Lorenzo
de' Medici
Novella
del Grasso Legnaiuolo
Edizione di riferimento: nella redazione del
codice Palatino 200, a cura di Michele Barbi, Accademia della Crusca, Firenze
1968
Fu
in Firenze nel 1410 certi giovani che dubitandosi di pistolenzia per alquanti che di cio
s'ammalarano, la qual pistolenzia
seguì l'anno seguente 1411; onde e detti giovani, per fuggire quegli pensieri,
si ragunavano quasi ogni sera a cena insieme, quando
a casa d'uno e quando a casa de l'altro, con facendo insieme molte piacevolezze
e giuochi. Infra gli altri v'era uno giovane che avea nome Mariotto, ma non era
chiamato né tenuto se non per el Grasso legnaiuolo. Ora costui era semplice persona, ma bonissimo maestro de l'arte sua, e massime di tarsie; e per
faccende, ovvero per avarizia, s'era alquanto tolto da queste cene, e era stato
parecchi dì che non v'era suto; onde la brigata ne
incominciò a mormorare che 'l Grasso gli aveva così abbandonati, e massime perch'era di bassa condizione a rispetto degli altri. Onde
una sera infra l'altre, ragionando infra loro che 'l Grasso non gli degnava, disse uno di loro
che aveva nome Filippo di ser Brunellesco: «Per la
mia fé, se voi volete aiutarmi, io gli farò un
giuoco, che gli farò parere [d'essere] uno altro». Risposono
tutti essere contenti. Ora costoro rimasano insieme
d'accordo di quello volevano fare, come udirete. L'altro dì, presso alla sera,
Filippo se n'andò alla bottega del Grasso: la quale bottega era in sulla piazza
di San Giovanni; e sopra la bottega avea la casa
della sua abitazione, quantunque avesse l'entrata seperata
dalla sua abitazione; [e 'n] casa era el Grasso e la
madre, e non altri. Ora usava la madre del detto Grasso, alcuna volta quando
voleva fare bucato, andare a farlo a una loro possessione che si chiamava in
Polverosa, appresso alla città, dove avea una acconcia
abitazione, oltre a quella del suo lavoratore; e costei in questi dì v'era
andata. Ora stando Filippo a vedere lavorare el
Grasso, disse Filippo al Grasso: «Vuo' tu darmi
stasera cena?» Rispose el Grasso: «No, perché mia
madre non è nella terra». Disse Filippo: «Dove è?» Disse el
Grasso: «Egli è più d'un dì ch'ella andò in villa a fare el
bucato, ed è dua dì che doveva tornare e non è
tornata, di che molto me ne maraviglio». Allora
Filippo cominciò a ghignare: «Io non me ne maraviglio
già io». Disse il Grasso: «Perché non te ne maravigli
tu?» Disse Filippo: «Perché no». Allora il Grasso gli entrò sospetto, e disse:
«Deh, dimmi perché». Rispose Filippo: «Io non tel voglio dire». Disse el Grasso di nuovo: «Perché non me lo vuo'
tu dire?» Disse Filippo: «Perché tu ti crucceresti». Disse el
Grasso: «Non farò». Disse Filippo: «Se tu mi voi promettere di non ti
crucciare, io tel dirò». Rispose el Grasso: «Non
farò, per la mia fé; [non] mi corruccerò di niente».
E in questo parlare Filippo il tenne tanto in tempo, che pensò che le porte
della città fussono serrate; poi gli disse: «Fratel mio, tu sai ch'io sono venuto più volte teco in
villa e statovi un dì e dua per volta, quando v'è
stata monna Giovanna tua madre; e sai che tu hai per vicino el
prete, che è giovane fresco e bello, e fatti molte carezze; e ho veduto che fa
uno buono occhio a monna Giovanna tua madre, e monna Giovanna a lui; sì che
s'ella vi soprastà, non te ne maravigliare». Allora el Grasso udendo quelle parole, che invero non credo ne fusse niente, perché essendo il prete giovane [ed ella] di
circa a anni quaranta sana e fresca donna sanza
marito e avendo l'agio e il tempo, nonn'è da credere;
ma pure el Grasso ne prese grande maninconia,
e disse: «Tu hai fatto male a penare tanto a dirmelo, perché se me lo avessi
detto prima che fussono serrate le porte, sarei
andato insino in villa e nascostomi in luogo, che
quando el prete fusse intrato in casa, gli arei
insegnato cantare una nuova messa. Ma io mi leverò domattina dall'aprire della
porta e anderonne là, e se vel
giungo, el concerò per modo non ne mangerebbono e cani». Disse Filippo: «Non ti dissi io che
tu ti crucceresti?» Disse el Grasso: «Come diavole!
