerim, lingua obmutire, calamus hebescere, manus vero torpescere ceperint. Tot enim ac tantas in me laudes ingeris, ut si vel minimum illarum in me esse cognoscerem, vitam vel cum summe quopiam rege commutare grave mihi utique videretur: verum non quod ita sit, sed iuxta illud vulgatum virtutem crescere laudatam hec te mihi attribuere iudicavi, ut ad bonas artes meus animus alacrius accendatur, pro quo tibi gratias innumeras ago, quod mihi tale calcar iniunxeris. Cum enim ab huiusmodi viro me laudari cognovero, omnibus viribus in talem virum evadere intendam ut opinioni sue aliqua ex parte respondere valeam: laudes astronomie quamque humano generi utilitatem tribuat melius est sicco pede transire quam imo gurgite mergi. Sat est quod sententia tua verissima dicenda est, cum omnes antiqui uno ore clament sapientem ipsum astrorum influxus immutare posse, non illorum cum in eternis nulla possit cadere mutatio; sed hoc respectu sui intelligitur aliter et aliter passum ipsum immutando atque alterando. Sed ne ultra quam par sit nostra vagetur oratio, tuam petitionem implebo: verum quoniam usque ad 18am augusti diem continuis lectionibus et quippe difficillimis urgemur, cum semper (ut vulgo fertur) cauda venenum servet, idcirco post illud tempus tibi omnino inserviam: hoc tantum me piget, quod te mihi parum fidere demostras, cum a patre mihi litteras hac eadem super re dare feceris, cum tui solius minimo nutui parere omnino paratus essem quem in omnibus parentis secundi loco habere non dubitarem: alias igitur audentius me meam operam rogabis, eumque erga te Bartholomeum cognosces quem erga parentem suum esse credis. Vale.
ii nonas Junii 1504, Patavii.
Roma, 26-28 settembre 1504
† Jhesus. Al nome di Dio, a dì xxvi di Settembre 1504.
Honorande frater etc. Da poi che io ò tolto a risucitare un morto coè fare che uno merchatante richo non rovini; el quale, non solo è per essere utile a sé e gli amici suoi, ma a tutta la città in universale, e vuole rovinare per ogni modo, che al vituperio e danno della città basta quello s'infornò la settimana passata, samza impastare degli altri ogni dì.
Fate d'avere da voi, a chasa Piero del Nero, Marcho della Palla; e fategli intemdere, e Piedo e voi, che quando uno è pazzo im piglare un tristo partito, bisogna sia savio a torsi da quello con meno danno che è possibile; e si guardi altra volta di non piglare de' simili, e fare chomto che l'utile abia fatto in tale fattione sia l'essere più cauto, altra volta, nello sperimentare la fede degli uomini, e fattolo prudente che in sua faccende non toga a domare puledri, che uno se ne truovi spiacevole, chome sarebbe questo verso di lui, e atto a fare rompere el collo a ogni buon cavalchatore.
A Marcho pare, per aversi sborsati e sua danari im fare la compera con Giovanni, che non sia possibile potergli perdere; e non sa bene che chi è creditore d'altri à sempre fatto el medesimo di lui. Io non ò dubio alcuno che quelli ànno cambiato con Batista Dini, e sono sua creditori di chomto, non se ne piglassino soldi xv per lira, per tempo di dua anni con buono mallevadore: Giovanni de' Nobili, che fu sì stretto, se n'arebbe tolto soldi 12 per lira, quando e Chapponi si schopersono rovinati; e chosì tutti gli altri, che ànno male disposte le loro fatuità, sempre se ne sono presi volentieri parte, samza andare drieto a contemtione. Marcho, quando la penserà bene, à el suo in peggiore luogo che chi è creditore d'uno fallito; perché el creditore d'uno fallito non può perdere se non la quantità creduta, o di quella avere piccola parte; ma chi à el suo in mano d'uno, che à secho scritto d'obligho di compera, può, non solo perdere quello che gli à messo innelle mani, ma quello lo strimgnessi la scritta della compera a mettergli, e inoltre le spese è per fare drieto a tale piato, che non sarà bastante una buona parte del mobile di Marcho, quando n'avessi più che non à. E però confortatelo a piglare frutto d'una extrema diligentia e arte ò usato per suo amore, in tenere disposto Giovanni al credere che per lui fatta finire questa compera per via di staglo; e intenda bene Marcho questo: che non mi resta più a che apicharmi per ritenere questo, se per Marcho, o per lui, si scorre più là; sì che gli bisogna essere prudente a risolversene subito, perché costui mi convinca a nichiare tra mano, e innel suo discorso veggo che gli spicha da sé questi danari arà a dare a Marcho, chome se gli spichassi l'anima dal corpo.
E dicemi pure: - Non vedi tu che io resto in su la spesa qui con pochi danari, faccendo l'acordo con Marcho, d'un modo che, se la chosa va punto più là, sarà tanto possibile trarre da·llui per via d'achordo chosa alcuna, quanto trargli un ochio d'achordo.
Se Marcho dicessi: - Per essere più possente di lui, io lo stracherò innel piato, - non lo pensi, perché, per ogni duchato spenderà Giovanni, a Marcho ne bisognerà spendere sei, tanti sono e mezzi che à Giovanni in questa corte; e infine, in diebus illis, quando gli avessi tutte le semtentie per lui, sarebbe creditore d'uno, che non potrebbe né vorrebbe pagarlo; e in questa terra, è ogni dì chi pone giù la fatta, e chi vuole fare chosì, qui non paga mai. Io non so se gli è la disgratia di Marcho che non abbi creduto a dua volte ò scritto a Piero apertamente che gli fatta intendere con chi gl'à a fare e in che pericholo gli entri, o se e' giudicha che di tale chosa io non intenda abastamza; ma, per non volere restare io a fare chosa alcuna di fare l'ofitio dell'amicho, voglio autentichare el giuditio mio con el giuditio di dua huomini da fare fede a maggor cosa e più importante di questa: l'uno, el magnifico horatore fiorentino Giovanni Accaiuoli; l'altro Giovanni di Simone Folchi, e quali da piè della presente lettera di loro mano si soscriveranno.
Ma per chagone che ciascuno di loro, e io im proprietà, non voglamo per alcun tempo a piazza s'intenda che noi parliamo o scriviamo d'altri più licentiosamente che el convenevole, vogliamo che voi, Nicholò, serbiate la presente lettera apresso di voi, né che la lasciate a Marcho, né altri ne possa piglare chopia, perché non voglamo in gnun modo, per fare bene ad altri, il che ci muove buona nostra natura e il desiderio di mantenere l'amicho, s'abbia a intendere alle piazze scriviamo chosa non conveniente di noi; e, se pure Marcho è ostinato a volere dare del chapo nel muro per ogni modo, facca quello gli piace: faccia el parere suo, samza allegare aviso auto da noi, e maxime questo e gli altri, che io ò avisato a Piero che tenga a sé, samza darne chopia, chome vi dicho della presente.
Siamo a dì xxviii, e, perbemché insino a questo dì io sia ito drieto con quanta industria ò saputo, per ritenere Giovanni in sull'acchordo, non ò possuto ridurlo, e in modo è ingagliardito che io veggo el suo animo in tutto essere di non si trarre un grosso di mano di quello à preso: più presto è per ingegnarsi d'avere il resto del corpo, che Marcho è tenuto per la scritta. E per tanto, dapoi che Marcho non prese e buoni richordi datili da me e a tempo per mano di Piero, ditegli pilli questo, se non vuole logorarsi in questa causa; e questo è: che bisogna che soldi chostì e più intendenti procuratori vi è (e chosì uno dottore o dua de' primi), e facci vedere bene gl'istituti e ordini del Comune di Firenze, e fatta venir su qualunque legge fa per lui, in dovere risolvere o fermare l'agitatione della causa sua a Firenze, chostino questi giudici e avochati quello che si voglino, se gli chostassino bene le centinaia de' fiorini, pure che questo effetto segua: che la causa si fermi chostì; perché, venendo ad agitarsi qua, che gli spenderebbe col tempo le migliaia, e alfine vi rovinerebbe sotto, perché qui le ragoni non sarebbono per essere per lui, se gli avessi più ragone che non à. Sì che confortatelo a fare e rimedii presti e non stia a spidochiarla, perché sono per valergli più cento ducati spende chostì, in ordinarsi presto e fermàgli l'agitatione della causa chostì, che mille ne ispendessi in brieve spatio di tempo a venire ad agitare la causa sua qua. Pigli questi buoni richordi, e non ci alleghi; perché alla causa sua non goverebbe chosa alcuna, e a noi ne farebbe dispiacere.
Quando io scrissi a dì 26, credevo potere avere Giovanni a qualche achordo; dipoi andai drieto per vederne effetto, e insomma non ci veggo ordine alcuno alcuno; et però bisogna Marcho s'armi innel modo detto; perché, poi che si saranno scardassata molto bene la lana, e Marcho volessi per alcuno tempo me n'adoperassi, sendo sospetto, non lo potrei aiutare né parlarne in chonto veruno.
Né altro. Idio vi guardi.
Se io avessi possuto condurre la chosa dello acordo, arei fatto soscrivere la lettera a la magnificentia dell'oratore, per sturare bene gli orechi a Marcho, non istesse a cavallo in su una piccola chosa, ma sia savio a piglare questa chosa bene; e, se non basta soldare dua dottori, soldine tre de' primi della terra, pure che la causa si riducha chostì; e, se voi mi riscrivete di questa cosa, mettete sotto lettera dello imbascadore, e chosì dite a Marcho e a Piero, o Piero e Marcho, perché non gli sarebbe a proposito lo vedessi Giovanni.
Vostro Totto im Roma
Roma, 26 ottobre 1504
Spetabili viro D. Niccolao de Machiavellis compatri nostro carissimo.
F. de Soderinis tituli S.te Susanne Presbiter Cardinalis Vulterranus.
Spectabilis vir compater carissime. Assai c'è doluto, che in quelle aque si sia preso tanta fallacia, che ci pare inpossibile sia stata sanza colpa di quelli maestri che si sono ingannati sì in grosso: forse anche che piace così a Dio, a qualche miglior fine incognito a noi altri.
Se lo accordo di Francia va avanti bisogna partorischa grandi effecti, benché la negligentia delli homini sia tale quale s'è provata più volte, perché chi considera la iustitia divina potrà credere che vogli usare questo istrumento a fare de' sua effecti.
Udiremo volentieri delle cose di costì: pure ci satisfacciamo assai del bene quale piaccia a Dio augumentare, ché ci pare sia molto a proposito.
Circa el delecto siamo nella medesima opinione, ma dubitiamo che chi dite essersi raffreddo, non lo habi facto per levare occasione a chi vuol dire et fare male et interpetrare che il ben publico sia ben privato.
Intendemo del figliuolo, et ci piace fussi exequita la commissione nostra. Dio vi conversi quello et vi dia delle altre consolatione, come desiderate voi medesimo. Bene valete. Rome, xxvi Octobris 1504.
Parigi, 22 gennaio 1505
Prudentissimo ac doctissimo viro Niccolao Maclavello Mag.corum Decemvirum secretario dignisimo compatri honorando. Florentie.
Messer Marcello, in sua absentia apritela et mandate la inclusa.
Compare honorando. E' mi pare che noi habbiamo facto di questo nostro comparato una inimicitia, dove io pensavo che alli interessi nostri fussi aggiunto si quid addi poterat; sed ut serio loquamur, io penso che voi siate suto absente, et che questa sia suta la causa che voi non mi habbiate risposto a più mie. Come e' si sia mi basterà intendere che voi stiate bene et che voi operiate costà che io me ne vengha. Io non sarei alieno dal tenerci qualche mese più tosto un homo di cervello, et di non molte dimostrationi, che uno che fussi qua nuovo, et havessici a stare come si conviene a uno ambasciatore, et ne ho scripto et al Giacomino et al Gonfaloniere. Et perché a·lloro è bastato dire le cagione che mi moverebbono, non è necessario replicarle cum voi. Son bene venuto insino a ricordar loro, che vivamente siate per monstrare le cose a costoro, et difendere le iustificationi nostre. Non so che partito si piglieranno, so bene che io desidererei che come voi ci venisti alla venuta mia, così ci tornassi alla tornata; et forse non sarebbe male, che e' monstrassino costì havere più gusto che noi non habbiamo monstro havere insino a qui. E' sono savi, et io non credo potere errare, maxime in privato, come io ho fatto, ad havere scripto quello che mi è occorso. Quando voi havete nulla di nuovo di costà, fatecene parte, ché un mese intero è che noi non habbiamo lettere da voi. Et così mandate questa per persona fidata, ché importa. Raccomandatemi alli amici et se vi accade nulla, sappiate che io sono tutto vostro. Christo vi guardi. In Parigi, die xxii Januarij 1504.
Niccolaus Valorius orator
Io ho mutato proposito, et di questo mio parere ne ho scripto un motto a' S.ri Dieci. Piacciavi avisarmi, se io ne sono suto imputato, ché so come noi siamo facti. Iterum vale.
Roma, 15 marzo 1505
Egregio viro Nicholò Machiavello secretario florentino. Florentiae.
† Al nome di Dio, a dì xv di Marzo 1504.
Honorande frater etc. Io ebbi la vostra de' 12 et le due alligate in favore di messer Batista: di tutto l'ò servito chome ne ordinasti.
Della chosa di che mi sollecitasti per l'altra, vi scrissi quanto avevo ordinato: dipoi quando sarà auto el bisogno ve n'aviserò, e manderovene chopia; et state di buono animo, che non mangeranno altri, et, nonché mangino, non clamabunt in gutture suo, si sensim ambulabimus.
Avisa'vi che mi ochorreva una chosa di profitto et chosì vi replico, et pertanto fate quello vi avisai, che fia più d'utile che un canonichato et di più honore: pure tutta volta io intratengo messer Latino, el quale mi ha detto che questa settimana voleva scrivere allo arcidiacono.
Non altro per questa. Idio vi guardi.
Vostro Totto Machiavelli in Roma
Roma, 24 marzo 1505
Spectabili viro Nicolao Maclavello secretario florentino compatri nostro carissimo.
