Leon Battista Alberti
Leon Battista Alberti saluta Landino.
A causa di una leggera febbre me ne stavo a letto senza forze durante le ore meridiane assistito da alcuni amici, quando ci fu recapitata una lettera di Guarino e con essa la Mosca di Luciano, che egli aveva tradotto in latino e aveva dedicato a me. La lettura attenta della lettera e della Mosca ci rese più allegri. "Chi di voi" ‑ dissi ‑ "vuole, come ci è abituale, scrivere sotto mia dettatura?". Immediatamente presero le penne ed io senza pensarci troppo composi questa Mosca con tanto divertimento che da quel momento si dileguò il fastidio della febbre che venne espulsa con un leggero sudore. L'indomani il nostro Marco mi chiese di mandartela, affinché anche tu ridessi. Me ne rallegro e ringrazio le mosche che mi hanno aiutato a riacquistare la salute.
Si dice che non so quale filosofo di celebrata fama era solito stupirsi della sciocchezza degli uomini, perché trascurano la maggior parte delle cose che si mostrano con assoluta evidenza e che facilmente si possono conoscere; mentre si sforzano di scrutare con tutto il loro zelo e la loro sagacia quelle che la natura ha occultato e confinato in luoghi oscuri. E vanno dicendo che costui così si lagnasse di questo comportamento: "Non la smetteremo mai noi stolti uomini con la nostra molesta curiosità di scandagliare la distesa del cielo e i moti degli astri e altri simili cose che anche la natura conosce appena? E delle superiori qualità di un essere vivente rispetto ad un altro essere vivente o dell'utilità che possono arrecarci per una condotta di vita onesta e felice soprattutto coloro con cui trascorriamo la nostra esistenza, non ci preoccupiamo minimamente? Quanti sono quelli che interrogati su queste familiari faccende (metto da parte questioni più gravi), possono dire con sufficiente chiarezza, secondo la loro competenza, quale utile ricava l'uomo dal bue e dal cavallo? E forse questo vizio degli uomini non deriva da altri fattori se non dal disprezzo per ciò che si aggira sotto il nostro sguardo, per cui, mossi quasi da fastidio, non apprezziamo quel che ci arreca vantaggio e andiamo infine ricercando ciò che con l'energia e l'iniziativa dell'ingegno umano non è assolutamente possibile ottenere conforme ai nostri voti". Dal momento che giustamente uomini accorti e dediti alla conoscenza dei beni più alti hanno ritenuto opportuno dedicarsi all'esame attento dei problemi domestici e familiari, per migliorare sull'esempio di questi la loro condotta di vita, chi potrebbe disapprovare il nostro scrupolo, se nella disamina dell'indole e del comportamento di creature tanto piccole spenderemo un po' della nostra fatica durante il tempo libero e per un piacere dell'intelligenza? Secondo me, non dovremmo essere del tutto disapprovati da chi ama il sapere, poiché i nostri lettori comprenderanno che proprio la natura ha voluto che le buone qualità del vivere non fossero appannaggio di una sola specie e che da qualsiasi umile creatura derivasse qualche giovamento all'uomo.