sono queste cose da non si crucciare?» Disse Filippo: «Mai no, che non se [ne]
vuole crucciare: lascia fare a chi fa» «E' par sì buono a te?» disse el Grasso. «Tu mi faresti rinnegare la fé,
che quello schericato traditore faccia simil cosa a mia madre! E al corpo di Giuda, s'io vel giungo, il concerò per modo che non ne mangerebbono e cani». Disse allora Filippo: «Tu se' una bestia. Come vuoi tu far male a chi vuol bene a te
e alle tue cose?» El Grasso disse: «Tu mi faresti
dare l'anima al diavolo». Disse Filippo: «El pensiero
lascio a te, poiché tu vuoi essere una pecora». Disse el
Grasso: «Io non viddi mai il più strano omo di te!»
Rispose Filippo: «Se tu mi volessi credere, io ti direi el
parere mio, che sarebbe il ben tuo; ma poi che tu [non] mi vuoi credere, io non
tel voglio dire». «Per certo» disse el Grasso «tu mel dirai, e ti prometto di fare quello che mi dirai».
Allora Filippo disse: «Poi che tu [ti] vuoi attenere al mio consiglio, io tel
dirò. Tu sai che queste sono cose rincrescano, e massime agli uomini che hanno
alquanto d'intelletto: el prete è pure astuto, e tua
madre invecchierà; fa vista di non vedere, lassagli
fare tanto che esca loro gli occhi. El prete n'anderà pure col peggio, credimi: che vuoi tu maggior
vendetta? «El Grasso cominciò a soffiare, e andava di
su in giù per la bottega senza parlare niente. In questo andare, Filippo, sapea dove stava appiccata la chiave della casa in bottega,
tolsela che 'l Grasso non se ne avvide, e poi disse
al Grasso: «Serra la bottega, e andiamo alla Nunziata inanzi
che sia più notte». E così andarano senza parlare
niente l'uno a l'altro; e giunti in chiesa andarano a
torre l'acqua benedetta, e come sapete ch'è usanza che ognuno va a 'nginochiarsi chi in uno luogo e chi in un altro, Filippo
lasciò andare el Grasso inanzi,
e lui diè volta indrieto
con uno de' loro compagni, che l'aspettava; e andarono
a casa del Grasso, e apersono l'uscio e entrarono
dentro, e andarono suso e accesono
in sala un gran fuoco, e lasciarano le finestre
aperte, acciò che si vedesse el
lume su per la piazza di San Giovanni. E avea Filippo
lasciato uno delli suoi compagni in sulla detta
piazza e dettogli: «Quando tu vedi che 'l Grasso viene, fischia forte, sì ch'io
t'oda». El Grasso poi ch'ebbe dette le sue divozioni a Nostra Donna, si levò ritto e guardò per
Filippo, e non vedendo se ne venne verso casa. E quando giunse in sulla piazza,
il compagno di Filippo fischiò; e Filippo, intese, cominciò a contraffare monna
Giovanna madre del Grasso, e 'l compagno contraffacea
il Grasso: e contendendo insieme, il Grasso guardò alle finestre e vidde sì gran lume, e disse in fra sé: «Forse che monna
Giovanna sarà tornata», e andò verso l'uscio e sentì contendere che gli parea la madre con uno. Maravigliossi,
e trovò che la chiave non v'era, e andò a l'uscio di casa e stava a udire. E
quello che contraffacea el
Grasso diceva a monna Giovanna: «Che vuol dire che voi siate tanto stata?» Ella
rispondea: «Ho fatto quello m'è piaciuto». Diceva
quello che contraffaceva el Grasso: «Eh, quanto v'è
piaciuto! Voi vi doveresti ben vergognare». Ella
diceva: «Di che?» Lui diceva: «Eh! 'l sapete ben voi». Ella diceva: «Che vuo' tu dire?» «Vo' dire che voi