F. de Soderinis tituli S.te Susane praesbyter Card.lis Volateranus.
Spectabilis vir noster carissime. Qui è stato ser Mariano Mori et de' casi sua per conto et rispecto vostro non haviamo in modo alchuno voluto fare cosa veruna, volendo correspondere alla fede havete in noi, et satisfare a tutta la casa et famiglia vostra, alla quale portiamo affectione. Ben vi diciamo che si turpitudo est in re aliqua, comunis est, et per questo vi confortiamo exhortiate el priore vostro ad standum promissis et servandum datam fidem, et vedere che d'acordo la cosa et differentia si possi sanza trasinarla o sforzarla altrimenti. Pure noi, come vi dicemo, contro al vostro priore non siamo per fare cosa veruna, et sempre che intendiamo habiate qualche interesse nelle cose che da noi dependerano, siamo per haverne in ogni nostra deliberatione quel respecto che merita la fede havete in noi. Vale.
Rome, xxiiii Martii mdiii.
Roma, 29 marzo 1505
Egregio viro Nicholò Machiavelli, secretario florentino. In Firenze.
Ihesus. Al nome di Dio, a dì xxviiii di marzo 1505.
Honorande frater, etc. L'aportatore di questa è uno frate Cherubino, el quale farà intendere a uno vostro mandato le conditioni della propositura di S.ta Maria a Cigoli. La quale ha, secondo ne riferischono, terreni per paia undici di buoi et più molte terre spezzate et perché la è d'uno cortigiano lombardo, el quale non fu mai in tal luogo, se non per passo, et, per essere forestieri, e villani gli hanno preso animo adosso, il perché se la mangiono innella metà o più, ma el frate, presente aportatore, dice che, se la si valessi di quello se gli aspetta, se ne trarrebbe ducati 300 d'oro l'anno. Il perché io desidero che voi mandasse uno huomo con questo frate ad intendere le facultà di detta propositura: vorrebbesi fusse uno huomo da bene, che andassi con detto frate sotto protesto di volere aconcargli (coè e chontadini) chon detto frate, el quale per lo adrieto è stato fattore in detto luogo. Giudicherei che fussi bene vi andassi Filippo Rucellai, al quale io ne scrivo uno verso; et, per essere lui intendente, sarà per fare tale ritratto gentilmente; pure, avertitelo che lo facca con buono protesto, coè chome quello che ne sia pregato dall'oratore si truova qui, che in servitio di messer Girolamo al presemte possessore si facca tale diligentia d'aconcare detti villani con detto frate Cherubino. Parlatene con messer Batista, et fate questo effetto segua, coè che voi mi rispondiate le conditioni di detta propositura, perché la ho ferma per lo amicho nostro, coè che la sarà promutata in lui, piacendoci le sua conditioni; le quali se si potessino intendere sanza avere a mandare lassù sarebbe il meglo, et meno dimostratione. Rispondetene quanto più presto meglo et fate [*...].
Né altro per questa. Idio vi guardi.
Vostro Totto Machiavelli, im Roma
L'oratore è contentissimo si adoperi el nome suo, per compiacerci et anchora perché è amicho di messer Girolamo, padrone di detto luogo.
Se la chosa vi pare a proposito, rimettete a cavallo per qua detto frate Cherubino, il quale è mezzo a tale effetto.
E da lui di bocha intenderete e bisogni sua circha a questa chosa et hordinerete che sia servito.
Roma, aprile 1505
Egregio viro Niccolao Machiavelli, secretario florentino. Florentie. In mano propria.
Ihesus, 1505.
Honorande frater, etc. Ò la vostra de' v del presente. Intendo chome havete mandato Filippo: il che mi piace. Atendo risposta et farò quanto ne consiglate, pure che la chosa sia quale à dimostro el frate; quando la non fusse così apunto, gli à el medesimo padrone non so che altro benefitiotto m'è suto detto. Domandatene el frate, et da lui o da altri con destro modo intendete le conditioni d'esso, pure destramente, perché intendo vi è dentro âffitto, o chome si sia, non so che nostro ciptadino, secondo mi è suto referito. Et questo frate è buono strumento con costui, coè col padrone. Però o uno solo o tutt'a dua per sua mano condurremo per ogni modo.
Ordinate sino a ducati dugento per ogni modo, et, se Giovanni M. non vi reggesse alla somma, e' vi reggerà a 50 o 60 ducati per ogni modo.
Né altro per questa. Idio vi guardi.
Vostro Totto Machiavelli, in Roma
Roma, 12 aprile 1505
Egregio viro Nicolao Machiavello secretario florentino.
Florentie.
Ihesus. Al nome di Dio, a dì xii d'aprile 1505.
Honorande frater, etc. Per altra vi scrissi in risposta della vostra de' iiii quanto all'andata di Filippo e fra' Cherubino a bastanza; il che sta bene, et vedreno quello ne arà Filippo inteso. Richordovi che hordiniate sino a ducati 200 per ogni modo.
Quanto a' frati di Santa Croce, gli ànno avere da noi fiorini 3 di suggello l'anno, che sono ducati dua d'oro l'anno incircha. Datene loro uno e l'altro dite darete loro a mia tornata; et, se pure voi gli pagate tutta a dua, fate d'averne poliza coscritta dal guardiano e da Giovan Maria, loro sindacho.
Né altro per questa. Idio vi guardi.
Vostro Totto Machiavelli, im Roma
Dipoi scritto, ò la vostra de' 9, per la quale intendo detta chosa vi piace, e non avete dato l'ordine. Datelo sùbito non l'avendo dato, per ogni modo, perché importa troppo, perché, se altri sarà col fatto a ordine, ci miglorereno de' ducati da dugento in su; sì che, non indugate, sùbito alla aùta della presente, la provisione de' ducati 200, voi. E da Filippo non ò altro, se non la informatione, ma, quando achadessi, so ci serviremo di lui di qualche chosa. Fate sùbito questa provisione non manchi, et, quando bene questa non si concludessi (che si concluderà per ogni modo), si farà qualche altra chosa di buono; sì che, vista la presente, fatemi la provisione de' ducati 200 per ogni modo alla vista della presente.
Questo ufitio, che chostui vuole, vale 1150 ducati; sì che intendete di quello altro benefitiotto, che gli à chostì, acciò che altri possa chonvenire con lui, perché a questo sarebbe troppo dargli in promutatione uno tale ofitio. Pure, faremo, o d'uno modo o d'uno altro, di convenire con lui; et, quando non si convenissi con lui, si converà con altri; ma non lascerò rompere questa in veruno modo.
Roma, 3 giugno 1505
Egregio viro Nicolò di messer Bernardo Machiavelli, in Firenze. Data a bottega di Piero del Nero.
Ihesus. Al nome di Dio, a dì iii di gugno 1505.
Honorande frater, etc. Per frate Cherubino vi scrissi che facessi opera che el frate avessi un tavolaccino della signoria che pigiassi le richolte e tenessile a stamza della signoria. Io ne ò dipoi parlato col cardinale di Volterra: dice che questo è buono modo e che si vuole fare intendere alla signoria che e' rovina la chiesa e ciò che vi è, et con queste opositioni si terrà facilmente fuori di possessione, e quando e' si farà a questo modo, gli arà di gratia pigiare achordo con esso noi, et, alla inguria ci à fatta, gli pare che se gli converrebbe se lo perdessi interamente. Con queste opositioni e con altre, quali più giudicherete messer Batista e voi sia meglo, adoperate che la possessione si tenga per la signoria di Firemze, e che una volta chostui si truovi fuori di possessione. El frate è suo procuratore e può fare assai in pregudicio di questo messer Girolamo, e mi à promesso fare ogni opera per noi: sì che, in tutti e modi si può si vuole nuocere a chostui e confermare la possessione fuora di sua mano.
El cardinal ne scriverà al gonfaloniere che ne presti ogni favore, e poi, quando la tenuta fia fuori di sua mano, adopererò me ne facci provedere e impetrereglielo. Et a questo modo dice el cardinal che farà con lui buoni patti et farassegli el dovere.
Areno per noi qui fede del danno et inguria fattaci per detto messer Girolamo dallo imbasciadore, da el cardinale, da messer Loremzo Pucci e messer Raffaello Calvo e 6 huomini da bene di questa corte, chostì noti, la quale ci servirà sempre chostì con la signoria a gustificharci che, se lo abiamo asaltato, ce n'à data chagone.
E' gli pende anchora una lite, la quale avamo ordinato si spegnessi, quando la chosa fusse venuta per noi. Ora, lui non la chura. Io ne trarrò informatione, di tale lite, la quale aveva chostì con uno frate d'Ognisanti, el quale si è morto.
Né altro per questa. Idio vi guardi. Sarà forse (et il cardinale lo crede al certo) lo entrare per questa via, che altrimenti con esso lui.
Vostro Totto Machiavelli, in Roma
Firenze, 24 luglio 1505
Nicolao Maclavello tanquam fratri suo honorando. Senis.
Carissimo compare. Le faccende non sono tante né di qualità che io non vi havessi possuto scrivere per ogni staffetta; ma dua cose mi hanno ritenuto: l'una che in simile officio da amico io ho pochi oblighi con voi, l'altra perché io non sapevo come le lettere si fussino secure, né lo so anchora. Pure quomodocumque sit, io vi scriverrò questi pochi versi per farvi intendere come qui s'è cominciato vivamente ad fare provisioni di natura da fare pensare anchora a qualcun altro a' casi sua; et forse che chi cerca d'accendere fuoco, ne potrebbe trovare acceso tanto che non sarà ad tempo ad spegnerlo. Noi qui ci troviamo di presente, sanza quelle che sono ordinate, et tante forze et tanti danari che non doverremo patire molto, non si scoprendo altro: et chi pensa con la necessità indurci a' desiderii sua l'erra grandemente, perché simili modi sono horamai venuti in tanto fastidio, che prima si consentirebbe perdere Firenze, che calare. E' s'è mandato buona parte dell'imprestanza al Marchese, et ad questa hora debbe esser là, et subito verrà insieme con le gente sua, ché ha in condotta da noi la compagnia franzese che ha dal Re.
Ad Ciamonte s'è chiesto qualche numero di lance, quali anchora in brevissimi dì saranno ad camino, et Meri si condusse 500 fanti sotto quelli capi che sapete sono stati qui un pezo; et tuttavolta se ne fa delli altri. Così non si mancherà di ordinarsi dell'altre cose in modo da potere monstrare e denti et mordere anchora, bisognando, chi volesse mordere noi. Io sono ito ad procurarvi con lo Ill.mo Gonfaloniere et la licentia et danari et così ho quattro ducati in mano di vostro, li quali venendo in costà persona fidata, li manderò, altrimenti no. Bene valete.
Florentie, die 24 Julij 1505.
Vester Blasius
Firenze, 27 agosto 1505
Magnifico viro Antonio Thebalduccio, generali commissario in castris, patrono suo. In campo.
Magnifice vir. Tenete secreto quello che io vi scrivo. La praticha ha deliberato questa mattina di dare el bastone ad messer Hercole, ma voglono differire un dì o dua ad significarlo, per vedere come gl'ànno ad satisfare ad Marcho Antonio, dubitando che non facci el diavolo. Sarebbe bene fare dua cose: l'una, che 'l signore Iacopo et messer Annibale mandassino qui ad fare intendere come la gloria della ropta non è tutta sua, perché lui ha mandato più dì fa ad chiedere et bandire la sua valentia; l'altra, che voi scrivessi ad qualche amico qui d'altorità, et li mostrassi che Marcantonio non è per dividere el campo, né è per essere seguitato dal signor Luca, né dal signore Iacopo, come e' credono; perché tale credenza ha facto più tarda la deliberatione in favore di messer Hercole. Insomma, la honestà del signore Iacopo et di messer Annibale ha facto insolente troppo quel terzo et li ha dato troppa reputatione. Voi vi potete rimediare. Et stracciate questa lettera. Die xxvii augusti 1505.
Servitor Nicholò Machiavegli, secretarius
Firenze, 23 settembre 1505
Mag.co generali commissario Antonio Tebalduccio padron suo. Sue mani.
In Cascina.
Magnifice Vir. Io vi prego per l'amore di Dio che voi siate contento stare così tutto questo mese, come vi comandano i Dieci; e dovei la fede mia che voi non vi starete più una hora, perché Piero Bartolini si expedirà subito; e di questo io ve ne impegno la fede; e di nuovo vi priego non partiate per questo poco di tempo sanza licenza, per non dare adpicco ad questi traditori di questi invidi che ei sono molti: e non vorrei havessino causa di latrare di nuovo; e sono pochi dì et lo haver simile patientia fa che in una republica li buoni che valgono sganono ciaschuno. Raccomandomi ad voi. Die 23 septembris 1505.
Vester Nicolò Machiavegli
Firenze, 6 febbraio 1506
Spectabili viro Nicolao Maclavello secretario fiorentino tamquam fratri.
Al Ponte a Sieve.
Carissime. Il signor Gonfaloniere mi ha commesso ti facci intendere per risposta di una tua a sua Exc.ia che in Romagna non si è mandato né tutti né parte de' fanti di Mugello, né si manderebbono per non gli saggiare in cosa sì vile. Dispiaceli la difficultà che tu mostri in quelli di Dicomano. Loda nondimeno la deliberatione tua, et pàrli ad ogni modo buon numero, ché se quelli di Scarperia et Barberino vanno a questo segno non sarà disutil banda, et ti conforta ad usare diligentia, perché qui ogni dì la cosa viene in migliore oppinione. Et io ti fo intendere che Bastiano è stato qui tre dì, et tanto stimato che le bandiere del Borgo et di Vicchio si metteranno ad ordine di berretta, giubboni, calze et scarpette; et Simon Banchi ci è stato ancora lui, né ha durato fatica assai: et Bastiano ci ha promesso mostrarceli in questo carnasciale, et dice sarà bel vedere. Ser Antonio della Valle rimase del tutto in terra, et questo carnasciale non si sente se non sospiri di gravezze; doverrai ancor tu havere havuto la parte tua, et me hanno messo in sul palco delle mele. Le altre cose si stanno qui all'usato. Bene Vale. Florentiae, die vi Februarii 1505.
Tuus Marcellus Virgilius
Roma, 21 febbraio 1506
Spectabili viro, domino Nicholao Machiavello, tanquam fratri onorando.
Florentie.