Tuttavia la mosca, di cui parleremo molto in breve, vanta grande prestigio tra gli alati per nobiltà di natali e antico fulgore degli antenati; perciò non ci si può non stupire che gli antichi poeti hanno posto tanta diligente fatica nel lodare le api senza prendersi cura della mosca. Ma confrontando sia la nobiltà della loro stirpe, sia il loro comportamento e infine tutta la loro condotta di vita, si scoprirebbe che per eccellenza e prestigio le mosche sono molto più illustri delle api. Non nego che le api discendano dalla figlia di Inaco, purché gli stessi poeti ammettano che le mosche derivano dalla stirpe dei Centauri; il che, come si dice, viene attestato dagli annali. E riguardo ai piccoli delle mosche si deve credere che essi sono nati da Bellona o da altra stirpe bellicosa e invitta in quanto appare evidente che la loro vita per un istinto naturale è regolata in buona misura da un'antica e collaudata disciplina militare. Come dicono, infatti, sono questi i fattori più importanti nell'attività militare: addestrare l'esercito alla spontanea obbedienza; quindi, distendere pian piano la falange in luoghi sicuri; terzo, porre l'esercito in una posizione adatta per assalire il nemico e per resistere nelle avversità; chi potrà negare che le mosche sono addestrate secondo le regole avite della loro antica famiglia. Intanto non c'è nessuna mosca che non assolva al suo compito di veterano e alla sua funzione di espertissimo comandante, ricavando le sue decisioni da nient'altro che dalla sua accortezza e dalla sua sottile perspicacia, nonché dalle circostanze ambientali e temporali. Per questo non sono guidate da un re o da uno sgherro come gli sciami delle api-reclute, ma vanno vagabondando in libere schiere; e ora si procurano il cibo, ora si raccolgono in drappelli, ora in gruppi più consistenti, ora in coorti pretorie frastornando il nemico attirato negli agguati e ingannato con incredibile abilità. I Geti, della gente di Marte, vengono citati con grandi elogi dagli antichi per aver tentato di imitare le mosche. Quanto grande sarà perciò la gloria delle mosche che hanno una conoscenza straordinaria ed unica di questo tipo di combattimento? Le sole mosche sono degne di essere celebrate con lodi militari per il loro assiduo e inveterato esercizio delle armi. Ci sono stati nella storia dell'uomo accampamenti, grandi o piccoli, tolti dai quartieri invernali, in cui un grande stuolo di mosche non abbia prestato servizio tra le schiere dei cavalieri? Non è stata mai fatta una razzia di greggi senza la partecipazione delle mosche. Le mosche non hanno avuto mai simpatia per gli incendi di campi e le rovine di case, perché questi sono indizio di crudeltà; e da ciò si può facilmente capire che le mosche, pur passando tutta la loro vita in continui combattimenti e pur trovandosi dalla parte dei vincitori, osservano le leggi dell'umanità e della pietà. Anche questo precetto, conforme alle antiche tradizioni, viene rispettato dalle mosche: riunirsi di notte prendendo alloggio nella parte più sicura della casa, e badare a non combattere in condizioni sfavorevoli contro la furia della natura, contro le tempeste, il freddo, la sete o qualche spietato nemico. Per questo modo di fare chi ha lodato abbastanza, come meritano, la prudenza e l'abilità militare delle mosche o, come è giusto, le imiterà? In nessun luogo la mosca si accamperà, in nessun luogo fisserà la sua dimora, se prima non avrà provato tre o quattro volte che lì può fermarsi al sicuro; un accorgimento questo che Agesilao, Pirro e Fabio consideravano una delle primarie qualità nell'attività militare. Ma perché aggiungere altro? Come credi che si comporteranno nelle spedizioni pubbliche, se anche nei privati spostamenti, si può vedere che esse intonano abitualmente un inno di guerra e dispongono ogni loro attività a qualunque evenienza bellica? Raccontano che il musico Timoteo con la cetra e con il canto chiamava di solito i signori dal banchetto alle armi e dal campo di battaglia al banchetto. Ma la mosca, con la voce canora, da lontano volteggiando in linea retta chiama in guerra lo stesso Marte; e sono propenso a credere che le donne Spartane da essa hanno tratto il costume di guidare il loro esercito cadenzandone il passo a suon di flauto. Oltre a questi pregi, che fino ad ora ho esposto c'è da aggiungere il tipo di abbigliamento identico a quello che i nostri antenati usavano nei templi e nei teatri per le statue degli eroi e per i simulacri dei grandi dei. La mosca usa una corazza di bronzo dorato e di vario colore e ali