faresti il meglio attendere ad altro e tenere altri modi, ché non si dice altro
per questa terra se non de' modi che voi tenete in
questa maladetta villa». Disse quello che
contraffaceva monna Giovanna: «Dio ti dia il male anno e la mala pasqua,
ribaldo che tu se'!» Diceva quello che contraffaceva
il Grasso: «Pure oggi venne da me uno buono cittadino, mio caro amico....» e
qui li disse appunto quello che Filippo glie avea
detto al Grasso proprio in bottega la sera. Maravigliandosi
forte el Grasso diceva in fra sé: «Che diavolo è
questo? Quella è monna Giovanna, e quello parla con lei, alle parole pare
essere me». Monna Giovanna diceva al Grasso: «Grasso, tu se'
impazzato o tu se' imbriaco,
alle parole che tu di'». El Grasso non si arrischiava
di picchiare l'uscio, e pure infine picchiò forte. Quello che contraffaceva el Grasso disse: «Chi è laggiù?» Rispose el Grasso: «Sono io». Disse quel di dentro: «Che vuo' tu?» Rispose el Grasso:
«Apri». Disse colui: «Matteo, vatti con Dio per istasera,
ch' i' ho altro che fare». Disse el
Grasso: «Io sono il Grasso e non Matteo». Disse colui: «Qual Grasso?» Rispose el Grasso: «El padrone di questa
casa». Allora disse quel d'entro: «Tu mi darai ad intendere ch'io sia
Calandrino, a dire che tu se' me. Io ti dico: Matteo,
se tu hai troppo beuto, vattene a casa e dormi e non
mi dar più affanno, ch'io ne [ho] troppo». Allora el
Grasso picchiava, e stava come smarrito. E quello di dentro disse: «Per la mie fé, se tu picchi più, io torrò
uno bastone e verrò giù e darotti tante bastonate,
che tutto ti romperò». E non restando el Grasso di
picchiare, quello di dentro tolse un bastone e corse giù per la scala e aperse
l'uscio; e 'l Grasso, ch'era vile, fuggì in sulla piazza, e vide colui che ha
il suo cuoio indosso e la sua cappellina in capo, e
sta come smarrito. Quello d'entro diceva: «Vien qua,
poltrone!» In quello passò dall'uscio quello che aveva fischiato, e disse a
quello ch'era in su l'uscio: «Buona sera, Grasso: che romore
è questo?» Disse colui: «Egli è un pazzo d'un Matteo che mi picchia l'uscio e
dice che vuol venire in casa a mio dispetto». Disse colui: «E' debba essere imbriaco. Grasso mio, vattene e lascialo ire in mala ora».
Allora serrò l'uscio, e 'l Grasso che avea udito ogni
cosa, [stava come] insensato e non sapea che si fare.
In questo passò Piero Pecori, uno de'
loro compagni, e il Grasso se gli fé incontro e
disse: «Chi sono io? «Disse Piero: «Se' una bestia»;
e andò via. In quello venne un altro lor compagno che
avea nome ser Iacopo Mangiatroia: il Grasso se gli fé
incontro, e ser Iacopo disse: «Buona sera, Matteo». El Grasso rispose: «Che Matteo? Io sono el
Grasso». Disse ser Iacopo: «Che Grasso? Io ti conosco
che tu se' Matteo»; e andò all'uscio della casa e
chiamò forte: «O Grasso!» El Grasso di dentro
rispose: «Messere». – «Apri l'uscio». Colui gli aperse, e ser
Iacopo andò su. Ser Iacopo diceva: «Grasso, tu se' una bestia; tu ti fai sentire per tutta la piazza!» E
monna Giovanna diceva, e 'l Grasso rispondea. El Grasso stava in sulla piazza e udiva ogni cosa, e era
mezzo morto. In questo venne uno messo degli ufiziali
della Mercatantia con parecchi birretti.
