I TAROCCHI
di Matteo Maria Boiardo
APPENDICE
[Sezione A]
Cominciano cinque capituli bellissimi sopra il Timore, Gelosia, Speranza, Amore, del Conte Mateo Maria Boiardo.
Capitulo I
Timor un'alma tien tanto dubbiosa
Ch'ell'ha poca ragion de viver lieta,
Qual mai non gode, e sempre è paurosa.
Timor, si v'è qualche pericol, vieta
Pigliar piacere, e tanto un om fa vile,
Che l'animo ragion mai non aquieta.
Timor tremar fa l'agnel nell'ovile
Si de fuor sente il lupo, e sì sta chiuso
Che apena intrar gli può il vento sottile.
Timor quattro destrier d'un carro all'uso
Sotto una virga tiene, a un giogo stretti;
E molti in servitù, che non gli excuso.
Timor ci tien talor, che i nostri effetti
Non possiam dimostrar, che assai ne offende,
Ché compagni al timor sono i rispetti.
Timor fa sempre che un non se diffende,
Ma supplice ai contrasti se dimostra
E senza arme adoprar vinto se rende.
Timor, si tu ti acosti a armati in giostra
La lor virtù sarà sotto te morta:
Dove tu sei, sempre la fronte il mostra.
Timor conturba i sensi e faccia smorta
Rende, e tremito il cor per lui si sente,
E l'occhio il mostra con sua vista torta.
Timor non ha sol di quel ch'è presente
Dubbio, ma teme, ben che sia lontano,
Il periculo: e a sé pargli imminente.
Timor certo è da immaginarlo vano,
E dove timor regna, ogniun concorre
Che invallido quel corpo sia e mal sano.
Timor Fineo, tra gli uomini una torre,
Converse in sasso, col meduseo volto,
Ché ai timidi fortuna non soccorre.
Timor Ptolomeo Re subbito volto
Ebbe contra Pompeo, sol per paura
Che Caesar non gli avesse il regno tolto.
Timor non lasciò Andromeca sicura
Del figlio, visto Ulisse; e intrar lo fece
Del patre Hectorre, in la sua sepoltura.
Timor, Dionysio del tonsore invece,
Usoe le proprie figlie con carbone
Per fuggir ferro; e al fin non fugì nece,
Ché mal se fugge quel ch'el coel dispone.
Capitulo secondo de gellosia
Gellosia un vero amor non pò smarrire,
Ché si uno amante va con pura fede,
Amore il premia al fin del suo servire.
Gellosia è dura cosa, ove esser vede
Commodo al concorrente nello amore,
Ché al spesso supplicar segue mercede.
Gellosia mesto rende un lieto core,
Ma spesso è causa ancor, dove ella sprona,
Condurre un ch'ama a un virtuoso onore.
Gellosia quando ven, non si propona
Contrastargli alcun mai, ché sforza ognuno:
Ma il saper tollerarla è cosa bona.
Gellosia ciascun cerca; e poi ciascuno
La fugge; e prima ogniun vorria sapere,
Poi de saper vorrebbe esser degiuno.
Gellosia sempre non debbia volere
El concorrente per nemico; anzi esso,
Se vincer vol, dee patienzia avere.
Gellosia si te gionge a veder presso
A la cosa che tu ami il tuo rivale,
Stimi che 'l parli sempre, a tuo interesso.
Gellosia dove ponsi è gran male,
Ché non si trova medicina a lei;
E si troppo oltra va, cosa è mortale.
Gellosia non vien manco fra li dei
Che fra li omini facia; ecco Iunone
Del suo Iove gellosa, ah casi rei!
Gellosia di certezza mai non pone
Alcuno in strada e al ver non apre porte
E tien fra speme e dubbio le persone.
Gellosia d'Argo e de sue viste acorte
Non è sicura mai, fin che 'l tuo pede
A le adamate mura ti transporte.
Gellosia Turno re promisse erede
Del latin regno e indusse a mortal guerra;
E morto fu, ché morte indi procede.
Gellosia Iuno dea, più volte in terra
Fece venir, per varii amor di Giove,
Ché mai non posa un cor, che in sé la serra.