Honorando compare. Una vostra lettera, receputa due gorni sono, me à dato tanta consolatione, che·nne starò bene tutto quest'anno, massime avendo inteso l'arrivata costà a·ssalvamento del nostro Filippo, aguntovi le laude che inmeritamente da·llui mi sono sute date; che mi pare, secondo il vostro scrivere, che sieno di natura ch'esse li rimaranno adosso, perché alla sperienza non m'achosterò a·ttal segnio a gran lunga. Ma, come che si sia, mentre che Filippo c'è stato, abbiàn fatto buonissima cera, e duolmi assai che in sul meglio de la festa s'abbi aùto a partire; di che n'ò aùto dispiacere assai, perché a·llui e a·mme à tolto un singulare sollazzo. Tuttavolta, me conforto che un gorno ce restaureremo tanto con certo disegnio abbiamo fatto, che vivereno poi senpre contenti, sì come vi sarà fatto intendere a·ttempo et a·lloco.
Della nuova militia mi piace assai che riesca con quella qualità che altre volte me disegnaste; e·sse sarà aiutata come si debba, gudico riuscirà cosa mirabile, che molto me allegrerrò, quando la vedrò a perfetione, sì per il bene del publico, et etiam per essere inventione vostra. Piacemi che, oltre alli fanti, abbiate ancora pensato a' conestaboli, che non sono di minore importantia che·lla fanteria; e io, per molti conti, accelererò la venuta mia, come mi scrivete.
Di qua non c'è da conto, se non che Consalvo innelle demostratione si va aprestando per andare in brevi dì inn·Ispagnia; tuttavolta, c'è qualcheduno che stima non ne farà nulla. Presto ne saren chiari. El papa continue achumula danari quanto può e à gran' disegni alle mane per edifichare et etiam di quelli conposti dalla natura, esse ne serve in vari modi, e inn·ultimo nichil est, ché di lui è da averne poca speranza e manco paura.
Se osserverete il boto, l'arò carissimo, dicho del venirne a 'ncontrarmi sino a Pantano, dove sono quelli buon' vini; e perché lo possiate fare con vostro comodo, io farò intendere al padre Filippo che gorno sarò lì. E a voi mi racomando; simile a Govan Batista Soderini e al Folcho. Valete. Rome, die xxi° februarii 1505.
Vester Leonardus Bartolinus
Cascina, 25 febbraio 1506
Spectabili viro amicho et tanquam fratri charissimo Nicholò de Machiavelis excelsae Reipublice Florentine secretario.
Spectabilis vir, amice charissime. A questi dì ho riceuto con la vostra lettera li vostri versi, breve istoria delli dieci anni passati; ne li quali avendo visto con quanta elegantia brevemente havete tutte le cose in quel tempo fatte discorso, non posso se non summamente admirare e commendare l'opera fatta; ne la quale, oltre l'altre cose da esser commendate, si vede tanto gran numero d'efecti, che una istoria longhissima dificilmente potria exprimere, essere in pochissimi versi talmente ristretta, che una chosa longhissima è diventata brevissima, senza patire l'istoria, per la brevità, alchuno manchamento, talmente che chi lege non desidera né gli bisogna per sua satisfacione gli sia agionto cosa alchuna. Ringratiove summamente me habbiate mandato tal cosa, qual me ha summamente delectato; ma molto più ve ho obligo che me habbiate iudicato tale che desideriate intenderne mio iudicio. Confortove a seguitare, perché se bene questi tempi sono stati e sono tanto infelici che el ricordargli rinova e acresce a noi altri dolori non picholi, pur c'è gratissimo che queste cose scripte in verità pervengano a chi verrà doppo noi; sì perché cognoscendo la mala sorte nostra de questi tempi, non ce inputino intieramenteche siamo stati cativi perservatori dello honore e reputacione ittalica, come etiandio a ciò che de la nostra e lor disgratia insieme con noi piangano, cognoscendo da che felicissimo stato in pocho tempo in tanta miseria siamo devenuti; ché non vedendo loro questa istoria, sariano constrecti non credere in che prosperità era prima Ittalia, per parere inpossibile che in sì pochi dì habbiano le cose nostre facto sì gran ruina. La quale benché a me summamente doglia, pur me afflige più el timor de peggio, parendone che a questa ultima ruina quel pocho che ci resta concorra como a cosa desiderata: e certamente per quanto porta l'humano iudicio, non si pò sperare altro che male, se quello che salvò il populo d'Israel de le man de Faraone non ce apre in meno questo fluttuante mare inopinata via a salvarse, corno fu quella. Nec plura.
A voi me racomando et offero.
Cascine, die xxv Februarii 1506.
Hercules Bentivolus Ex.sae Reipublicae Florentinae armorum capitaneus generalis
Firenze, 2 marzo 1506
Magnifico viro Nicholao de Malchiavellis, secretario et commissario honorando.
Honorande frater, etc. Io parlai con Baptista vostro, et circha al bosco comune con voi et con Piero del Rosso dice non se n'è preso né piglerà partito, che voi ci sarete. Apresso gli dissi che facesse d'asicurassi coll'oste di tutto quello v'era debitore, et così per lo avenire disse di fare quello poterebe, et, per quanto da·llui ritrassi, non vi vede modo, et dice non havere avuto altro che nove lire della pigione; et anche ha facto pegio, perché dice gl'à dato staia 14 di grano et che non ne può ritrarre danaio; sì che pare anche a·llui d'asicurarsi, potendo; ògli detto faccia scrivere et stagire ciò che ha in casa. Non so se·llo farà; ricorderoglene di nuovo.
Francesco del Nero ha lettere da Totto de' 12 del preterito, che dicono: «io mi parto domattina dalla Velona per la via d'Ancona»; sì che potrebe giungnere a ogni hora.
Filippo Machiavelli è stato facto potestà di Pistoia.
L'aportatore di questa è Brunaccino di [ ... ]to da Romena, el quale è mio amicissimo et è buono d'animo et anche di cervello et di buono parentado, et so ha ragionevole credito. Lui desiderrebe la bandiera, quando voi non l'avessi data; et credo sia sufficiente a questo et a ogni cosa. Voi intenderete anche di costassù le qualità sua; et, se purre havessi data la bandiera, fategli quello honore potete per mio amore, et fate in modo conosca che voi mi siate affectionato, ché tutti e piaceri farete a·llui reputerò avergli havuti io; et se havete bisongno che·llui v'acompangni di su et giù, o di qua o di là, sarà presto a tutti e comandi vostri. So non bisogna vi racommandi le cose mie; et circha il modo d'avere fanti di costi, m'à conferito un modo non mi dispiace. Parleranne con voi, et farete quello vi parrà più expediente. Voi siate a Pratovechio: visitate madonna per mia parte, et così la mia nipote, et offeritevi a madonna in quello potete, et datemi aviso se ho a·ffar nulla per voi. Che Dio vi guardi. Die ii martii 1505.
Vester Baptista Machiavelli. Florentiae
Roma, 4 marzo 1506.
Spettabili viro domino Nicolao Malchiavello compatri nostro carissimo.
F. de Soderinis tituli S.te Susanne presbiter Car.lis Vulterranus.
Spectabilis vir compater noster amantissime, salutem. Quanto la vostra lettera è suta piú copiosa, tanto più ci ha dato piacere, perché abiamo inteso chiaramente come procede el principio militare, che corresponde alla speranza nostra pro salute et dignitate patriae. Né si vole credere che le altre nazione a questi tempi siano superiore al nostro peditato, se non perché loro retengono la disciplina, quale già gran tempo è sbandita de Italia. E non debbe essere poca la contenteza vostra, che per vostre mano sia dato principio a sì degna cosa: vogliate perseverare e condurla al desiato fine.
Saviamente scrivete che a questo principio sopra tutto bisogna la iustizia, cosí ne la cità come nel contado. E benché lo Ill.mo Confalonieri intenda la necessità publica et a quella dia ogni opera, pure, eccitati dal scrivere vostro, al presente recordamo e non cessaremo per lo avvenire di recordare quanto ne scrivete, che ancora noi stimiamo sia necessario.
Le cose scritte da voi sono de natura che le pò legere ogni castigato iudicio; e se in ciò non avete posto ogni vostra industria, come voi dite e noi crediamo, pensate de che prestanzia saranno le cose, alle quale metterete tutta la forza de l'ingegno e dottrina vostra. Al che vi confortiamo quanto sia possibile. E preghiamo che alla giornata ne fate participe de le vostre lucubrazioni. Bene valete.
Rome iiii martii mdvi.
Firenze, 14 marzo 1506
Spectabili viro Nicolao Malclavello secretario et commissario florentino suo.
Poppi.
Nicolò, mio caro maestro. Parte mi dilectorono, parte m'innanimirono ad l'opera, alla quale attendevo tuttavia, le vostre giocondissime lettere: eran enim ad ostium Octo virorum Custodiae cum mihi allate sunt, circiter primam noctis horam, ob tuam causam occupatus, quamquam etiam nostra intersit. Questo fu hiersera, per non haver possuto expedirmi non hier, l'altro: nunc rem percipe.
Trovando io et con fatica, che uno Andrea da Pistoia havea facto ristampare el vostro compendio, cursim et properanter andai ad el luogo ubi imprimebantur, menando etiam meco Thomaso Balducci comandatore; non uscii di quivi che ne havemo una, che non vi starò a dire la ribalda cosa che le sono: al tutto alla giuntesca, sanza spatio, e quinternucci piccin piccini, sanza bianco dinanzi o drieto, lettera caduca, scorretta in più luoghi, come in questa metterò una notula, et notativi dentro tutti gli errori. Entrai alli Otto con fare querela grande, et meo et tuo nomine, diversis de causis: di me, del danno a ristamparmeli adosso dentro a 20 giorni, ma questo non stimavo molto per non esser suto el primo mio obietto di guadagnare; ma circa ad voi feci grande insistenza et querela audacter fortasse nimis, servato tamen decoro, monstrando alla presentia questa cosuzza ristampata notandovi a uno a uno li errori; conchiudendo loro che a voi era suto facto villania et iniuria grande, ac si filiolus verus tibi fuerit sectus et laceratus; raccomandandovi loro assai et ex corde, et che lo honorevole era aiutare chi compone, et dar loro animo, et destruere e maligni e tristi huomini, come si vede chiaro in questa cosa. Fummi risposto dal proposto gratamente, et data commissione fussi citato el sopradecto Andrea. Non si potea trovarlo; ma qui usai arte, et detti bando a due grossoni, che furon causa, che a puncto a le 2 hore lui comparì. Fumo admessi: exposi tutto in coram hominis, al qual mancando la risposta, gli Octo gli comandorono che non dessi fuora questa stampatura per cosa del mondo, sanza el loro partito et vostro ritorno: et che se voi dessi licenza si vendessino, et lor farieno el simile. Et perché costui allegò uno ser Antonio Tubini cappellano alla Misericordia suo compagno a meno, hiermattina di buon'hora andai al vicario. Fecelo, detto fato, comparir lì, et li fe' tal rabbuffo et li comandò portassili in camera sua tutta la sua parte, a pena di 50 ducati; et di lì non si trarranno senza il vostro consenso. La cosa è qui, et state di buona voglia che non se ne venderà nissuna, che mi ha detto el vicario che io tenga qualche spia per saperli dire di certo, se se ne vende, perché vorrebbe castigare questo prete et farlo riconoscere anche d'altri suoi vizii: èmmi amico messer Donato, vicario, et so non mi burlerebbe; et io vi attenderò, ma non ne ho verun dubio.
Non voglio ometter dirvi come el vostro Giandomenico ha concorso a qualcosa in questa stampatura, sciagurato che gli è: et io, con questa che ò, gli ho facto vedere li errori vi sono dentro, et ricordatovi quanto noi stimavamo che nella mia vi stessi male solo una o due A. Ei fu già dagli Octo e dal Vicario.
Occorrerebbemi che voi o alli Octo o in particulare a Lactanzio Thedaldi, qui navavit bonam operam in hac re, scrivessi quatro versi in quel modo saprete o ringratiarlo siccome vi pare. Lessi dentro hiersera loro quello voi mi scrivete toccante a ciò, che fu molto al proposito, et vollon vedere la vostra mano et la data: dixonmi che io vi dovevo ad ogni modo voler bene, accennandomi che qualche uno di loro non havea ancor vista questa vostra cantafavola: io in questo puncto, che sono le 12 hore, esco di casa con dieci Decennali meco; farògli rassettare et legare galantemente, et li voglo donare a loro tutti et inoltre a ser Alphonso et a ser Francesco. Et tutto, così questi dieci, con li due grossi per far trovare quel Andrea, metterò a vostro conto in sul mio libro, et stamani darò comissione al cartolaio dia le operette a dua quattrini bianchi l'una. Non fo come l'amico che è a Roma di gittare in grado etc., per che, se non trovate riscontro di quanto vi scrivo, sim apud te mendax. Anderò a casa vostra prima vadia in cancelleria, et prima chiugha questa, dirò della brigatina vostra quello ne sia.
A Biagio farò il bisogno, per la prima li scriverrò: mandavi due dì fa una sua con una del Rev.mo Soderino. Riscossi il vostro resto, et servo tutto insin qui in casa.
Son tornato in questo puncto da casa vostra, et ho a puncto exseguito quello per la vostra mi commettete, et stanno tutti bene, benissimo; et ha aùto caro la Marietta vi siate ricordato di lei et di que' bimbi, e quali tutti, ut supra, stanno bene: solo Bernardo un pocolino chioccia, non ha però febbre né altro male.
Ho trovato sul Ponte Vecchio quel ser Antonio che stampa, et mi ha detto che vi ha facto scrivere in modo et da tale persona, che voi sarete per darli licenza facci quanto li parrà et delli stampati et delli altri che lui dice voler far di nuovo: per adviso; et voi siate prudente: parlate chiaro in tal cosa et fatevi intendere. Non so altro che mi vi dire, se non che ho donati quelli dieci Decennali, come dixi: son lor suti grati. Valete et godete.
Florentiae xiiii Martii 1505.
Raccomandatemi a ser Giovanni Rilli se vi è, se no, a Niccolò suo padre, veggendolo.
Augustino vostro
Errori piú sustanzievoli, ch'e piccoli son molti:
[
Desiderosi fuggir tanta pena
Qui la lega di nuovo s'incaviglia.
La differenza che venne fra loro
Al cavallo sfregiato ruppe el freno
La parte hispana fè el sangue adverso
la Puglia etc.
Non dico qui come abbia a dire sappiendovel voi.]
25 maggio 1506
Egregio viro Nicholò Machiavelli secretario florentino. In Firenze.
Ihesus. Al nome di Dio, a dì xxv di maggio 1506.