Innanzi venne uno giovane del fondaco degli Alessandri,
e presono il Grasso e dissono: «Matteo, vien con noi». Disse el Grasso:
«Io non sono Matteo, anzi sono il Grasso». Disse quel giovane: «Tu non dicesti
così quando togliesti quel panno dal fondaco. Io t'ho fatto credenzia,
e chiesi cento volte questi danari, e ha' ti fatto
beffe di noi, e di' che se' il Grasso: menatel via e vederemo chi sarà».
E così lo menorono alla Mercatantia,
e messollo in prigione. Erano e prigionieri informato
di questo fatto, e quando entrò dentro, tutti dissono: «Ben venga Matteo. Che
vuol dire questo che tu se' qua?» Disse il Grasso:
«Io n'uscirò domattina». E la mattina venne alla prigione uno loro compagno che
aveva nome Filippo Rucellai: el
Grasso era alla finestra, e Filippo fé vista di nollo conoscere e disse: «O compagno, deh, in servigio,
chiamami il tale», che era in prigione. Colui l'udì e venne oltre. Disse al
Grasso: «Matteo, deh levati un poco di qui, ché io ho bisogno di parlare con
costui di segreto». El Grasso si levò, e quando
costoro ebbono parlato, volendosi Filippo partire,
disse el Grasso: «O valente uomo, conoscete voi uno
che ha nome il Grasso legnaiuolo, che ista in sulla piazza di Santo Giovanni? Rispo[se]
Filippo: «Non conosco io? altro! Egli è grande mio amico, e pure iermattina fu io da lui a sollecitare uno colmo d'altare
che mi fa». E era vero. Disse il Grasso: «Io vi priego
che gli diciate che venghi insino
qui ad uno suo amico che ha nome Matteo». Disse Filippo: «Volentieri»; e andò
via. Dipoi venne il giudice della Mercatantia con
libro ove erano scritti il nome de' prigioni e disse:
«Qual è Matteo?» El Grasso rispose: «Eccomi». In
sull'ora del disinare venne uno garzonetto
che avea un fiasco di vino e uno canestro di pane e
altre cose da mangiare, e domanda di Matteo; el
Grasso rispose e venne a lui. Disse quel garzonetto:
«Tenete questa vivanda [da]i vostri fratelli». Disse el
Grasso: «Gran mercé a loro; e dì loro per mia parte che io gli priego che venghino oggi insino qui a parlarmi». E colui rispose: «Volentieri»; e
partissi.... in sulle ventidua ore, e dipoi vennono due giovani e domandarono di Matteo. Disse uno de' prigioni: «E' dorme». – «Chiamatelo, e ditegli che sono
qui e fratelli che gli vogliono parlare». Allora quello prigione chiamò: «O
Matteo, e' son qui e tuo'
fratelli che ti vogliano parlare». El Grasso si levò
così sonnacchioso per la malinconia e del disagio dello stare in prigione, che
per avventura non era uso, e andò a loro; e giunto disse: «Siate i ben venuti».
Rispose el maggiore: «El mi
viene voglia di dire: tu sia el mal trovato, ché se' pur giunto dove sempre abbiamo dubitato. Matteo, tu sai
quanto la vita tua è stata scellerata, d'andare dirieto
a' ribaldi e al giuoco e a mille altre disonestà: per
li modi tuoi facesti morire nostra madre inanzi al
tempo. Ma come si sia, tu ci se' fratello e siamo
d'un padre e d'una madre; la carne ci stringe: se tu ci vuoi promettere
d'attendere a fare bene, noi te ne cavereno». Allora
cominciò il Grasso a lagrimare e disse: «Frategli miei cari, del male ch'io ho già fatto, e d'essere
stato cagione della morte di quella poveretta di nostra madre, me ne incresce insino alI'anima, e promettovi, se mi cavate di qui, io attenderò a fare bene e
non mi partirò da' vostri comandamenti». Risposono i
fratelli: «Noi siamo contenti pagare questi debiti e cavarti di qui, ma guarda
attenderci quello ci prometti, ché nollo attendendo,
se ti vedessimo in sulle forche non ti ricompreremmo un danaio».