Gellosia fe' Vulcano, in forme nove,
Pigliar Venere e Marte entro le rete,
E il Sol ne fece manifeste prove
Con gli ecclipsi soi, segni e comete.
Capitulo terzo de Speranza
Speranza unita tien col corpo un'alma
Tal'or, che senza lei non staria in vita;
Poi spesso gionge a vittoriosa palma.
Speranza dubbio alcun non ha smarrita,
Ma sta ferma e costante fino al fine,
Quando ragione al suo sperare aita.
Speranza, terminata in un confine,
Se vol passar più là che non convene,
Prima che colga il fior trova le spine.
Speranza quanto più con ragion vene
Più dolce cibo è al cor de chi sen veste;
E si al contrario ven, porta più pene.
Speranza ci mantene in giochi e 'n feste,
Quando il poter col voler se misura;
Ma, senza ordine, ha in sé cose moleste.
Speranza amica sei pur di natura:
Tu tieni i toi seguaci in tanta pace,
Che alcun patir, non gli par cosa dura.
Speranza, se tu se' ancor pertinace,
A chi possede il suo dubbio li poni,
Tal che a dir bene i', non sarìa audace.
Speranza ottener fa, che altri non doni
Quel che a l'anima agrada; e par che l'abbia
Quel che voglia, né alcun par se gli opponi
Speranza non consente un preso in gabbia
Dolente star, quando seco dimora;
Né un rotto in mar, sì ben è in secca sabbia.
Speranza desta il pover che lavora
A zappare, a spianare un monte, un lago,
Ché frutto spera a le fatiche ancora.
Speranza Orazio fece essere un drago
A far tagliare il ponte e gire al basso,
De la salute de la patria vago.
Speranza a Iason, d'almo non lasso,
Con gli Argonauti, a l'aureo velo adusse
Per molti casi, al periglioso passo.
Speranza fe' che Iudith condusse
Fuor di battaglia, e Oloferno al fine
Tolse, che altro che speme par non fusse.
Speranza Enea fuor del Troian confine
Guidò in Italia, e i successor fundorno
Alba e poi Roma, a le gente latine
Che domitor del mondo un tempo forno.
Capitulo quarto de Amore
Amore, un che con te cerchi bon stato
Sollicito, amoroso e prompto sia,
Ché nel fine a chi dura il pregio è dato.
Amor, dubbio non è che gellosia
In qualche parte ogni or non te acompagni:
Ma poca è bona e troppa è cosa ria.
Amor, termine e 'l fin de toi guadagni
È un sospirar continuo infino a morte;
E chi un dì ride, un anno advien se lagni.
Amor, questo desio stringe sì forte
De seguir quel, di che gli preme il core,
Ch'a lo effecto non par che s'aprin porte.
Amor ce insegna non aver timore
In qual si vogli impresa, ché un ardito
Sempre nella sua corte è vincitore.
Amor, se qualche volta ha un cor ferito
E lo risani con quel proprio strale,
Oh quanto nel suo regno è favorito !
Amor sette anni andar, quale animale,
Fece quel savio Re, ché la sua leggie
El principe al suo servo adduce equale.
Amore ottenne che a guardare el greggie
Di Ameto Apollo stette; e a lui crudele
Non fu al fin poi; ma così i soi correggie.
Amor nove arti trova e sotto il méle
L'esca tien sempre, e soi servi contenta,
Quando se ne ritrova alcun fidele.
Amor de ciascun servo el desio tenta
E s'il ritrova vano, in forme tante
El volgie, ch'ogni dì par si lamenta.
Amor quel grande Cyclope gigante
Fece per Galatea tanto amoroso,
Che più di lui forse non arse amante.
Amor Paride fece sì animoso
Che ardito fu a rapire Elena bella,
Ché ciascun core amor fa generoso.
Amore, a Vener figlio, fece ch'ella
Per Adone arse e per lui tanto accese,
Che Amore infonde ancor dal ciel sua stella.
Amor fece che Giove giù discese
In varie forme, in tauro, in cygno, in oro,
E Ganimede in aquila ancor prese;
E fe' Pasiphe innamorar de un toro.
Capitulo del trionfo del vano Mondo
Mondo, da' pazzi vanamente amato,
Portarti un fol su l'asino presume,
Ché i stolti sol confidano in tuo stato.