Honorande frater etc. Da Ronciglone vi scrissi quanto achadeva e vi richordai la faccenda di Girolamo Gaddi: ora di nuovo quanto più posso ve ne strimgo, a fine che lui possa fermarsi qui durante questi sua piati o dispareri à col fratello, ché samza dubio la dischomodità non li potrebbe essere maggore; e però e voi e Piero è bene non lasciate a fare chosa alcuna di lascarla in tutto terminata.
A Girolamo Gaddi è suto scritto da Guliano Parigi ch'è degli Otto, che se l'assolutione sua fussi stata dimandata, si sarebbe aùta; e però non lascate passare tempo, ogni volta che voi vediate l'ochasione di potere fare l'effetto che per noi si desidera.
Dissi con Girolamo di quella chosa del Riacino et lascògli la nota, e chosì gli die' la nota di tutte le chose di Valdifina. Il perché c'è parso che si vegga d'avere insieme con questo Riacino quella altra possessione si chiama Machiesti, e massime se la si può usare al presente.
Dice 'sti Machiesti avere staiora 4000 in tre partite: poggo, piano, paschiciuolo; del poggio s'aveva sacha 200 di grano et 40 lire, del paschiciuolo ducati 35 d'oro. El piano si faceva a terratico, e davasene a denari 4 l'uno sacha 400 di grano.
Se questa possessione fusse a frutto, giudichiamo sarebbe a proposito piglarla insieme col Riacino, a fine che si mettessi uno prego intra tutt'a dua, et che non avessi aparire uno feudo minimo di lire 20 l'anno.
Avisate con diligentia Girolamo o di questo di Machiesti o di qualche altro luogo dell'arcivescovado che fussi apresso a questo Riacino.
Né altro per questa. Dio vi guardi.
Vostro Totto Machiavelli in Firenze
Lo inchiuso contratto date a messer Batista, e diteli non ò fatto quello voleva perché non c'era la potestà del sustituire.
Fui con messer Loremzo el quale non apruova quella chosa, sì chome a lungo intra via gli scriverò.
Dite a messer Batista che Girolamo farà opera per lui con lo Stiatese.
Firenze, 12 giugno 1506
Magnifico viro Johanni de Rodulfis generali commissario contra Pisanos patrono et benefactori precipuo.
Signor Commissario. Se io non vi ho scripto nuove per lo addreto, questa et quelle che dopo questa vi scriverrò vi ristorino.
E' ci è lettere di Francia de' dì 15 infino addì 30 del passato: contengono come lo imperadore et l'Unghero sono d'accordo et che lo imperadore non attende ad altro che ad expedirsi per venire in Italia; et tutto el suo exercito lo desidera, che sono ix mila pedoni e 4 mila cavalli; et come lui ha mandato ad Trento buona parte delle artiglerie vuole condurre seco; et di più ordina mandare ad Consalvo 4 mila huomini di piè.
L'arciduca è d'accordo con el re di Ragona, perché sono convenuti in Galitia insieme, et fra loro si vede unione grandissima: il che è contro alla expectatione de' Franzesi, che se ne mostrono male contenti.
El re d'Inghilterra è d'accordo con lo arciduca, perché in questa sua gita in Spagna lo ha servito di danari et di dumila fanti.
E' baroni del reame di Napoli che sono in Spagna, cioè quelli baroni fuoriusciti, che credevono secondo le conventioni fra Francia et Spagna rihavere li stati, non li rihavendo, hanno mandato uno loro huomo ad el re di Francia per nuovi favori. Et el duca Valentino, prigione in Spagna, ha anch'egli mandato in Francia per favori; et el re ha mandato là un suo oratore, con commissione favorischa lui et quelli altri.
El papa cercha di soldare Svizeri, et chiede gente d'arme ad Francia, et dice voler fare la 'mpresa di Bologna et Perugia: e Franzesi, quando e' soldi pochi Svizeri, et quando e' vogli lasciare stare Bologna, li promettono favore per Perugia, perché vorrebbono vendicarsi anche con Pandolfo Petrucci; ma quando e' vogla soldare assai Svizeri, sono e Franzesi per impedirlo iusta posse, perché credono che la sia altra cosa che Bologna et Perugia, et dubitono che non vogli costoro per favorire lo imperadore.
El re di Francia ha mandato, o egli è per mandare, uno ambasciadore a' Svizeri, chiamato el giudice maggiore di Provenza, con commissione che di quivi vada ad Vinegia et dipoi in Ungheria, per tenere fermi e Svizeri ad non piglare danari sed non da el re, et ad tenere fermi e Vinitiani in loro favore, et ad sturbare la pace dello Unghero et dello imperadore.
È tornato in corte el baglì di Digiuno, dove ha assai favore, et si dice per sapere lui bene le cose tedesche.
Manda M .re D'Argentone con 4 gentili huomini alli confini della Magna per trarre di sotto allo imperadore certe leghe tedesche, le quali non servino né di huomini né di danari lo 'mperadore.
Non observa el re di Francia le conventioni allo imperadore dello accordo passato che fecie Roano; perché uno ambasciadore che, più tempo è, venne in corte a·ddomandare danari et gente secondo l'obbligho, non li ha dato né l'uno né l'altro, ma lo ha licentiato, et detto che manderà sua oratori allo imperio ad farli intendere, etc.
Ha el re di Francia data la sua figlola per donna ad M .re d'Angolemme, et facto giurare ad tutti e signori del regno fedeltà ad detto Angolemme, dopo la morte sua sanza figloli maschi. Hali dato in dota el contado di Bles, et 100 mila ducati; et la reina li ha dato 100 mila ducati, et il ducato di Brectagna, morendo sanza figloli maschi.
In fra e Vinitiani et il re non è seguito altro accordo nuovo, ma buon viso si fanno, et stanno in su el vechio.
Ha dato el re di Francia commissione ad M.re di Cisteron, che è suto oratore del papa et torna in Italia, che viciti Ferrara, Mantua, Bologna et Firenze, e prometta loro per parte sua maria et montes, et tengali bene disposti seco in questa passata dello imperio, quando pure passassi.
Questi advisi non bastono, se io non vi scrivo el convento che vi fanno sù questi cittadini, et de' più savi; et benché voi savio potessi comentarli come loro, so che vi sarà grato el loro discorso.
Stando fermi questi advisi, e' pare loro da credere più presto ch'el re de' Romani passi in Italia che altrimenti, et discórrolla così. Quando e' si vuole giudicare se uno ha ad fare una cosa, e' bisogna vedere prima se e' ne ha voglia; dipoi che favori lui habbia et che disfavori, ad farla. Se lo imperadore ha vogla o no di passare in Italia, tutte le ragioni voglon di sì. La prima è el desiderio che ragionevolmente debbe havere di coronarsi per honore suo et per prorogare quella degnità nel figlolo. L'altra è per valersi delle iniurie ricevute dalli Italiani et riacquistare lo honore che lui nella venuta in Toscana perse. Credesi dunque che ne habbi voglia. Hora, ad vedere chi lo possa ritenere o favorire, bisogna considerare chi lui ha in casa et intorno. Quelli di casa non s'intendono bene qua; pure si crede che sia più potente che per il passato, havendo domo el conte Palatino, et essendosi già tassate le terre et li signori in quello debbono provederlo per il passare suo in Italia. Quelli che lui ha d'intorno sono Arciduca, Francia, Inghilterra. Quelli che sono in Italia, dove e' vuole venire, sono papa, Vinitiani, Spagna, Fiorentini, et altri spicciolati.
Sendo veri quelli advisi, si vede che sono d'accordo arciduca, Spagna et Inghilterra; et, essendo d'accordo insieme, conviene che convenghino con lo imperadore, sendo l'Arciduca suo figlolo, et trattandosi una cosa comune ad tutti ad dua. El papa, anchora che pratichi con Francia di havere sua gente, si vede che lui è più vòlto alle cose dello imperio, et la ragione lo vuole; perché la fortuna di Francia è stracha, maxime in Italia per le cose seguite, et questa dello 'mperadore fia nuova: et questo pontefice debbe disegnare fare quello con lui che Alexandro fecie con Francia. Delli spicciolati d'Italia, adcordati li altri, non bisogna ragionare. Restaci solo, delle potentie maggiori, malcontenti di questa sua passata, Franzesi et Vinitiani, e quali insieme potremo opporsi, ma ogni uno di loro vi andrà respectivo, né si fideranno l'uno dell'altro. Et considerasi che possono obstare allo imperadore con forza o con arte, et credesi che non mancheranno di usare ogni arte et industria per sturbarla, come si vede fare ad Francia, secondo li advisi hauti; ma non si crede che questa arte basti, et che havendosi ad venire alla forza non lo voglin fare, perché non si crede ch'el re di Francia contro alla vogla d'Inghilterra, Arciduca et Spagna si metta ad fare guerra allo imperadore; né si crede che Vinitiani, havendosi ad fare la guerra in su el loro, ve la voglino, perché dubiterebbono sempre che Franzesi in su el bello non li lasciassimo. Sì che per questo si crede che, non giovando loro el tenerlo con la industria, penseranno di lasciarlo venire, et ogni uno di guardare bene le cose sue; et se pure haranno ad appiccarsi seco, farlo, passato che fia, come feciono el Duca di Milano et Vinitiani ad el re Carlo.
Lo imperadore, dall'altra parte, sarà contento ad essere lasciato entrare sanza contesa, perché e' si farà più per lui fare la guerra poi, che prima. La cagione è che dua cose lo fanno venire in Italia; el volere la corona, et il vendicarsi delle iniurie. Se e' facessi la guerra avanti che fussi coronato, et lui la perdessi, mai poi potrebbe sperare della corona. Ma facciendo la guerra coronato che fia, etiam che la perdessi, non li potrebbe essere tolta la corona et ritorneriene sempre con mancho vergogna. Né a·llui fa molto el fare la guerra o dalla banda di là o di qua, havendo el papa amicho, et tutti li altri, che colla autorità sua si havessi tirati dreto.
Io so che io v'ò tolto el capo: perdonatemi; et sono a' comandi vostri; et se voi ne volete più di queste bibbie, advisate.
xii Junii mdvi.
Niccolò Machiavegli Secret.
Firenze, 1 settembre 1506
Nicolao Maclavello secretario florentino apud Summum Pontificem suo plurimum honorando etc. Alla Corte.
Niccolò honorando. Io ho ricevuto la vostra de' 30, et mandato le chiavi alla Marietta, con farli intendere quanto mi ordinasti. Il simile farò domani de' danari della Δ, benché non vegga modo ad mandarveli securi. Et però vorrei ve ne valessi costì o da Mons.re Rev.mo o da qualcuno altro, et me li traessi qui, dove sùbito li pagherei. Expecteronne una risposta: dipoi ne farò quanto mi imporrete.
Le cose de' fanti vanno per quello ordine desiderate; et così feci pagare quelli 4 conestabili mi lasciasti in nota. Et se nulla mi mancava, questo rifiorisce, che voi non fusti partito di dua dì, che io ero per Palazo con tre drieto; et questa mattina n'ho rimandato il Tedesco, che volse ire in quello di Pisa ad vedere il paese. State di questo con lo animo posato, perché sendo rinfrescati qui quelli medesimi advisi della passata dello Imperatore che scrivete voi, tra li primi ragionamenti in su tale accidente fu che le ordinanze si tenessino di presso, come cosa più salutifera et più importante per ogni respecto. Né vo' mancare di dirvi che, havendo facto mettere dreto allo officio Bastiano da Castiglione, capo di quelli del Valdarno di sotto, per lo effetto sapete, et essendo domandato come havea li homini ad ordine, respose: Io ve ne darò in 4 hore 700 et tutti homini da ogni factione. In sulle quali parole si maravigliorono, gustandole, come cosa di grande momento; et così fu exspedito di ciò che desiderava. Hovi volsuto dire queste poche parole di questa materia, ad vostra satisfactione, stimando vi habbino ad esser grate. Le altre cose tutte vanno per l'ordine loro.
Se io dicessi non vi havere invidia, non vi confesserei la verità; et per la fede mia, non per altro, se non per la continua conversatione harete col nostro Rev.mo Mons.re, la quale sono certo vi riuscirà tra le mani d'una gran lunga meglio non ve la havevo dipinta. Raccomandatemeli, ve ne prego, quando vi viene bene. Con le altre Dio vi dia miglore fortuna non dètte a noi, ché credo le faccende vi adiuteranno assai, quale fanno destare li homini et mutare di natura.
Io non so che altro mi vi scrivere. Messer Iustiniano vi si raccomanda, et io fo il simile. Adio. Florentiae, die prima Septembris 1506.
Vester Blasius
Firenze, 2 settembre 1506
Egregio viro Nicolao de Maclavellis, segretario florentino apud pontificem maximum.
Al nome d'Iddio, addì ii di settembre 1506.
Tanquam pater honorande. Io arrivai qui addì xxx del passato a buon salvamento, e dètti nuove di voi alla Marietta vostra, che gli fu grato intendere chome voi eri sano. El simile sta lei e tutta la brighata, a Iddio gratia. Apresentai anchora la lettera del gran chapitano al magnifico gonfaloniere, della quale ve ne mando chopia qui a piè.
«Excelso signor. Inteso quanto vostra signoria me ha scripto per la sua dell'ultimo del passato della violentia usata per le due ghalere veneziane ad Francesco del Nero, mandato dalla Velona in Lecco per Totto Machiavelli, cittatino fiorentino, in lo porto della torre de Santo Chataldo, ne ho preso rechrescimento assai, certo non altrimenti che se fussi stato chommesso il danno in persona de qualsivoglia bon subdito del catholico re mio signore; et inteso lo desiderio de vostra signoria, ho scritto in optima forma alla illustrissima signoria de Venetia, perché proveda che sieno integramente restitute; e, bisognando dal chanto mio farsene altra provisione, lo farò volentieri, chosi chome lo facessi per la subditione de detta maestà, e chome la signoria vostra medesima lo facessi, per lo desiderio tengho di chonpiacerla per la buona amicizia tiene con la prefata maestà; et, se in altro posso servirla, lo farò volentieri et ad essa continuo me offero. Neapoli, xxii augusti 1506 ».
Io, chome vedete, ve ne ho mandata la chopia, accò, avendosi ad operare per voi favore nel richuperare le robe perse, possiate sapere quello abbia scritto il sopraddetto gran chapitano al magnifico gonfaloniere. El simile et le medesime proferte dice nella lettera a Nicholò del Nero.
Per questa non mi achade dirvi altro, salvo che, se per voi posso alchuna chosa, mi chomandiate. Et vostro sono. Iddio vi guardi
Francesco del Nero, in Firenze
Firenze, 6 settembre 1506
Nicolao Maclavello secretario florentino apud Summum Pontificem maiori honorando.