che pendono dalle spalle simili alla toga dei Romani; e la nobile famiglia delle mosche ha derivato dagli antenati la consolidata abitudine di non prendere neppure in provincia nuovi abiti; né le fanciulle e le matrone hanno appreso ad aggirarsi come le Amazzoni con il petto nudo. E si prova ammirazione ancor maggiore, se si guarda il loro viso; non si può infatti facilmente distinguere se le mosche vanno più orgogliose della loro umanità e mitezza piuttosto che della loro veemenza e della loro militare insofferenza per le offese. Né la mosca mostra questo tipo di comportamento che a molti altri guerrieri, e soprattutto allo sparviero, viene rimproverato: di voler essere considerato spietatissimo nemico ostentando un cipiglio severo e un naso adunco, e rostri acuminati e artigli di ferro; ma in campo aperto e nelle spedizioni militari assai più vigliacco di quanto gli storici mostrino che fossero i Galli al secondo assalto. Di quale forza infine la mosca sia dotata si può dedurre oltre che da altri esempi anche da questo: i posteri tramandano attraverso i loro scritti di aver visto un elefante abbattuto da una mosca. E noi quante volte non abbiamo visto un toro formidabile tormentato per tutto il bosco dal pungolo di una mosca? Le mosche, oltremodo valenti per la loro forza e disciplina in ogni esercizio bellico, si vantano di avere meritato il riconoscimento più alto, quello cioè di avere oltrepassato non solo nelle altre virtù, ma soprattutto nell'innocenza le lodi mirabili dei loro antenati. Taluni tributano grandi elogi all'avvoltoio e sostengono che sia l'uccello più propizio, perché è l'unico animale completamente innocuo, che non ha l'abitudine di aggredire nessuno e che rispetta tutte le opere della natura. Ma la mosca non arreca durante la sua vita nessun danno, non compie furti e rapine; non strappa dai fiori le ametiste, gli smeraldi, le ambre, le perle e simili gemme cadute di notte dal cielo; e non ammassa in nascondigli, come le api, una quantità di ricchezze per loro sproporzionate. La mosca passa la sua vita alla luce: nelle adunanze degli uomini, nel, per così dire, teatro del mondo; a nessuno molesta, per sé quieta, agli altri non invisa, non cerca mai di compiere le sue azioni senza la presenza di uno spettatore. Banchetta all'aperto; ed io sono propenso a credere che l'antico costume spartano di cenare in pubblico sia stato inaugurato dalla mosca. La mosca è contenta di poco e niente; non è corrotta dal lusso e dal fasto (infatti abbraccia e bacia allo stesso modo il principe e il plebeo, il ricco e il povero, sfiorandoli con le ali e applaudendoli) e nemmeno dall'invidia; né è sedotta dagli altri semi di lite e dagli allettamenti delle discordie. Veramente degna è la vita delle mosche! Banchettano insieme, insieme bevono senza risparmio, unendo le fronti in segno d'amore, poiché sanno bene che il banchetto è figlio dell'amicizia. Ma perché indugiare in queste cose? Non è sufficiente dimostrazione del reciproco affetto e della benevolenza con cui stanno insieme il fatto che vediamo le mosche affaticate volare per tutto il cielo sulle spalle di un'amica; per questo solo titolo di pietà il poeta assicurò ad Enea una fama che va alle stelle. Così serena è la convivenza delle mosche; così grande la tranquillità del loro animo, che in tutta la storia non si trova una mosca uccisa da un'altra mosca con il ferro, con il veleno, con il laccio, o con altro strumento analogo, né che sia stata raggirata e ingannata; e fino ad oggi non ci sono stati tra le mosche odi, rivalità, dissidi. Esse non scatenano guerre civili, come le api, ingiustamente predilette dai poeti; e non troverai (come tutti possono ricordare) che una mosca ha commesso nell'ira qualche misfatto, mentre invece quasi tutti gli esseri viventi hanno arrecato qualche rovina e lutto ai mortali. Per tralasciare il resto, leggiamo che le cavallette devastarono i campi e vi lasciarono lo squallore e la completa rovina; e leggiamo pure che le formiche provocarono la distruzione di città. Mite, tranquilla, serena sarebbe la vita degli uomini se si comportassero come le mosche! Non sarebbero infatti morti per mano di altri uomini tanti più uomini che per ogni altro tipo di calamità; né il Trasimeno né Canne si sarebbero riempiti di sangue umano; e i fiumi non si sarebbero fermati impediti dai cadaveri, né, come dice il poeta, tante cose sarebbero rimaste sommerse dal ferro, dalle fiamme, dalla triste favilla; e Cesare non si vanterebbe di avere tolto di mezzo più di quattrocentomila uomini. Ma di questo altrove.