Rispose il Grasso: «Sicuramente io ve lo atte[nde]rò». Or quelli fratelli si partirono. Eccoti tornare quello
garzonetto per lo [canestro del] pane e per lo fiasco.
Disse il Grasso: «Eccolo; e non arrecare più niente, perché credo venire
stasera a cena a casa». In sulI'avemaria eccoti
venire e fratelli, e trassono el
Grasso di prigione; e missollo in mezzo e menarollo in una casa rimpetto a Santo Giorgio, e missollo in una camera terrena dove era uno buono fuoco, e
dissono: «Statti qui insino a ora di cena». El Grasso rimase solo, e' fratelli ferono
vista d'avere a fare per casa e uscirono fuori di casa e andarono alla chiesa
di Santo Giorgio, dove il dì avevano parlato con uno cappellano forestieri che
v'era venuto a stare di pochi dì, e aveva[n]gli detto come avevano uno loro
fratello, che aveva nome Matteo, e eragli entrato in
capo una fantasia che gli è uno che si chiamava el
Grasso legnaiuolo e non se gli potea
cavare della testa, e pregorollo per Dio che volesse
visitare e ingegnarsi di cavarlo di tal fantasia. Onde il prete avea loro risposto: «A vostra posta»; e loro andarono per
lui, e menarallo nella camera ove era el Grasso e disso[n]gli: «Matteo,
tu sai quello che tu ci hai promesso, di volere attendere a fare bene per
l'avvenire e pentirti di quello hai fatto per lo passato: e per tanto noi ti
vogliamo pregare, acciò che Dio ti dia grazia acciò che tu ce lo possa attendere, che tu ti confessi; e
però t'abbiamo menato questo venerabile padre, il quale lasceremo qui con
teco». E detto questo uscirono di camera e lasciorono
il prete con el Grasso. El
prete si pose a sedere a lato al Grasso, e cominciollo
a esaminare qual fusse stata la vita sua per lo passato.
El Grasso cominciò a dire come era legnaiuolo e invero avea nome el Grasso, ma costoro volevano che fusse
Matteo. El prete gli rispose: «Figliuol
mio, cavati questa malinconia della testa e datti ad intendere d'essere Matteo como tu se', e lascia andare
questo maladetto Grasso» Disse el
Grasso: «Di quali peccati volete voi mi confessi, di quegli di Matteo o di
quegli del Grasso? Disse el prete: «Di quegli di
Matteo». Rispose il Grasso: «Questa è una nuova cosa che io sia il Grasso e convengami confessare e peccati di Matteo». El prete diceva: «Tu hai voglia d'impazzare, ché ogni uomo
dice certo che tu se' Matteo; e parmi,
poi che tu non conosci te medesimo, una strana fantasia la tua a volere
diventare un altro!» El Grasso diceva: «Fatemi un
servigio; poiché io sono Matteo, fatemi parlare al Grasso e sarò contento».