Alla Corte, in casa Mons.re Rev.mo di Volterra.
Niccolò honorando. Io vi ho scripto ad questi dì più volte; et dettovi della ricevuta delle chiavi, et come s'eron mandate ad madonna Marietta, et dell'origine ad punto del tumulto di Casentino, et ciò che altro s'intendeva di nuovo, et di più quello che si pensassi. Et perché io stimo pure che ad quest'hora le harete ricevute, non lo replicherò altrimenti: perché, quando bene volessi, non potrei, ché non mi ricordo di quello feci due hore fa. Inoltre harete, per mano di Michelagnolo scultore, ricevuto li denari della Δ, di che expecto intenderne qualcosa per la prima vostra.
Hieri dipoi mi furono presentate l'ultime de' dua et de' 3, alle quali non mi accade che dire, perché non ho udito brontolare persona, né reprehendervi in cosa alcuna. Delle altre cose sapete ne sono del medesimo animo di voi, havendovi, alla tornata mia di cotesta Corte, assai bene expresso el modo del vivere, et le qualità et condictioni di ciascuno. A Alexandro farò l'ambasciata, et con quelli altri non harò ad durare molta fatica, perché non ce ne conosco troppi. Così voi farete per me l'officio d'amico col Mons.r Rev.mo di Volterra.
Hoggi è stato al magistrato de' Dieci uno Jacopo Doffi nostro cittadino, homo sensato et di bonissimo cervello, quale 3 dì sono tornò di Alamagna; et delle cose dello Imperatore referisce quanto vi dirò appresso. Et prima, di haverlo lasciato qualche 5 giornate di qua da Auspruc, verso el Friuoli pure, dove attendeva ad fare buona cera et alle caccie; et le gente sue essere tutte alle stanze, quali (quando le havea insieme) non erano, tra homini ad piè et cavallo, 4 mila; et quivi ragionarsi poco del passare, anchora che habbi comandato tutte quelle città che li hanno ad dare aiuti, che stieno ad ordine con epsi; et in effetto esservi poca preparatione al passare, et maxime di danari, che dice non ha uno soldo. In Auspruch era il Consiglio suo et buono numero d'artiglerie, ma movimento alcuno non vi si vedeva. Et che del passare suo non ha udito, se non poi che fu in su quel de' Vinitiani, quali ne parlavono assai, et mandavono anchora qualche forza verso quelli confini, ma poche: et lui havea trovati quando 50 et quando 100 fanti; altre provisioni no. A Venetia era 3 sua ambasciatori, quali non havevono, tra tutti tre, 12 cavalli; et la expositione loro non si ritraheva. In modo che, udito costui, persona sensata, io credo certo che queste nuove della passata sua non sieno da' Vinitiani tratte fuora ad altro fine che quello scrivete voi.
Altro non ho da dirvi stasera, se non che di hora in hora si expecta el Catholico a Piombino; et qui non s'è anchora facto ambasciatori in alcuno luogo.
Sarà con questa una di Cisteron al papa, fatela dare subito. Non altro. Florentiae, 6 Septembris 1506.
Frater Bl.
Firenze, 7 settembre 1506
Spectabili domino, messer Nicholò Machiavelli, maiori honorando, in chorte.
Ihesus. Addì 7 di settembre 1506.
Honorando messer Nicholò. E' si chondusse qui Francesco del Nero, et, quanto alle robe prese, nonn·aveva altro, salvo che lettere del Gran Chapitano alla signoria di Vinetia et al Dogie, che·lle lasciò a Roma a Girolamo Ghaddi, et una qui alla excellentia del signore gonfaloniere nostro, risponsiva alla che si li fecie schrivere, chome sapete. La quale è tanto grata, quanto dire si può, chontenente in breve questo tinore, che il chaso li dispiacie quanto se fussi ne' propri subditi della chattolicha maestà, et che n'à schritto alla signoria di Vinetia in optima forma, et, bisognando altro, si glene dia aviso; sì che a me pare che egli stimi la chosa et disideri farne gratia. Io dissi al gonfaloniere che a me pareva, quando alla signoria sua paressi, che egli schrivessi un'altra lettera ringratiandolo di che s'era fatto, et preghandolo che volessi seguitare insino al fine: il che rispose di fare a piacier nostro, et che chosì li piacieva; et ogi si farà fare et manderassi, se·nnom prima, sabato.
Apresso schriverrò di nuovo a Girolamo Ghaddi et, a Napoli, a Salvadore Billi quanto mi parrà di bisogno per questa opera; et se in principio si fussi levato uno omo a posta per a Vinetia dal Gran Chapitano, chrederrei che a questa ora si fussi aùto la liberatione, perché il tutto inporta che a Vinetia sia chi solleciti la cosa. Nonn·ò manchato di richordarlo al Ghaddi, né mancherò, benché, se il Gran Capitano dirà da dovero, sendo a Napoli lo inbasciadore di Vinetia, potrà in persona fare quel medesimo chon esso inbasciadore. Ma a Vinetia, a mie opinione, uno homo chome dico saria suto meglo, per essere in sul fatto et nonn·avere a giostrare le lettere innanzi e indreto dove, avanti si conduchino, mille volte si mutono gl'animi. Hora, io no·mmancherò, chome dico, di richordare per tutto quello mi pare a proposito, et così chonforto voi; e, potendo fare nessuno favore o aiuto, non ne manchate, anchora che questo sia superfluo, per tochare più a voi che a·nnoi. Pure, secondo dicie Francesco, ci arà danno ogni uno, che tanto fia più sopportabile a homo per homo. Insomma, facisi per ciaschuno quel che si può di bene.
Né altro per questa. Faciendo cosa alchuna intorno a ciò, datene aviso. Iddio vi guardi. Vostro
Bartolomeo Ugolini, in Firenze
Firenze, 9 settembre 1506
Nicolao Maclavello secretario florentino apud Summum Pontificem tanquam fratri honorando.
Carissimo Niccolò, due hore fa vi si scripse per la via di Cortona, et perché io ero occupato non vi pote' fare uno verso come harei desiderato: non so però come voi ve ne curiate, pure io mi ingegnerò che costà non venga persona sanza mie lettere, credendo farvi piacere.
La vostra de' 6 hebbi aperta, et con Justiniano farò quanto mi ordinate, benché prima l'havessi facto et sempre da vostra parte; ma hora che {io veggo che questa cosa vi cuoce} ci userò più diligentia; { non dovete havere trovato costì meglo:} cercate, ché troverrete.
Le nuove dello imperatore ogni dì rinfrescano qui, et l'ultime che ci furono per quello Jacopo Doffi venuto di là, per l'ultima mia vi scripsi particularmente, quale portò el canonico de' Serristori, con molte altre et publiche et private: rinvenitele. Tamen, perché la cosa importa quanto sapete, et lo haversi ad fondare in su advisi incerti e confusi è periculoso, vi si manda Bernardo de' Ricci con salario di dua fiorini larghi di grossi el dì; et alla mano ha havuto 150 ducati. Doverranne fare meglio di voi; {et chi lo ha messo innanzi, ha facto per risuscitarlo et darvi uno contrappeso, et homo che si sapia accomodare meglo di voi}. Dio li dia buona fortuna, et li altri non dimentichi, se li piace, ché ce n'è bisogno, anzi necessità. La commissione sua è rapresentarsi a quello principe et in nome di questa Signoria offerirli come buon' figliuoli tutti li loro favori etc., con parole larghe et generali. Ma il fine della mandata è per havere certa notitia di questa passata, per potersi meglio deliberare a quello che si havessi ad fare, etc.
Hoggi si faranno ambasciatori per ad Napoli, per honorare el Catholico; et se tocherà Piombino, vi si manderà messere Giovanvictorio, Alamanno, el Gualterotto et Niccolò del Nero, per riceverlo et honorarlo anchora in quello luogo. Sono homini di assai qualità et che lo sapranno fare; et quella Maestà doverrà restarne satisfacta.
Delle ordinanze non vi ho da dire altro, se non che Bastiano da Castilione, che sta ad San Miniato, 8 dì sono fece il battaglione generale dove si trovò el Signore di Piombino che tornava da' bagni, ad instantia di chi fu facto, et molti altri di quelli di Cascina: satisfece assai, secondo mi scrive Bastiano. Ma questa voce di darsi danari a Bologna et in Romagna ha facto che qualcuno di quelli del vicariato di Firenzuola vi sono andati. Èvisi riparato in modo non si doverrà partire da casa persona.
La vostra brigata sta bene: così stessi la mia, ché io a ogni modo ho ad girare, in modo sono traficto. Et advisate se havesti da Michelagnolo quelli danari.
Ringratiovi dell'oferta facesti, che anchoraché io sia in extrema necessità, so che a voi costì non avanza, et haresti bisogno di molti più. Non altro.
Florentiae, die viiii Septembris 1506.
Frater B.
Bernardo Nasi è de' Dieci in cambio del Guicciardino.
Firenze, 11 settembre 1506
Magnifico oratori florentino Nicolao Maclavello apud Summum Pontificem.
Niccolò Carissimo. Io vi ho scripto più volte a' dì passati sotto lettere pubbliche, et poiché voi non accusate alcuna per questa vostra ultima de' 9, doverranno essere capitate in qualche machia: et ritroveretele ad bell'agio.
Quando io credevo che Michelagnolo vi havessi dato quelli danari, per uno suo homo mi furono riportati, dicendomi che era ritornato indietro per buona cagione: vedo che io non veggo modo di mandarli securi, se non vien qualche fidato ad posta: advisate quello volete facci, che non so come ne patite bisogno.
Hoggi sono partiti di qui li oratori per ad Piombino, benissimo ad ordine et con facultà di honorare quella M.tia.
Florentiae, die xi Septembris.
Frater Blasius
12 settembre 1506
Nicolao Maclavello, secretario florentino apud summum pontificem, tanquam fratri. A Perugia, o dove sia.
Spectabilis maior honorande. Se la affectione che io vi porto non mi transportassi a far con voi molte altre cose sanza proposito, io mi scuserei con voi di scrivervi, o io piglierei qualche scusa di occasione. Io non ho che dirvi, né voglio che mi rescriviate niente. La inclusa potevo mandare sotto altre lettere, raccomandarmivi per la via di Biagio; et insomma, ciò che mi scadeva, per hora far sanza scrivervi. Ma ho voluto seguitar l'ordine del fare infinite cose sanza proposito. Io non vi potrei dire la voglia che habiamo, Filippo di Bancho et io, di andare fino a Piombino; ma se l'uno tiene la stella, et l'altro il sole; in modo che vi va più gente che a Siena, et dubito di noi. Se soprastate a tornare infino a gennaio, haren di voi in un tratto lo scoppio et il baleno; et pur si vorrebbe scendere a scaglione a scaglione. Noi siamo sani, et Filippo d'hora in hora aspetta una sentenzia contro. Vedren che seguirà. A voi mi raccomando. A dì xii di septembre 1506.
Io. B.
Firenze, 19 settembre 1506
Nicolao Maclavello suo honorando.
Niccolò. Io non vi posso scrivere come vorrei, sendo tardi et infaccendato. Dètti la vostra a Bernardo Nasi, aggiunsi qualcosa anchora, hebbela carissima: fa il dovere circa l'ordinanza, ché non bisognava manco, tante querele ci viene ogni dì.
El Tedesco, tanto ho facto s'acconciò a 15 ducati, che anche a questo non è bisognato poca industria.
E danari vi manderò per il primo, ché sono anchora legati come erano.
Li vostri stanno bene, et delle nuove ve ne dà el publico.
Vester Blasius,
Florentie, die 19 settembris 1506
Perugia, 13-21 settembre 1506
Ghiribizi scripti in Perugia al Soderino.