L'ocio Sardanapallo occioso in piume
Tenne e in lascivie concubine e gola
Tanto che del regnar perse il costume.
Fatica fece Ippolita, che sola
De le amazone, meritò corona;
E in Scizia e in Grecia ancor suo nome vola.
Desìo accese Acteon de una persona
Celeste, sì che in Cervo fu converso:
Però troppo alto l'om desìo non pona.
Ragion fe' Laura del fanciul perverso
Cupìdo trionfar, che mai non torse
Occhio da la virtù, né il piè in traverso.
Secreto Antioco fu, tanto che corse
Per Stratonica quasi fino a morte:
Ma il fisico gentil ben lo soccorse.
Grazia a' secreti e savii non va a sorte,
Ma con ragion, ché con amore ha il vanto
Colui che asconde le passion più forte.
Sdegno Erode Re occupò tanto,
Che, fatta occider Marianna, poi
La chiama e con Amor si duol col pianto.
Pazienza ebbe Psiche ai casi soi
E però fu soccorsa nelli affanni
E fatta Dea nel fin, che è exemplo a noi.
Error lacob fe' sette e sette anni
Servir, ché di Rachel Laban non disse:
Ma il tempo restaurò tutti i soi danni.
Perseveranza in Penelope visse
Tanta, che al tessere e disfar le tele,
Meritò rïaver l'amato Ulisse.
Dubbio a se stesso Egeo fece crudele,
Ché a morir se gittò nel mare in fretta,
Visto Teseo tornar con negre vele.
Fede ebbe Sofonisba, non suspetta
A Massinissa, ch'el venen promisse,
Se a seguire il trionfo era costretta.
Inganno Nesso, che a Dianira disse:
Dà questa veste ad Ercole col sangue
Se advien che d'amor mai teco abbia risse.
Sapienzia fu, come in callido angue,
In Ipermestra, che in feminei panni
Salvò il marito dal timore exangue.
Caso cadde in Pompeo, che per tanti anni
Era reducto al summo de la rota,
E al fin fortuna il sommerse in affanni.
Modestia Emilia, de Scipion devota
Moglie, ebbe, che trovato con l'ancilla,
Tacque el peccato, per non dargli nota.
Pericul de gran foco una favilla
Porta: ecco Caesar morto nel senato
Da doi; e fuggì già il furor de Scilla.
Experienzia in Rea fu, che occultato
Giove nel monte de Ida, ordinò i suoni,
Ché al pianger suo non fusse ritrovato.
Tempo che gli omini a la morte sproni
Nestor servasti; e se pur vinne al fine
De un viver tal non par che se ragioni.
Oblivion di termine e confine
Del tutto sei: Elice e Dido a Lete
Menasti, e famma e tempo hai in toe ruine.
Fortezza d'animo in Lucrezia liete
Exequie fece: per purgar sua fama
Se uccise; e all'offensor tese atra rete,
Dando exempio a chi il nome, e l'onore ama.
Finis
[Parte]
Argumento de li ditti capituli de Matteo Maria Boiardo sopra un novo gioco de carte.
I
Quattro passion de l'anima signora
Hanno quaranta carte in questo gioco.
A la più degna la minor dà loco
E il loro significato le colora.
Quattro figure ha ogni color ancora
Che ai debiti soi officii tutte loco,
Con vinti et un triumfo al più vil loco
E un folle più ch'el folle el mondo adora.
Amor, Speranza, Gellosia, e Timore
Son le passion, e un ternario han le carte
Per non lasciar chi giocherà in errore.
Il numero ne' versi si comparte,
Uno, due, tre, fin al grado magiore:
Resta mo' a te trovar del gioco l'arte.
II
Sonetto excusato
Veggio il mio error, pur il comun inganno
Sieguo, e stimo il mio fallo assai minore,
Ché errar con la più parte è manco errore
Che sol salvarsi, in un publico danno.
Gli omini veggio, che ingannando vanno
Lor stessi, in farsi tal'or tor l'onore
Onde per far l'inganno ancor magiore
Questo gioco ho composto e i' stesso il danno.
Perché altro non è lui, che sproni, anci ale,
Che il tempo, tanto prezioso e caro,
Via manda, come corda d'arco un strale.