Chi può convenientemente ricordare quanto la mosca sia adorna di tutte le altre doti dello spirito? Non mi farei scrupolo di dire, se ben la conosco, che la mosca ha certamente insegnato i buoni costumi alle scuole di tutti i filosofi e li ha istruiti nelle buone arti. Tralascio l'innocenza, la mansuetudine, la mitezza d'animo, l'indole semplice e pacifica, il modo di vivere tranquillo e sereno, tutte qualità in cui sappiamo la mosca raggiunge l'eccellenza e che invece assai raramente troverai nei caratteri guerrieri. Essa che è di forza soverchiante, e può a suo piacere essere senza rischi arrogante, ritiene più importante essere amata per la sua giustizia e la sua mitezza piuttosto che temuta per la sua fortuna e il suo prestigio. Queste qualità sono più grandi di quanto, parlandone a questo punto, si possano degnamente celebrare per l'insufficienza della nostra eloquenza. Chi non sa quanto sono religiose le mosche? Furono mai esposte vivande in onore degli dei, o fu mai fatto un sacrificio, a cui, come poteva, la mosca non abbia partecipato? Per prime libano, per ultime si allontanano dagli altari; in frotta si addensano per partecipare al rito, di notte con gli stessi dei vegliano. Sono di una saggezza veramente straordinaria. Cosa si addice di più ad una persona avveduta quanto capire per quale attività essa è particolarmente disposta? Cosa si accorda di più con gli obblighi connessi alla scelta rigorosamente effettuata, quanto dedicarsi anima e corpo a questa attività e realizzarla con ogni cura e diligenza, tanto da rendersi conto di non averla intrapresa, come si dice, senza il consenso di Minerva? La mosca, che ha capito di essere nata per la ricerca e la conoscenza, che si è accorta di aver ricevuto dalla natura degli occhi grandissimi per scrutare facilmente ciò che si nasconde al di là del cielo e nelle più basse profondità e oltre ogni confine delle terre e l'estremo orizzonte, in quale opera, guidata dalla natura e assistita dall'operosità, si eserciterà di più quanto nell'ottenere con tutti i suoi sforzi che nessuna cosa occulta sfugga alla sua ricerca? E se dicono che un uomo, i cui occhi non sono che la ventesima parte della sua testa, vide dal Pireo la flotta uscire dal porto di Cartagine, cosa non vede la mosca con i suoi grandissimi occhi, cosa può sfuggire alla sua curiosità? La mosca ha conosciuto le focacce che Circe offrì per mutare in mostri i suoi ospiti; sa dove si nasconde Osiride tanto cercato; conosce i difetti del sedere di Elena e ha palpato le parti recondite di Ganimede. Ha conosciuto, posandovisi sopra più volte, l'austero sapore delle mammelle vizze e pendenti di Andromaca. E infine la mosca, pur non ignorando nessuna cosa segreta, oh quale ammirevole e incredibile virtù possiede! Dicono che Pompeo fu silenzioso e che altri neppure con le torture sono stati indotti a denunciare i compagni di un'impresa; e questa virtù esaltano con lodi degne quasi degli dei. Che dire della mosca che, di tutti compagna, non ha mai rivelato le parole o le azioni di qualcuno; con quali lodi la esalteremo? Abbiamo forse mai compiuto un'azione tanto di nascosto, che la mosca non sia stata di essa testimone e spettatrice? E puoi mai ricordarti di aver patito qualche danno per la lingua della mosca? Stanne pur certo: da nessun vizio le mosche sono più aliene che dalla perfidia e dall'infamia del delatore. Infatti fra tanti uomini e così frequenti crimini, che sono ovunque e in ogni tempo commessi in sua presenza, la mosca del solo Domiziano ha divulgato la delittuosa crudeltà, poiché l'offesa era veramente atroce ed esigeva una vendetta. Ciò rese nemico il principe spietatissimo che esercitava il suo sfrenato odio contro la famiglia delle mosche domestiche e familiari, compagne della sua solitudine. E infatti chi avrebbe potuto a lungo sopportare costui, che le perseguitava con uno stiletto appuntito come un nemico della patria, perturbatore delle pubbliche leggi e dell'onore. Perciò con la sola cosa con cui noi privati ci vendichiamo delle offese dei principi, l'unica cosa che i principi non hanno imparato a non temere, con la cattiva fama, la mosca ritenne giusto e santo vendicarsi di un uomo scelleratissimo, approvata e confortata dalla legge più onorevole. La mosca divulgò infatti il suo orrendo delitto, la sua crudele perversa indole, perché tutti lo sapessero e la sua infamia venisse esecrata da tutto il mondo. E non lo fece spontaneamente ma costretta: non restava infatti che vendicarsi di un principe armato di tanti giannizzeri e d'altra parte non era possibile non sentire tante e così atroci offese. Chi potrà accusare la mosca se in qualche modo vendicò le offese patite con la diffusione di un occulto crimine? Sopportò l'altrui follia e le furiose aggressioni di cui era oggetto, con misura e moderazione, nello stile della sua abituale mitezza. La mosca non ha mai smesso di fare il suo dovere per l'ostilità, la denigrazione, le dicerie, le calunnie dei malvagi. Lodino pure non so quale filosofo perché ritornava a casa con lo stesso volto con cui se ne era allontanato. Io sono pronto a giurare che la mosca è il solo animale dotato di tanta serenità, che non è stato visto né ridere né piangere né corrugare le ciglia né distendere la fronte sia nelle avversità che nelle circostanze fortunate. Sempre eguale è l'atteggiamento del suo volto, sia in casa che nei luoghi pubblici e sempre eguale si presenta la mosca. Che dire della raffinatezza dell'ingegno e dei nobili studi in cui le mosche si esercitano? La famiglia delle mosche ha insegnato agli antichi Pitagorici molte delle più nobili arti. I Pitagorici chiamarono musica da mosca le articolazioni della voce e la modulazione del canto, di cui erano particolarmente appassionati, affinché i posteri capissero che essi ben si ricordavano del beneficio ricevuto. Infatti, facendo echeggiare in profondità l'ampolla dell'olio o l'orcio per il vino essa produsse le prime note gravi, ben note ai musicisti, il do e il re e, volteggiando nel cielo, lontano e vicino, fece risuonare le note acute, il sol e il la, mentre le note medie, che sono piuttosto cupe e lugubri, formò impigliata nella tela del ragno. Dunque, giustamente, Pitagora ringraziò la famiglia delle mosche, consegnando ai posteri il nome dell'inventore di un'arte tanto illustre. Si può negare che gli astronomi siano saliti in cielo e fra le stelle sulle ali delle mosche? Dalle ali delle mosche ricoperte di berillo e di diamante i geometri scoprirono le forme di tutte le figure; ed anzi dicono che da esse l'astronomo Tolomeo derivò il suo Atlante; e raccontano che stanno bellamente dipinte sulle ali delle mosche il Gange, il Danubio, il Nilo, il Po e altri fiumi ed ancora da quali monti essi nascono per andare in mare e quali paesi essi attraversano. Alcuni sostengono che si possono scorgere su di esse le piramidi d'Egitto e il tempio di Eleusi. Devo ammettere che io non ho bene individuato così importanti soggetti. Non nascondo di aver talvolta scorto il mar Caspio e quello d'Azov e l'Elicona quando le onde si increspano sotto il raggio del sole. Ed inoltre concordo senza difficoltà (e mi sembra verisimile quel che è stato tramandato) che Pitagora non fece, come scrivono critici ignoranti, il sacrificio di un'ecatombe alle Muse, ma alle mosche, di un'ecatombe, dico, alle mosche, perché aveva trovato sulle loro ali quella straordinaria figura geometrica: la misura dell'altezza di tutti i poligoni.
Mi vengono in mente, mentre parlo, lodi così grandi, così svariate, così inaudite, che mi accorgo della necessità di un'eloquenza maggiore della mia per poterle illustrare. Frattanto, come sempre avviene per tutti gli spiriti più elevati, le mosche sono tanto odiate dalla folla degli ignoranti, che temo di attirarmi solo l'odio di tutti gli invidiosi, se con più cura elencherò ad una ad una, secondo le mie capacità, le qualità delle mosche. Io infatti conosco, non senza danno per il mio stato, il potere dell'invidia, il massimo dei mali tra gli uomini; e pertanto ritengo giusto tralasciare molti particolari, sia perché non ho fiducia nel mio ingegno, sia perché ho paura dell'invidia. E penso che non si debba ignorare, per capire l'indegnità della cosa, quello che molti detrattori dicono nei trivii riscuotendo l'approvazione del volgo: che la mosca, arrogante e superficiale, è un animale ingordo: non c'è niente che non sia la prima a succhiare; e spesso annega nello stesso bicchiere dove ha bevuto con avidità; che, abituata ad assalire re e dei, paga il fio dei suoi misfatti ad opera del ragno vendicatore. Noi combatteremo queste calunnie non con la grazia del nostro eloquio ‑ infatti rozzo e non argomentato è questo nostro discorso ‑ ma con la stessa verità, e, perciò, ve ne prego, o dotti, leggete attentamente con il medesimo piacere che avete avuto fin qui come concluderò, con proprietà e stringatezza, la mia trattazione.