Una vostra lettera mi si presentò in pappafico; pure, dopo dieci parole la riconobbi. Et veramente io credo la frequentia di Piombino per conoscervi; et delli impedimenti vostri et di Filippo son certo, perché io so che l'uno è offeso da el poco lume et l'altro da el troppo. Gennaio non mi dà noia, pure che febraio mi regha fra le mani. Dolgomi del sospetto di Filippo, et suspeso ne attendo el fine. Fu la vostra lettera breve, et io, rileggiendo, la feci lungha. Fummi grata perché mi dètte occasione ad fare quello che io dubitavo di fare, et che voi mi ricordate che io non faccia; et solo questa parte ho riconosciuta in lei sanza proposito. Di che io mi maraviglerei, se la mia sorte non mi havessi mostre tante cose et sì varie, che io sono constrecto ad maraviglarmi poco o confessare non havere gustate né leggiendo né pratichando le actioni delli huomini et e modi del procedere loro. Conoscho voi et la bussola della navigatione vostra; et, quando potessi essere dannata, che non può, io non la dannerei, veggiendo ad che porti vi habbi guidato et di che speranza vi possa nutrire (onde io credo, non con lo spechio vostro, dove non si vede se non prudentia, ma per quello de' più, che si habbi nelle cose ad vedere el fine et non el mezo), et vedendosi con varii governi conseguire una medesima cosa et diversamente operando havere uno medesimo fine; et quello che manchava ad questa opinione, le actioni di questo pontefice et li effetti loro vi hanno adgiunto. Hannibale et Scipione, oltre alla disciplina militare, che nell'uno et nell'altro excelleva egualmente, l'uno con la crudeltà, perfidia, inreligione mantenne e suoi exerciti uniti in Italia, et fecesi admirare da' popoli, che, per seguirlo, si ribellavano da e Romani; l'altro, con la pietà, fedeltà et religione, in Spagna hebbe da quelli popoli el medesimo séguito; et l'uno et l'altro hebbe infinite vittorie. Ma, perché non si usa allegare e Romani, Lorenzo de' Medici disarmò el popolo, per tenere Firenze; messer Giovanni Bentivogli, per tener Bologna, lo armò; e Vitelli in Castello et questo duca d'Urbino nello stato suo disfeciono le forteze, per tenere quelli stati; el conte Francesco in Milano et molti altri le edificorno nelli stati loro, per assicurarsene. Tito imperadore, quel dì che non benificava uno, credeva perdere lo stato; qualchun altro, lo crederrebbe perdere el dì che facessi piacere ad qualchuno. A molti, misurando et ponderando ogni cosa, rieschono e disegni suoi. Questo papa, che non ha né stadera né canna in casa, ad caso conséguita, et disarmato, quello che con l'ordine et con l'armi difficilmente li doveva riuscire. Sonsi veduti o veggonsi tucti e soprascripti, et infiniti altri che in simili materia si potrebbono allegare, adquistare regni o domarli o cascarne secondo li accidenti; et alle volte quello modo del procedere che, adquistando, era laudato, perdendo, è vituperato; et alle volte, dopo una lunga prosperità, perdendo, non se ne incolpa cosa alcuna propria, ma se ne accusa el cielo et la dispositione de' fati. Ma, donde nascha che le diverse operationi qualche volta egualmente giovino o egualmente nuochino, io non lo so, ma desiderrei bene saperlo; pure, per intendere l'opinione vostra, io userò presuntione ad dirvi la mia. Io credo che, come la Natura ha facto ad l'huomo diverso volto, così li habbi facto diverso ingegno et diversa fantasia. Da questo nascie che ciascuno secondo lo ingegno et fantasia sua si governa. Et perché da l'altro canto e tempi sono varii et li ordini delle cose sono diversi, ad colui succedono ad votum e suoi desiderii, et quello è felice che riscontra el modo del procedere suo con el tempo, et quello per opposito, è infelice che si diversifica con le sue actioni da el tempo et da l'ordine delle cose. Donde può molto bene essere che dua, diversamente operando, habbino uno medesimo fine, perché ciascuno di loro può conformarsi con el riscontro suo, perché e' sono tanti ordini di cose quanti sono provincie et stati. Ma, perché e tempi et le cose universalmente et particularmente si mutano spesso, et li huomini non mutono le loro fantasie né e loro modi di procedere, adcade che uno ha un tempo buona fortuna et uno tempo trista. Et veramente, chi fussi tanto savio che conoscessi e tempi et l'ordine delle cose et adcomodassisi ad quelle, harebbe sempre buona fortuna o e' si guarderebbe sempre da la trista, et verrebbe ad essere vero che 'l savio comandassi alle stelle et a' fati. Ma, perché di questi savi non si truova, havendo li huomini prima la vista corta, et non potendo poi comandare alla natura loro, ne segue che la Fortuna varia et comanda ad li huomini, et tiègli sotto el giogo suo. Et per verificare questa opinione, voglo che mi bastino li exempli soprascripti, sopra e quali io la ho fondata, et così desidero che l'uno sostengha l'altro. Giova ad dare reputatione ad uno dominatore nuovo la crudeltà, perfidia et inreligione in quella provincia dove la humanità, fede et religione è lungo tempo abbundata, non altrimenti che si giovi la humanità, fede et religione dove la crudeltà, perfidia et inreligione è regnata un pezo; perché, come le cose amare perturbano el gusto, et le dolci lo stuchano, così li huomini infastidiscono del bene, et del male si dolgono. Queste cagioni, in fra le altre, apersono Italia ad Annibale et Spagna ad Scipione, et così ognuno riscontrò el tempo et le cose secondo l'ordine del procedere suo. Né in quel medesimo tempo harebbe facto tanto profitto in Italia uno simile ad Scipione né uno simile ad Annibale in Spagna, quanto l'uno et l'altro fece nella provincia sua.
Firenze, 21 settembre 1506
Nicolao Maclavello secretario florentino apud Summum Pontiphicem tanquam fratri honorando.
Niccolò honorando. Dua dì sono vi scripsi brevemente et vi dixi della ricevuta della vostra per le mani del Tedesco, et come havevo operato tanto et con la Ex.tia del Gonfaloniere et con questi signori Dieci, che il caso suo serà fermo a 13 ducati el mese con l'obligo ne ricordasti; né di questo accade dirvi altro. Promectovi bene questo: che io non sono già per piglare in collo questa cosa come voi et farmene scudo, perché ci viene a ogni hora dodici querele, che in facto non vagliono nulla; {et queste brigate ne fanno un romore come se le importassino qual cosa} ma vi so bene dire che {Bernardo Nasi si porta} francamente et molto più che non vi promisse, che veramente è homo da bene et vi ama non poco; et se voi ne farete capitale, farete il debito et cosa che vi sarà utile.
Qui non è cosa alcuna di nuovo né dello Imperatore né del Re di Aragona: li ambasciatori sono a Bibbona con le provisioni per honorarlo, luogo commodo da transferirsi et ad Livorno et ad Piombino, dove non si sa certo qual di questi dua luoghi habbi ad toccare; et ad Napoli furono electi per oratori Jacopo Salviati et il Gualterotto. Stimasi saranno disposti allo andare: per anchora non se ne parla.
Dua dì sono vennono qui in Firenze circa dodici fanti di quelli del Valdarno di sotto, et andando la sera a l'oste vi feciono certo insulto; per il che ne fu dallo officio delli Octo preso uno, et la mattina ad buona hora, avanti si sapessi, toccò 4 strappate di corda, et oltr'ad questo lo haveano confinato a Livorno; pure si operò che tale confino non andò inanzi. Di Bastiano da Castiglione anchora, quello che sta a San Miniato, ci è stato ad questi dì parechi querele: in modo che è stato forza farlo venire qui per tirarli li orechi etc.
Tre dì sono, si vinse una provisione per 18 mesi, in modo che, non nascendo nuovi accidenti, la città è ordinata per dicto tempo, laudato Dio: in questo mezo si penserà a qualche buona cosa; et noi in sulle raferme non doverreno havere questo intoppo, che non sarà poca ventura.
El Duca di Ferrara a' 14 dì fece mozare la testa al conte Albertino et al genero di dicto conte et a un altro staffiere di don Ferrante: quale è sobstenuto in castello, così don Julio, quale ha havuto dal Marchese di Mantova dove s'era fuggito.
Con M. Justiniano ho facto et fo in nome vostro lo officio d'amico. Non altro. Li vostri stanno bene, che 3 dì sono me lo dixe el vostro lavoratore, che venne ad me per sapere nuove di voi. Et a ser Agostino feci l'ambasciata: se non vi manderà quelli Decennali, ve li manderò io.
Florentiae, die xxi Septembris 1506.
Vester Bl.
26 settembre 1506
Spectabili viro Nicholò Machiavegli, amico honorando.
Spectabilis plurimum honorande. Scrissivi a' dì passati, et, perché in quel tempo andò male certe lettere, penso che fussin con esse le mia. Se fu, l'ho molto caro; se non, habiatemi per scusato. Quando scrivete a Biagio o a Filippo, non v'incresca avisare se fin costà fussi bella gita, perché ci è chi ne ha pensiero per vedere il paese, per fare il debito verso ' sua et per irsi a spasso; in modo che bisognere' forse poco zinbellare. A me non scade se non ricordarvi da parte di Filippo che cotesta è molto sottile aria: asciugatevi bene la testa, ché a 'gni modo tornerete spedito se li officii sono del medesimo valore in absentia. Questo enigma non lo intende se non lui, che ne sta angustiato, et pensa che per il romore non possiate stare al fuoco. Qui si dice per noi altri che Consalvo dovea giugnere in Piombino fino a' 24; l'altre nuove son più affondo che io non pesco. E battaglioni stanno bene, maxime quelli di Scarperia, ché il Vicario fa lor mille vezi, et, quando vi càpita un forestiero, per honorarlo, liene spiega un tratto su la canpagna. Noi siamo sani et ci raccomandiamo una gran brigata a voi, che Dio di mal vi guardi.
A dì 26.
Io. Baptista
Firenze, 30 settembre 1506
Nicolao Maclavello secretario florentino apud Pontificem suo maxime honorando.
Alla Corte.
Niccolò honorando. Io ho paura di non diventare con li amici un poco transcurato come voi. Dicovi questo, perché mi pare un anno che io non vi scripsi, et solo è accaduto per infingardaggine, ad chiamarla per il nome suo. Dua dì fa, riceve' la vostra, credo de' 26, con la alligata a Francesco, quale si mandò fidatamente. Et io, per respondervi al quesito, credo possiate domandare danari al publico securamente perché {de li ambasciadori fatti non verrà nessuno, né vi si pensa più per hora} et però credo la cosa sia per durare anchora qualche dì, non si mutando vento; et voi non lo dovete havere per male, perché le faccende non vi assassinano. Dicovi bene questo: che le due vostre de' 25 et 26 giunsono ad tempo, perché {di Gianiacopo ci à chi diceva si vuole farlo tornare, poiché fa niente, con altre parole de le sua, quali furono ribattute da Bernardo Nasi vostro amico}; sì che scrivete più spesso, se vi pare. Al Soderino lessi quanto mi scrivete. Credo vi riscriverrà di nuovo, et voi farete quanto vi parrà.
Ad Napoli andranno li dua ambasciatori, cioè messer Francesco Gualterotti et Jacopo Salviati; et sarà bella legazione, et per la qualità delle persone, et per la compagnia de' giovani si dice andranno con loro: che tutto sarà ad proposito, perché questo Catholico Re, che dua dì fa era a Savona, viene con tanta pompa di abriglamenti et di ogni altra cosa, che chi vi andrà bene ad ordine, li bisognerà ad volervi comparire. Consalvo a dì 27 fu a Livorno, che andava incontro al suo Re, et dal conmissario nostro di detto luogo fu visitato et presentato, in modo se n'andò satisfactissimo, con dire che Italia riceverà molti beni per la venuta del suo Re, et che Firenze ne harà la parte sua, excusandosi delle cose di Pisa con dire che quelli tempi ricercavono così, ma che per l'advenire farà in modo che la città conoscerà che ne fa capitale. Fu a Piombino, dove erano ambasciatori pisani; et non obstante lo pregassino ad ire in Pisa, absolute lo recusò.
Le cose di Genova al continuo sono peggiorate per li gentili homini, quali tutti sono fuora; et di già hanno tolto tutte le terre teneva messer Gianluigi nella Riviera di Levante, o buona parte di epse; {et li retiene da chi vince a lo usato suo}.
Questa mattina, per advisi privati da Lione de' 23 dì, s'intendeva esservi stato lo homo di Ays che veniva di Corte, con commissione del Re ad Ciamonte, che déssi a nostro Signore, per la impresa di Bologna, quelle tante lance vorrà. Così andrà l'impresa avanti a ogni modo, po' che costì si va di buone gambe.
Qui non è altro di nuovo; et io non so che mi vi dire più, se non che la brigata vostra sta bene, et li danari della Δ sono in quel medesimo legato, ché non seppi la venuta di Giuliano Lapi. Credo domani adoperarne uno ducato, che ve lo riporrò fra pochi dì, che ne ho preso securtà in sulle parole vostre. Nec paura.
Florentiae, die xxx Septembris hora 4 noctis 1506.
Quem nosti B.
Respondete della ricevuta almeno.
1° ottobre 1506
[ ... ]generoso domino Nicolao, patri honorando.
Li vostri servitori Iustiniano et el compagno vostro in Imola, già con el quondam venerabile Zoan Lorenzo, salutem et apostolicam benedictionem. Primo octobris MDVI.
Magnifico patron nostro singularissimo. Puoi che qua se intende el vostro buono et lieto stato cum satisfatione optima di vostra magnificentia in tanto honore, dignità, conversatione delectevole con chi è et sonno apropriate et conforme a la natura vostra, dove non è penuria, anci fertili abondantia, et che da quelli siate ben visto, amato et acarezato; sì ancora per el vostro sumptuoso vivere de cibi delicatissimi, sani et sincieri et digestibili al stomaco vostro (dato che ne pigliasti on vero prendete più ch'el solito, atento: non siate in queste aere sutile di qua, ma in quelli de là, sutilissimi et palpabili, ameni et suavi, sì como dal vostro magnifico et honorando mazor consotio habiamo inteso); non potemo se non, da uno lato, congratularsi et haverne somo piacere per vostro amore (non imperò senza qualche invidia, per non haverne noi conforme a vostra natura); da l'altro lato, dubitiamo per tanta presa farete de questo aere et gustevoli piaceri et ameni fructi non ve habiate tanto ad impregnarve et impirve, che non ve domenticiate de noi, come havete facto sin qui, et de ritornare a la patria et, quod peius foret, non habiate a pretare et farve al tutto moderno curiale eclesiastico. Idio sia quello vi prosperi et tenga la mano in cavo et vi contenti de bene in meglio.
Siamo desiderosi de intendere de' Nove comunicabile de teste parte, et quali è meglior vitanda de là, o le vitelle de late oli capreti alpestri et montagnuoli, reduti a la domestica; et de quello è desideroso un de noi sapere de le cose de Pesaro.
Di qua non c'è altra nova, se non che Arno va a l'inzò como andava.
Valete. Ne racomaliamo a vostra magnificentia per infinita secula seculorum. AMEN.
Castrocaro, 4 ottobre 1506
Spectabili viro Niccolao Maclavello, mandatario et secretario Dominorum florentinorum, suo charissimo, apud summum pontificem.
Spectabilis vir, amice charissime, etc. In questo puncto, che siamo ad hore 18, ho havuto una vostra di hieri, et con epsa uno pachetto di lettere per ad Firenze, le quali sùbito si sono mandate; et questa mactina ne habbiamo addiricto una de' X ad voi, ad Furlì, al vescovo de' Pazi, stimando che lui havessi commodità di mandarla. Ho ordinato al presente apportatore che li facci motto nel suo ritorno, et, non la havendo lui mandata, se la facci dare. Non achade fare scusa meco del non havere addiricto le lettere ad me, perché voi sapete che io so quanta affectione mi portate.
Intendo che noi hareno il pontefice vicino di proximo, et quanto li è gagliardo nella impresa, che ho tanta voglia che facci qualche facto rilevato, che io sono tardi al crederlo. Aspectovi che voi vegniate ad riposarvi qualche dì qui, che fareno buona cera. Né altro mi occorre, se non offerirmi in ogni occorrenza ad voi. Che Dio di male vi guardi.
Ex Castracaro, die iiiia octobris MDVI.
Petrus Franciscus Thosinghus,
Commissarius generalis
Firenze, 6 ottobre 1506
Nicola Maclavello secretario florentino apud Pontificem suo observando. Alla Corte.
Niccolò honorando. Io non ho dato a Piero del Nero quelli danari, et la causa fu, perché io sono sì bene agio, che non pote' valermi d'uno fiorino per rimectervi quello ne haveo cavato. Et poiché non volete gnene dia, non lo farò; anzi per il primo cavallaro che verrà ad Castracharo, li manderò al Ruffino, con ordine ne segua l'ordine vostro. Né di questo accade parlare più.