Ma poi che a traer quel non è riparo,
E il fuggir tedio è instincto naturale,
Scusomi anch'io si da natura imparo.
[Sezione B]
1
Quatro passion de l'anima signora
Hanno quaranta carte in questo gioco;
A la più degna la minor dà loco,
E il lor significato le colora.
Quatro figure ha ogni color ancora,
Che a i debiti soi officii tucte loco,
Con vinti et un Trionfo, e al più vil loco
È un Folle, poi che 'l folle el mondo adora.
AMOR, SPERANZA, GELOSIA, TIMORE
Son le passion, e un terzetto han le carte,
Per non lassar, chi giocarà, in errore.
El numero ne i versi se comparte;
Uno, duo, tre, fin al grado magiore:
Resta mo a te trovar del gioco l'arte.
2
AMORE, un che cum te cerchi bon stato,
Sollicito, animoso e prompto sia,
Ché nel fin a chi dura el pregio è dato.
AMOR, dubio non è che gelosia
In qualche parte ognor non te acompagni:
Ma poca è bona, e troppa è cosa ria.
AMOR, termine e fin de toi guadagni
È un sempre sospirar infin a morte;
E chi un dì ride, un anno advien se lagni.
AMOR, questo disio stringe sì forte
Di consequir quel che gl'imprime al core,
Che a l'effecto non par che se aprin porte.
AMOR ce insegna non aver timore
In qual se voglia impresa: ché un ardito
Sempre ne la sua corte è vincitore.
AMOR, se qualche volta ha un cor ferito,
E lo resani cum quel proprio strale,
Oh quanto è nel suo regno favorito!
AMOR septe anni andar, come animale,
Fece quel savio re: ché la sua lege
El principe al suo servo adduce equale.
AMOR obtenne, che a guardar la grege
D'Ameto Apollo stesse, e a lui crudele
Non fu al fin poi; ma cusì i soi correge.
AMOR nov'arte trova; e sotto el mele
L'esca tien sempre; e i soi servi contenta,
Quando se ne ritrova alcun fidele.
AMOR de ciascun servo il disìo tenta;
E se 'l ritrova vano, in forme tante
Il volgie, che ogni dì più se lamenta.
AMOR questo gran Ciclope gigante
Fece per Galatea tanto amoroso,
Che più de lui forse non arse amante.
AMOR Paride fece sì animoso,
Che ardito fu rapir Elena bella,
Ché ciascun cor Amor fa generoso.
AMOR, a Vener figlio, fece che ella
Per Adone arse e per lui tanto accese:
Ché Amor infonde ancor dal ciel sua stella.
AMOR fece che Jove già discese
In varie forme, in tauro, in cigno, in oro,
E Ganimede in aquila ancor prese
E fe' Pasiphe inamorar de un Toro.
3
SPERANZA unita tien col corpo un'alma
Talor, che senza lei non starìa in vita,
Poi spesso giunge a victoriosa palma.
SPERANZA dubio alcun non ha smarrita,
Ma sta ferma e constante in fino al fine,
Quando Ragione il suo sperare aita.
SPERANZA terminata in un confine,
Se vôl passar più in là che non convene,
Prima che coglia el fior, trova le spine.
SPERANZA quanto più con rason vene,
Più dolce cibo è al cor che se ne veste;
E se al contrario vien, porta più pene.
SPERANZA ce mantiene in giochi e in feste
Quando il poter col voler si misura;
Ma senza ordine ha in sé cose moleste.
SPERANZA, sei pure amica a natura!
Tu tieni i toi seguaci in tanta pace,
Che alcun patir non li par cosa dura.
SPERANZA, se tu se' ancor pertinace
A chi possede, il suo dubio li poni,
Tal che dir l'è mio non serìa audace.
SPERANZA obtener fa senz'altri doni
Quel che a l'animo aggrada, e par che l'abbia
Quel che vôl già, né alcun più se gli opponi.
SPERANZA non consente un, preso in gabbia,
Dolente star, quando seco dimora,
Né un ropto in mar, si ben è in seca sabbia.
SPERANZA desta il pover che lavora,
A zappar, a spianar un monte, un lago,
Ché fructo spera a le fatighe ancora.
SPERANZA Orazio fece un leo, un drago
A far tagliar el ponte, e andar a basso
De la salute de la patria vago.