Diceva il prete: «Questo non fa per te; lascia istare
questo Grasso, e cavati questa fantasia del cervello». E infine tanto gli
disse, che 'l Grasso promisse al prete di non si dare
più ad intendere d'essere se non Matteo. Chiamò il prete e fratelli: «Matteo
vostro è qui, farà per l'avvenire ciò che voi vorrete, e sì s'è avveduto dello
errore suo e vuole essere Matteo e vostro fratello come egli è»: e così ritificò el Grasso. Or fatto
questo, el prete fece collazione con loro, e poi il
prete si partì, e li detti gli feciono compagnia infino alla chiesa; e tornando a casa trovorono
Filippo di ser Brunellesco, che diede loro una impolletta d'acqua addoppiata da
fare dormire sei ore ferme. E andarossene e fratelli
a casa a cena col Grasso, e nella cena dierono nel
vino quella acqua alloppiata a bere al Grasso; e come
ebbe beuta, cominciò el sonno a vincere el Grasso per modo che 'nanzi che
avesse cenato s'adormentò a tavola. E adormentato che fu, Filippo venne qui con parecchi compagni
con una bara e missonvi dentro el
Grasso, e sì lo portorono a casa sua e missollo nel letto spogliato e colla sua cappellina in capo: e tolso[n]gli
le chiavi della scarsella e andorono aprire la
bottega, e quanti ferri v'erano trasseno del manico e
rimiso[n]gli al contrario, e simile alle seghe e alle
pialle, per modo che ogni cosa stava a ritroso: e fatto questo serrorono la bottega e rimisono
le chiavi 'ndella scarsella al Grasso,'e serrarono
l'uscio dentro e con una scala uscirono per la finestra. El
Grasso dormì presso a dì, e dipoi si destò e guardando per la camera, che v'era
la lucerna accesa, apparvegli pure dov'egli [era e
ripensando ciò che gli] era advenuto el dì dinanzi, diceva in fra sé.... l'avemaria di Santa Liperata; e allora el Grasso si
levò, e aperse la finestra di sala e vide la piazza di San Giovanni. Allora
disse: «Laudato sia Iddio, ch'io sono pure il Grasso
e sono in casa mia!» E andossene giù e aperse la
bottega, e volendo cominciare a lavorare, trovò tutti i ferri messi a ritroso.
E allora cominciò a 'mbizzarire in fra se medesimo
dicendo: «Cred'i' che la fortuna m'abbia tolto a
ciancia». E stando in questo venne lì alla bottega quelli dua
giovani che avevano [detto] d'essere suoi fratelli, e come giunsono,
el Grasso li riconobbe. Allora dissono: «Bon dì,
maestro». El Grasso rispose: «Bon dì e buono anno».
Dissono costoro: «Noi abbiamo uno nostro fratello che ha nome Matteo, e ègli entrato una pazzia nel capo che dice che ha nome il
Grasso legnaiuolo, e iersera
uscì di casa e non sappiamo dove si sia capitato: noi vi preghiamo, se vien qui, che gli caviate del capo che sia il Grasso e
rimandatelo a casa, e sarenvi sempre ubligati». El Grasso si schifò, e
gittò quelli ferri che racconciava per la bottega
dicendo: «Andatevi con Dio, al nome del diavolo: che Grasso e che Matteo è
questo? Per lo corpo di Dio, io mi vi leverò dinanzi». E serrò lo sportello
della bottega e tolse il mantello, e andò verso l'abergo
della Corona. E di rimpetto al detto albergo era la casa di messere Filippo
Scolari, grande spano d'Ungheria, el
quale, come sapete, era il maggior barone che avesse lo imperadore
Sismondo; e in quel tempo era venuto in Firenze
onorevolmente con più di trecento cavalli e molti signori e gentili uomini in
compagnia. E nel tempo che stette in Firenze cercò di menar seco maestri di
diversi arti con promettere loro grande provvisione; e in fra gli altri avea fatto richiedere questo Grasso, e lui avea risposto al tutto di non volere andare, ed erasi spiccato di questa pratica. Onde essendo lui in su
questa bizzarria, vidde molti cavalli carichi di
forzieri e di valigie, e udì uno che disse: «Che some son
queste?», e uno famiglio rispose: «Sono dello Spano
che va via stamane». Allora el
Grasso si ricordò di quello che lo Spano l'avea richiesto e fatto da altri richiedere, e subito n'andò
a casa lo Spano, e trovò che già era montato a
cavallo; e andò da lui e, fattogli riverenzia, gli
disse: «Signor mio, voi m'avete fatto richiedere se io voglio vevenire con voi in Ungheria, e io ho risposto di no. Al presente, in questo punto, se 'l vi piace, io verrò
con la S. V.: fatemi dare uno ronzino». E sanza dire
niente a persona andossene in Ungheria; dove la
fortuna gli fu sì favorevole, che vi diventò gran ricco. E Giovan
Pesce nostro fiorentino, mercatante e abitante in Signa di Schiavonia, uomo degno
di fede, lo trovò nel 1446 a Buda di Schiavonia, di cui sentì ordinatamente questa novella,
dicendo che le beffi l'avevano fatto ricco.