Questi Signori Dieci, in sulla domanda vostra di qualche danaio, dixono: Elli è ben ragione, noi lo faremo ad ogni modo. Et stamani mi dixe el Gonfaloniere, che voi gnene scrivevi per quella li dècti, et che hoggi li parlassi, et così farò. Et credo sanza manco per il primo mandarvi qualche provisione. Et statene sopra di me, ché il chiedere non mancherà.
A Giovambatista Soderini leggerò quel capitulo, come feci l'altro; ma voi vi volete scusare sempre, o con la trascurataggine o con le faccende; et questo non basta alli amici, perché vogliono essere riconosciuti per tali. Et io sono in modo fracido ad fare scuse per voi, che se vo' fussi mie padre, harei più d'una volta decto: Vadi ad recere. Scrivete una volta, se voi desti la lettera d'Alexandro a San Giorgio, o se mai lo rivedesti poi dal primo adviso me ne desti. Se voi sapessi quanto v'è amico, ne terresti altro conto; ma voi siate un cazellone, et chi vi vuole, vi trassini col bastone.
Io non voglio mancare di dirvi, benché lo potessi indifferire alla tornata, che, per chi vi fu presente et più d'uno, che {Alamanno sendo a Bibona, ad tavola con Ridolfo, dove v'erano anchora molti giovani, parlando di voi, dixe: Io non comissi mai nula a cotesto ribaldo, poi che io sono de' Dieci}, seguitando el parlare in questa sententia o meglio. Notate questo, se voi non fussi bene {chiaro de lo animo suo ad facto}. Et ingegnatevi di esserci avanti le raferme. Potre'vi scrivere molte altre cose, sed coram copiosius.
Questa mattina ci sono suti advisi in questi Uguccioni, della morte dell'Arciduca, in 4 dì, di riscaldato et raffredato: cosa veramente di grandissimo momento, perché si tiene per certo, et ad quest'hora ne è l'adviso costì. Non si stima però, che habbi tale nuova ad fare ritornare indrieto el Re d'Aragona, che per li ultimi advisi s'aspectava ad Genova; perché quelli baroni di Castiglia hanno el suo figliolino nelle mani, et vorranno governarlo ad loro modo, come feciono Fiaminghi del padre; né anche si fiderebbono di lui, per essersi una volta inimicati etc. Et però, vedendo sua Maestà la cosa incerta, et sendo horamai vicino ad Napoli, che è suo certo et da non lo stimare manco che la Castiglia, si fa iudicio verrà avanti: che Dio lo voglia, per il bene di Italia. Se pure tornassi indrieto, ci sarà pure questo bene: che li ha seco Consalvo, et non lo doverrà ragionevolmente volere più nel Regnio.
È iudicata questa cosa molto ad proposito del Christianissimo, et il contrario de' Vinitiani, che non potranno più usare la maschera dello Imperatore, né lui passare in Italia, et li dua Re sopradecti, sanza respecto, procedere all'acquisto di quello tengono di loro. Perché, mancando questo sospecto al Christianissimo della passata del Re de' Romani, mancheranno quelli respecti che lo facevano tanto intractenerli; et il Papa anchora doverrà più liberamente et più animosamente cercare il suo. Sono cose che bisogna, ad non volere ingannarsi, rimectersene al successo.
Per lettere di Francia de' 25, s'intende il medesimo che scrivete voi, della larga et honorevole concessione facta al Papa delle gente; et di più una caldeza oltr'ad misura del legato in favore di sua Santità. Ma la condotta di Giampaulo è dispiaciutali fino alla anima. Perché, nel parlare, sua Signoria dixe: — El Papa ci dovea adiutare castigare quello mecciante, che ci fece etc. Ma avanti che il giuoco resti, noi ci varreno ad ogni modo; indugi quanto può, che non la camperà. — Dànno al Papa 550 lance, et di più messer Mercurio greco, con cento cavalli leggieri, 8 cannoni grossi et più altri pezi d'artiglerie, et Ciamonte per capo. Et hanno ordinato che il conte Lodovico della Mirandola sia tracto di stato, et messovi el conte Giovanfrancesco.
El Re d'Inghilterra non ha volsuto publicare el mariaggio di madama Margherita, perché pare che il Duca di Savoia perissi di mal franzese, et che lei ne patissi: et in su questo sospecto sta sospeso. Di che Franzesi hanno pensato valersi, con tenere pratica di darli la damisella d'Angolème non per concludere, ma per tenerlo sospeso et farlo ire ratenuto nello adiutare l'arciduca contro ad Ghelleri.
El Christianissimo è partito da Bles, et viene verso Borges; et non passando l'Imperatore, si tornerà indrieto con animo resoluto venire ad primavera in Italia. Quivi non era anchora adviso della morte dell'Arciduca. Et di più hanno ordinato di guadagnarsi el Duca di Savoia per più respecti. Le vostre lettere mandai ad bottega di Piero del Nero. Adio.
Florentiae, die 6 Octobris 1506.
Quem nosti B.
Non rispondete dello adviso vi do di quello ragionamento facto a Bibona
Firenze, 6 ottobre 1506
Nicolao Maclavello, secretario florentino. Alla corte del papa.
Tanquam fili. Schrissivi sabato, che sarà chomparsa; e per essa intenderete Francesco esere a la volta di Napoli per richatto delle robe tolteci, che chiediamo là ci sarà facto più in facto giustitia che a Vinegia, et maxime essendone quasi suti invitati dal Ghran Chapitano: che è ragionevole, perché la ingiuria è suta facta a loro, perbenché il danno a noi. I Viniziani sono donati di buon giorno; nientedimeno, si schriverrà a Lexandro de' Nerli adoperi il bisogno, che per questo non manchi. Francesco dovrà (esere) infra 2 dì esere a Napoli: quando habiàno qualchosa, vi se ne dirà, et, havendo bisogno più d'uno favore che uno altro, oltre a quegli che s'ànno chostì, vi si farà intendere. Totto potrebe, per lettere abiamo, a ognora esere in Anchona. Idio per tutto lo salvi. I duchati X di chamera s'è ordinato si paghino, che a questa hora debe esere facto; et si mandò la lettera al dipintore; e s'è mandato la lettera a la Marietta, che sta bene con la brighata in villa. Né per questa altro. Idio con voi.
In Firenze, a dì 6 d'ottobre 1506.
Arete inteso la morte del re Filippo di Spagna, che debe esere per ghuastare disegni.
Vostro Piero di Francesco del Nero
Cesena, 6 ottobre 1506
Spectabili viro domino Nicolao Maclavello secretario florentino compatri nostro carissimo F. de Soderinis tituli S.te Susanne praesbiter Card.lis Vulterranus.
Spectabilis vir compater carissime. Come sapete, dovavamo partire domattina per Furlì; ora si è mutato proposito, et domani sarà consistorio, né si vede altra causa d'inportantia che lo examinare el modo delle censure contra Bononienses.
In questo punto lo ambasciadore del re di Castiglia ha significato alla S.tà di nostro Signore come quella Maestà è morta in Burgos di quelle febre che in Italia si chiama mazucho; et perché questa morte potrìa causare o la ritornata del re Ferrando, o altri moti di inportantia, et li vostri Ex.si Signori non ne havere sì presto notitia, ci è parso mandarvi questo a posta, acciò lo facciate subito intendere alla Signoria, ché questa morte darà la sententia del re de' Romani et molte altre cose.
Questa Santità hoggi ha fermo Ramazotto con 750 fanti et Nanni Morattini con 300 et dato ordine d'haverne fino in cinque o sei milia a sua posta, et mille sono li feltreschi; et li franciosi ne merranno seco da 4 in cinque milia.
Questi Bolognesi hanno mosso qualche pratica, et chieghono si mandi dua cardinali a vedere et reformare; ma nostro Signore è nella sententia lo lasciasti.
Dicesi partiremo domani dopo desinare, il che a noi pare difficile, ma l'altro dì doverrà esser a ogni modo. Advisateci come trovasti le cose a Furlì et come le troviate costì. Bene vale.
Cesene, vi Octobris 1506.
Castrocaro, 10 ottobre 1506
Spectabili viro Niccolao Malclavello, secretario et mandatario florentino apud summum pontificem, carissimo.
Forlivii.
Spectabilis vir, amice carissime, etc. Hoggi vi scripsi et vi mandai per il Mancino corriere uno piego di lettere havute da Firenze. Dipoi, ho la vostra per lo arciprete et, con epsa, una a' Dieci, la quale ho mandata, et credo vi sarà domandassera. Ho inteso dal decto arciprete el pericolo ha portato el nostro reverendissimo monsignore, che mi ha dato spavento; pure, per gratia di Dio, non ha impedimento. Mando con questa uno mio servidore con una al prefato reverendissimo, el quale prego indiriziate ad sua reverendissima signoria, et ad quella vi piaccia raccomandarmi et offerirmi. Io sono stato con questi huomini, et dispostili in modo che credo che domenica infallanter faranno parte di loro debito. Harei care conducessi el reverendissimo qua, ancora che non ci sia modo ad honorarlo come richiederebbe la sua reverendissima signoria. A la quale iterum vi prego mi raccomandiate. Né altro mi occorre.
Piacciavi farci parte delle nuove havete costà. Ex Castracaro, xa octobris MDVI.
Petrus Franciscus Thosinghus, commissarius, etc.
Castrocaro, 10 ottobre 1506
Spectabili viro Niccolao Maclavello, secretario et mandatario florentino apud summum pontificem, suo charissimo.
Forlivii
Spectabilis vir etc. Niccolò mio, e' bisogna che voi adoperiate con il reverendissimo cardinale di Volterra che io, per mezo di sua reverendissima signoria, octenga una gratia dalla santità di nostro signore; ma vorre'la gratis et sanza spesa; et questo è che io ho uno mio figliuolo, che all'ultimo di questo fornisce xxii anni, el quale vorrei fussi dispensato in potere tenere beneficii curati, perché messer Niccolò, mio fratello, li vorrebbe renuntiare uno de' sua, et io non vorrei havere ad spendere. Et però vi prego ne parliate con il reverendissimo, et facciateli fede che e' farà questo beneficio ad homo che farebbe per lui et per la casa sua ogni cosa, et voi lo sapete. Vorrei nella medesima supplicatione fussi ancora a duobus incompetibilia. Io ho facto segnare più volte questa supplicatione medesima, ma, per non spendere, non la ho mai tracta. Io non voglio mancare di dirvi che, quando io tornai di Francia, io trovai la santità del papa in Asti, che era cardinale, el quale mi honorò et fecemi grandissime profferte etc.; et credo, quando sua santità intenderà che tale gratia habbi ad servire ad me, conscenderà più facilmente. Io vi raccomando questa cosa, et pregovi facciate per me quanto io farei per voi.
Questo commune farà domani parte di suo debito, et anche ho facto qualche opera col comune di Modigliana. Se voi havete nulla di nuovo che si possa dire, vi prego ce ne facciate parte, et non dimenticate el venirci ad rivedere. Né altro, salvo offerirmi ad voi. Dio vi guardi.
Ex Castracaro, die xa octobris 1506.
Petrus Franciscus Thosinghus, commissarius etc.
Firenze, 11 ottobre 1506
Niccolao Maclavello secretario florentino apud summum Pontificem maxime observando.
Ad Furlì o dove diavolo elli è.
Compare honorando. Io vi harei da scrivere uno mondo di cose, et perché io non so donde mi cominciare, tutto serberò ad bocca; benché, non mi havendo resposto anchora all'ultima, credo fussi de' 6 dì, almeno della ricevuta, potrei sanza carico dare una passata, non lo vo' fare per non imparare da voi, che mi havete facto il medesimo servitio di una di Luigi della Stufa, che facesti di quelle di Jacopo Ciachi l'altra volta fusti a Roma, che andava ad Giovanfrancesco Martelli. Et se voi dicessi: E' non ci è; vi respondo che la dovavate rimandare in qua, et non stimare sì poco le cose come voi fate. Honne becco una canata; ma la fia l'ultima, perché ma' più accepterò lettere che mi sieno date, che io vi mandi, in modo mi tractate. Fate danno a voi et a me anchora, oltre al dispiacere che non è piccolo: di questo non se ne parli più, ché, se nessuno ha ad esser ripreso, tocca a me che vi conosco, et pure mi vi rificco.
La Ex.tia del Gonfaloniere mi dixe che sabato passato chiedessi danari per voi a Francesco Davanzati: non lo feci perché non pote'; hollo facto stamani. Harò stasera venti ducati et li manderò ad Pierfrancesco Tosinghi ad Castracaro; et s' i' potrò accattare quello fiorino ho speso di vostro, vi manderò anche quelli; se non, indugerò a un'altra volta, stimando non vi sia disagio, mandandovi li venti ducati: et se li accadessi mai che io fussi mandato fuora, per compagnia del manigoldo, almeno usate el simile officio per me, se la natura vostra lo comporta.
Voi desti un poco di sevo alla galea nelle cose de' fanti per quella de' 5: fu notata et conosciuta. Havete ad intendere che non fu stato Bernardo in officio sei dì, che si fe' una deliberatione in favore dell'ordinanza che vi satisfarà: et così la cosa va con assai buon favore; ma le querele ogni dì sono infinite: pure si va riparando.
El Pepe credo verrà presto costì, se si vincerà lo stantiamento, ché li danno 3 ducati el dì et, di più, li 200 ducati, et 300 gnene prestono per tre anni; et voi doverrete tornarvene, che lo desiero tanto, che non ve lo potrei dire, per fuggire questa briga et starmi in uno cantone ad ghiribizare.
Voi non mi havete dicto cosa alcuna del periculo che portò el nostro R.mo di Volterra, che quando vi penso, per Dio, ne triemo anchora: sono fructi che si cavono del seguitare gente d'arme; et quella mula la farei impiccare a ogni modo. Scripsemelo el Ruffino et fu ad proposito, perché ce n'era qualche notizia, et non si sapeva la verità del fine: habbisi cura, per l'amore di Dio, perché saremo privi d'una grandissima speranza.
Questa mattina in Santo Giovanni stetti due hore con Antonio Giacomini: parlamo d'infinite cose, et in ultimo di voi: commisemi vi salutassi et ve li raccomandassi, et così fo. Et andate ad recere. La Marietta vostra è in villa et sta bene con tutta la brigata.
Florentiae, die xi Octobris MDVI.
Vester Bl.
Firenze, 11 ottobre 1506
Nobili viro, domino Niccholò Machiavelli secretario florentino apud pontificcm.
Ihesus Christus. Die xt octobris 1506.