SPERANZA Jason, d'animo non lasso,
Con gli Argonauti a l'aureo velo adduxe,
Per molti casi e in periglioso passo.
SPERANZA fu che Judithe conduxe
Fuor di Betulia et Oloferno al fine,
Tolse, che altro che speme par non fusse.
SPERANZA Enea fuor del Troian confine
Guidò in Italia; e i successor fundorno
Alba e poi Roma a le genti Latine
Che domitor del mondo un tempo forno.
4
GELOSIA un vero amor non po' smarrire,
Ché si uno amante va cum pura fede,
Amor il premia al fin del suo servire.
GELOSIA è dura cosa, ove esser vede
Commodo al concorrente nello amore:
Ché al spesso supplicar segue merzede.
GELOSIA tristo rende un lieto core,
Ma spesso è causa ancor, dove ella sprona,
Condurre un che ama a un virtuoso onore.
GELOSIA quando vien, non si propona
Contrastargli alcun mai, ché sforza ogniuno:
Ma el saper tollerarla è cosa bona.
GELOSIA ciascun cerca, e poi ciascuno
La fuge; e prima ogniun vorìa sapere,
Poi di saper vorebbe esser digiuno.
GELOSIA sempre non debbia volere
Il concorrente per nimico; anzi esso,
Se vincer vôl, de' pazïenza avere.
GELOSIA se te gionge a veder presso
A la cosa che tu ami el tuo rivale,
Stimi che 'l parli sempre a tuo interesso.
GELOSIA ove si pone è sì gran male,
Che medicina non se trova a lei;
E si troppo oltra va, cosa è mortale.
GELOSIA non vien manco fra li dei,
Che fra gli omini faccia; ecco Junone
Del suo Jove gelosa, ah casi rei!
GELOSIA di certezza mai non pone
Alcuno in strada, e al ver non apre porte,
E tien fra speme e dubio le persone.
GELOSIA d'Argo e de sue viste acorte
Non fu secura mai, fin che nel piede
Con nome de lo non li fur l'orme sporte.
GELOSIA Turno re, promisso erede
Del re Latino, indusse a mortal guerra:
E morto fu, ché morte indi procede.
GELOSIA Juno dea più volte in terra
Fece venir per varii amor di Jove,
Ché mai non posa un cor che in sé la serra.
GELOSIA fe' Vulcano in forme nove
Pigliar Vener e Marte entro le rete,
E il Sol ne fece manifeste prove
Con gli ecclipsi soi, segni e comete.
5
TIMOR un'alma tien tanto dubiosa
Ch'ella ha poca ragion di viver lieta,
Qual mai non gode e sempre è paurosa.
TIMOR, dov'è qualche pericol, vieta
Pigliar piacere, e tanto un om fa vile,
Che l'animo ragion mai non acquieta.
TIMOR tremar fa l'agnel ne l'ovile
Se di fuor sente il lupo, e sì sta chiuso,
Che appena intrar gli può il vento sottile.
TIMOR quattro destrier d'un carro a l'usol,
Sotto una virga tiene a un giogo stretti;
E molti in servitù, che non gli excuso.
TIMOR ci tien talor, che i nostri effetti
Non possiam dimostrar, che assai ne offende,
Ché compagni al timor sono i rispetti.
TIMOR fa sempre che un non si difende,
Ma supplice ai contrasti se dimostra
E senza arme adoprar vinto se rende.
TIMOR, se tu ti accosti a armati in giostra,
La lor virtù sarà sotto te morta;
Dove tu sei, sempre la fronte il mostra.
TIMOR obturba i sensi, e facia smorta
Rende, e tremito il cor per lui si sente,
E l'occhio il mostra con sua vista torta.
TIMOR non ha sol di quel ch'è presente,
Dubbio: ma teme, ben che sia lontano,
Il periculo, e a sé pargli imminente.
TIMOR de certo è a imaginarlo vano,
E dove timor regna, ogniun concorre
Che invalido quel corpo sia e mal sano.
TIMOR Fineo tra gli omini una torre
Converse in saxo col meduseo volto,
Ché a' timidi fortuna non soccorre.