Sotto questa sarà una al chardinale Soderino. Prieghoti la dia per mia parte et in tempo che la possa leggere bene; et domanda la risposta, et sollecitala, et mandamela, che di chosì umilmente ti priegho. Appresso, ochorrendo (che ochorrerà), fara'li intendere quanta senserim de pontifice, chome più volte ne ò parlato techo; similiter quid de cometa publice in consilio locutus fuerim. Et vale et me illi commenda.
Lattanzio Tedaldi, in Firenze
Castrocaro, 12 ottobre 1506
Spectabili viro Niccolao de Maclavellis, secretario et mandatario florentino apud summum pontificem, charissimo.
Forlivii.
Spectabilis vir, amico carissime. Per la vostra di hieri restai raguagliato et satisfacto della opera et diligentia havevi usato appresso il reverendissimo di Volterra circa quanto desideravo obtenere: di che vi ringratio, et vi prego, quando ne havete occasione, liene ricordiate et mi raccomandiate ad sua reverendissima signoria. Et voi, quando havete qualche nuova, fatecene partecipe, come mi promettesti, che delle cose della corte ne siamo molto adsciutti, et da Firenze, da quel summario in qua, non ho nuove.
Mandovi uno piego di lettere vostre per il medesimo che da Firenze le ha portate con una al reverendissimo di Volterra: presenteretela. Et altro non mi occorre, se non di nuovo mi raccomandiate ad sua reverendissima signoria. Et vostro sono. Christo vi guardi.
Ex Castracaro, die xii octobris MDVI.
Petrus Franciscus Thosinghus, commissarius
Castrocaro, 14 ottobre 1506
Spectabili viro Niccolao Maclavello, secretario et mandatario fiorentino apud summum pontificem, amico charissimo.
Forlì.
Spectabilis vir carissime noster, etc. Niccolò, io ho inteso dallo arciprete di qui che il reverendissimo di Volterra ha voglia di venire domactina a desinare con noi, che mi sarebbe somma gratia. Pregovi lo persuadiate al venire; et, se bene non haremo da honorarlo come merita la sua reverendissima signoria, non mancheremo di farli una buona cera. Iterum, vi prego ce lo conduciate, che lo porrò appiè delli altri oblighi ho con voi; et per il presente apportatore vi piaccia risponderne.
Mandavisi più lettere in un piego al reverendissimo prefato et a monsignor lo governatore, come vedrete. Presenteretele, et advisate così quello havete di nuovo et quando stimate parta el papa.
Le vostre lettere ad Firenze si mandòro prestissimo; et, come scrivesti, scripsi ad messer Francesco Gualterocti. Alia non occurrunt. Christo con voi.
Ex Castracaro, die xiiii octobris MDVI.
Petrus Franciscus Thosinghus, commissarius
Fiorenzuola, 25 ottobre 1506
Carissimo Niccolò. Io ebbi una vostra ieri di là dal giogo che se beni io partí giovedí di Firenze, per qualche sinistro caso advenutomi per via mi ha facto ritardare, perché volevo iersera esser costì. Parto in questa ora di qui di Fiorenzuola, che è levata di sole, e mando il cavallaro con questa. Voi in primis mi raccomanderete a mons. rev.mo di Volterra, e scusatemi del non risponderli et ringratiatelo assai della umanità sua, e della lettera delli advisi, et io manco di scriverli, perché mi manca tempo. Et questa leggerete a Sua Signoria rev.ma.
Io non vorrei allo entrare mio, né cerimonie né pompe, quando el luogo ne faccia scusa, et conservi la dignità della città, perché a me gioverà piú uno buono facto per li miei excelsi Signori che mille demonstrationi e crederei bastassi che costí s'intendessi publice che restassi da me; nondimeno sono per accomodarmi a tutto quello che parrà a monsignor rev.mo, perché in minimis et maximis ne ho a seguitare el giudicio e consiglio suo, et con questo animo sono uscito di Firenze. Se paressi che io entrassi stasera solo con uno famiglio, lo farei di nocte, perché cavalcherei e lascerei indrieto gli altri tutti, o non, ch'io soprassegga a Tossignano con tutta la famiglia, perché quando verrò costí solo sarà come se io non vi fussi.
Io ho 8 famigli a cavallo, el figliuolo e il genero, uno spenditore, ser Augustino e io con 2 staffieri e il cavallaro e tutti bene ad ordine e bene a cavallo, e ho con meco 4 altri cavagli di uno dei Peruzzi et di uno de Venturi, quali hanno qualche faccenda cosí alla corte. Partiron meco, son venuti con me e hanno viso continuare la stanza; questo dico perché intendiate che alloggiamento mi bisogni, et io poi che ebbi scripto a mons. rev.mo e a voi da Firenze, intendo io messer Alexandro Neroni esser preposto a cotesta cura dello alloggiare, li scripsi da Firenze pregandolo di bono alloggiamento, perché è comunione fra noi. Io disinerò stamani a Pian Caldoli, el cavallaro verrà a distesa. Voi lo rimanderete indrieto, e io sopra starò a Tosignano per seguire poi l'ordine che mi darete, communicato arete tutto con mons. rev.mo.
Dite al archidiacono che io non rispondo altrimenti alla sua, perché non scade, lo farò di bocca. Raccomandatemi a lui et bene valete.
Ex Florenzuola, die xxva octobris 1506 hora 13 a
Franciscus de Pepis doctor orator.
Bologna, 12 novembre 1506
Spectabili viro Niccolò Malchiavegli, cancellario etc.
In Firenze.
Niccolò maestro mio, etc. Hiersera messer Francesco mi commisse che io vi scrivessi suo nomine et che in primis lui vi ringratiava della stanza datali in Imola, dove, oltre a l'esser lei humidissima et pericolosa di rimanere alla stiaccia, come sapete, li fu decto et factoli toccare con mano, il dì davanti che lui partissi di lì per venire qui a Bologna, come, dove lui teneva il capo suo quando faceva nel suo lectino, havea disopra dal capo nel muro uno braccio di terreno posticcio nel cortile drietoli al muro della camera; et fu veduto con experienza che quel muro etiam di camera sudava un certo liquore, il quale crede che nel dormire li sia entrato adosso et lo habbi facto cacare il sangue, sì che 8 dì fece hieri sia iaciuto continue così con gocta come etiam con febre. Et il maestro che lo medicava, lo affermava, et però non ha voluto passare che voi sappiate il tutto et che voi volessi una stanza per lui simile a quella havevi trovata per voi. La qual così facta li costò 40 lire in xv dì che l'habitò. Et però, Niccolò, se voi non mi rispondete, purgandovi in quel modo so saperrete, sua magnificentia rimane con un poco di ruggine con voi. Fatelo, et come vi parrà: non enim deest ingenium.
Baccio di Ruffino fu in Imola, et, pet quanto mi dixe, torneria volentieri costì; et io, che so da uno di Modigliana, per nome ser Zoanni Antonio, che lui ha facto bene in quegli luoghi e fatti suoi et che passa xx ducati di straordinarii. non glene credo. Pur voi, havendone bisogno, scrivete et allegatemi del suo desiderio, et non harete a cacare il sangue, voi o Biagio o ser Luca. Non so che altro dirmi per questa, se non che per altra scriverrò di questa magna entrata pontificale qui in Bologna. Son vostro, et raccommandatemi a messer Marcello et a Biagio, a ser Luca, al proveditore et sobto. Adio.
In Bologna, xii novembris 1506.
Augustino etc.
Bologna, 16 novembre 1506
Egregio viro domino Nicolao Maclavello, secretario florentino maiori honorando etc.
Egregie vir maior honorande, etc. Et vi ringratio, che mi diate ogni dì di queste brighe di dare lettere in propria mano, etc., come ho facto questa: tutto però per servire a voi.
A messer Raimondo pare che indugiate tropo a dare effetto al comparatico, et, quando pure indugiate ancora assai, vorria sapere di chi si ha a dolere.
Pregovi che non li facciate torto. Potreno fare sanza li vostri fogli et la vostra saliva, et infine noi non haviamo bisogno di persone tanto savie. Però voi ci volete tornare poche volte. La procura verrà come noi siamo fermi, che ancora siamo in aria et doverremo oramai stare qui un pezo. A voi mi raccomando.
Bononie, xvi novembris 1506.
Vester Io. de Emp.°, camerarius cardinalis vulterrani
Bologna, 25 novembre 1506
Magnifico domino Niccolao de Machiavellis Reipublicae Florentinae cancellario dignissimo plurimum honorando.
Florentiae.
Magnifice vir plurimum honorande, salutem. Addì passati ho receputo una lettera de V. M.tia ad me molto grata, per la quale intendo il nostro R.do Arcidiacono, essersi confidato con voi di quella faccienda della quale ancora haveva parlato al R.mo Monsigniore nostro de Volterra; il quale li havea promisso de aiutarlo. Intendo quello mi advisa V. M.tia circa il parlare io ad Monsigniore mio R.mo de Pavia, che lo farò; et quando di costà intendessi cosa alcuna, vi prego non vi incresca darne adviso, perché più presto riuscirà ad me che ad nessuno altro, et di questo vi resterò sempre obligatissimo. Et adcadendo che diate presto adviso circa provedere il figliuolo vostro di qualche beneficio, farò tale opera che de me vi terrete satisfato.
Item quando vostra donna si apresserà allo partorire, mi farete singulare piacere advisarmene, acciò, non ci essendo, possa ordinare uno in mio loco. Et di questo ve pregho, perché, non me lo scrivendo, mi terrìa ingiuriato da voi. Né altro. Ad V. M. quae bene valeat.
Bononiae, die xxiiiii Novembris MDVI.
E.V.M. Servitor Carolus de Albizis
Bologna, 15 dicembre 1506
Spectabili viro domino Nicolao Maclavello secretario florentino compatri nostro carissimo.
F. de Soderinis tituli S.te Susanne presbiter Card.lis Vulterranus.
Spectabilis vir compater carissime. Per la vostra de' 10 ci raccomandaste il vetturale per il quale haviamo facto et faremo ogni cosa possibile, et già le cose loro sarebono expedite bene, se non si fussino a Roma aviluppati et messisi in mano di ribaldi et inimici di cotesta città.
Parci veramente che cotesta ordinanza sit a Deo, perché ogni dì cresce, non obstante la malignità etc. Haviamo hauto singulare piacere del nuovo magistrato, et preghiamo Dio che la electione sia tale che ne seguiti uno solido fundamento, perché noi non vegiamo che cotesta città da un tempo in qua habi facto cosa tanto honorevole et sicura quanto questa, sendo bene usata; in che e buoni dehono mettere ogni loro studio et non se ne lasciare menare da chi per altri disegni non amassi il bene di cotesta città quanto si conviene in questa sua nuova libertà, dono divino et non humano, nisi corrumpatur malitia aut ignoratione: et voi che ci havete tanta parte, non mancate in alcuna cosa, nisi velitis habere Deum et homines iratos.
Bene valete. Bononiae, xv Decembris MDVI.
Bologna, 28 dicembre 1506
Spectabili viro Niccolò Machiavegli secretario florentino suo honorando. In Firenze.
Niccolò mio honorando. A ciò possiate satisfare a quel vostro parente creditore di Giovan Marco gioyelliere di quanto io ho raccolto di lui, vi fo questa. La vigilia di Natale lo 'mbassatore nostro hebbe una lettera dal decto Gian Marco de' 18 dì, data in Rimino, et dicevali di certe cose sue particulari et maxime di una casa che ci appigionò, et dove prima gli havea dato intentione non se ne haver a pagare pigione etc.; res postea aliter se habet, et lo 'mbassatore per non gli satisfare molto, iterum cerca di altra habitatione, ancor che mal volentier ci se ne truova.
Intendo che Gian Marco non ha niente di immobile, et qui in Bologna havea una casa, et essendoli suta già ingarbuglata, non la può rihavere: lui volea riscuotere 2 mila lire di bolognini diceva haver avere per conto de' Bentivogli, et non ne è stato nulla; et non solo non gli ha riscossi, ma non può stare in Bologna, et la causa non intendo ancor bene, etiam che l'habbia sottilmente investigata. Questi due suoi cuccioloni vanno molle, come tordi balordi: et la moglie di Gian Marco si sta in un monasterio, per non voler stare in una casipola hanno tolta a pigione: vivono di non so che gioie ha di Gian Marco uno hebreo, che è poca cosa. Insomma se non si cominciassi a piatire et voler entrare in quella casa che è in dubio se ha ad essere sua o no, qui non è per quanto intenda io molto grascia.
Intendo, per ricordi di un vostro et mio amorevol amico comune, quelli Nove haranno ad havere oltre al cancelliere uno coadiutore o più: pregovi mi vogliate in questi casi havere per raccomandato, et veggiendo voi sia il bisogno mio più sicuro che dove io sono, operiate sì et in tal modo che io sia uno di quelli coadiutori, cum pro certo habeam fore ut tu sis Cancellarius illorum Novem, ni locum tuearis, quo nunc frueris, quod Deus avertat.
Lo abate Basylio facto noviter maestro di casa del nostro R.mo Vulterrano si raccomanda ad voi et gratulatur tibi de nova militia etc., et dice vi offerisca suo nomine una proda di lecto, ma che non vi si potrà menare quel facto: questo dice sopra el dirgli el Pepe voler chiedere licenza et creder l'habbia ad havere, et voi ad venire qua.
Qui non è di nuovo; et de l'Imperadore, ancor che Venitiani ne jactino, nondimeno di casa il Cardinale tedesco non escie, se non che sia o per starsi di là da' monti o venirsi tutto tutto del papa. Et da Napoli non ci è similmente nuove, non ci sendo huomo di quella Catholica Maestà, di che questo Beatissimo riniega Dio. Et di Francia non ci è se non zuchero et mèle: et aspectacisi in kalen maggio el Christianissimo.
De l'havere dato e confini questo papa a certo numero di Bolognesi, non rilieva molto, sendo, ancor che cittadini, cagnotti et emissarii di messer Giovanni.
Non dirò altro per questa, se non che mi raccomando ad voi ex corde, et voi mi raccomandate a messer Marcello et a Biagio, et salute alquanta al Nobile, a ser Luca et tutti.
In Bologna, adì xxviii Decembris 1506.
Vostro Augustino cancell.
A Biagio non scrivo per haverli scripto hieri; aspecto ben da voi 2 versi in risposta di questa et pregovene, o mi fate rispondere a Biagio casu quo non possiate farlo voi.