TIMOR Ptolemeo re sùbito vòlto
Ebbe contra Pompeo, sol per paura
Che Cesar non gli avesse il regno tolto.
TIMOR non lassò Andromeca secura
Del figlio, visto Ulixe: e intrar lo fece
Del patre Ector entro la sepultura.
TIMOR Dyonisio del tonsore invece
Usoe le proprie figlie cum carbone
Per fugir ferro; e al fin non fugì nece,
Ché mal se fugge quel che 'l ciel dispone.
6
Mondo, da pazzi vanamente amato,
Portarti un fol su l'asino presume,
Ché i stolti sol confidano in tuo stato.
Ozio Sardanapalo ozioso in piume
Tenne e in lascivie concubine e gola,
Tanto che del regnar perse il costume.
Fatica fece Ipolita, che sola
Meritò de le Amazone corona;
E in Scizia e in Grecia ancor suo nome vola.
Disio accese Atteon de una persona
Celeste, sì che in cervo fu converso:
Però el desio tropp'alto alcun non pona.
Ragion fe' Laura del fanciul perverso
Cupìdo trionfar, ché mai non torse
Occhio da la virtù né il piè in traverso.
Secreto Antioco fu, tanto che corse
Per Stratonica quasi in fin ad morte;
Ma el fisico gentil ben lo soccorse.
Grazia a secreti e savii non va a sorte,
Ma cum ragion, ché ne l'amore ha il vanto
Colui che è a asconder le passion più forte.
Sdegno questo re Erode occupò tanto,
Che facta occider Mariana, poi
La chiama, e con Amor si dôl col pianto.
Pazienza Psiche ebbe ne i casi soi,
E però fu soccorsa ne li affanni
E facta Dea nel fin, ch'è exempio ad noi.
Error fece Jacob septe e septe anni
Servir, ché di Rachel Laban non dixe:
Ma el tempo ristorò tucti i suo' damni.
Perseveranza in Penelope vixe
Tanta, che, al texer e disfar le tele,
Meritò riaver l'amato Ulixe.
Dubio a se stesso Egeo fece crudele,
Che a morte se gittò nel mare in frecta,
Visto Teseo tornar cum negre vele.
Fede ebbe Sofonisba non suspecta
A Massinissa, ch'el venen promisse
Se a seguire il trionfo era constrecta.
Inganno Nesso, che a Dianira disse:
Ad Ercul dà questa vesta col sangue,
Se advien che abbia d'amor mai teco risse.
Sapienza fu, come in un callido angue,
In Ippermestra, che in feminei panni
Salvò il marito dal timor exangue.
Caso cadde in Pompeo, che per tanti anni
Avea seduto al summo de la rota,
E al fin fortuna el sommerse in affanni.
Modestia Emilia, di Scipion devota
Moglie, ebbe; ché, trovatol con l'ancilla,
Tacque il peccato, per non darli nota.
Pericol di gran foco una favilla
Porta: ecco Cesar morto nel Senato
Da duo; e fuggi già el furor di Scilla.
Experienza in Rea fu, che occultato
Jove nel monte de Ida, ordinò i suoni,
Ché al pianger suo non fusse ritrovato.
Tempo, che gli omini a la morte sproni,
Nestor servasti, e se pur venne al fine,
De un viver tal non par che se ragioni.
Oblivion, che termine e confine
Di tutto sei, Elice e Dido a Lete
Menasti, e fama e tempo hai in toe ruine.
Fortezza d'animo in Lucrezia liete
Exequie fece: per purgar sua fama
Se occise, e a l'offensor tese atra rete
Dando exempio a chi 'l nome e l'onore ama.
7
Vegio il mio error, pur el commune inganno
Sieguo, e stimo el mio fallo assai minore,
Ché errar con la più parte è manco errore
Che sol salvarsi in un publico danno.
Vegio che gli omini ingannando vanno
Lor stessi in farsi parer corte l'ore:
Onde, per far l'inganno ancor magiore,
Questo gioco ho composto e io stesso el danno,
Perché altro non è lui che sproni, anci ale
Che 'l tempo, tanto prezioso e caro,
Via manda come corda d'arco un strale.
Ma poi che a tener quel non è riparo,
E il fuggir tedio è instincto naturale,
Scusomi anch'io se da natura imparo.