Voi, o malvagi detrattori, con tanta sconsideratezza ritenete una ragione di biasimo per le mosche quello che i dotti riconoscono come un motivo di lode per tutti gli uomini illustri? È lodato Platone, sono lodati pure non pochi altri uomini dediti allo studio delle lettere e della filosofia, perché hanno affrontato lunghi viaggi desiderosi di conoscere tutto quello di cui, in qualsiasi luogo, si sono occupati gli uomini. Voi, nella vostra stolta malvagità, detestate la solerzia delle mosche, perché con il loro proposito di ricerca filosofica non vi permettono in nessun momento di restare oziosi? O pigri e lenti, che a stento anche con il pungolo la mosca riesce a spingere all'azione, imparate i buoni costumi dalla solerte mosca, maestra di virtù! La mosca non sta mai in ozio e stimola, come può, i pigri al loro compito. Ci si deve una buona volta ravvedere di condurre una vita fiacca e immersa nel sonno; è necessario imitare la mosca, che durante il giorno non abbandona mai l'esercizio della virtù e passa gran parte della notte insonne, libera dagli impegni del foro, meditando sui massimi sistemi; ed essa, di notte, per vegliare più a proprio agio guardando il cielo pende dal soffitto e dall'orlo del camino con i piedi appoggiati all'indietro. E senza rammarico imitiamo chi è stato imitato anche dagli uomini sommi. Tramandano che il filosofo Aristotele reggeva degli oggetti con la mano distesa sopra un catino per essere ridestato dal rumore della loro caduta se veniva colto dal sonno! Grandi sono i meriti della mosca che viene imitata dai grandi uomini. Dicono che la mosca sia ingorda e vorace. Ma mi venga un accidente, se c'è tra i mortali un altro essere vivente che ha la gola più serrata dalla parsimonia; si ciba la mosca di legumi cotti e crudi; né ho mai conosciuto una mosca che ha litigato con il vivandiere e con il cuoco. Le rimproverano di immergersi nelle coppe. Ma sarebbe lungo ricordare tutti quelli che sono venuti a mancare durante le cene; si fa il nome di molti patrizi, pretori, consoli e uomini di analogo rango, che sono venuti a mancare tra le pietanze e i calici. Ma cosa facciamo? Non comprendiamo che la particolare e quasi divina natura delle mosche è tale che, per le loro assidue ricerche filosofiche e per la scrupolosa investigazione dei segreti delle cose, esse sono talvolta esposte ai pericoli, spinte dalla loro curiosità e dalla loro sete di conoscenza. Afraino sosteneva che la scienza è figlia della memoria e della pratica. Deve di certo scandagliare molti campi del sapere chi, lasciando il gregge della folla, si dedica alla speculazione filosofica. Leggiamo che il famoso scienziato Plinio, autore di un trattato su tutti gli aspetti della natura, per la sua brama di ricercare fu inghiottito dal magma dell'Etna in eruzione e precipitò dalla sua cima nella sterminata fenditura del monte. Non viene tuttavia biasimato quest'uomo diligente, attivo, arso dal desiderio di apprendere più di quanto non arda il monte Etna. Rimproverano alla mosca di essere attratta dal piacere della conoscenza. Gli scienziati dicono che il latte sia sangue non fermentato e l'illustre scienziato Androcide scrisse che il vino è sangue della terra; la mosca con i suoi assaggi sa bene che non è così e degusta con attenzione il sapore del chimo che molti fiori secernono e che si trova mescolato e confuso. Esaltano il matematico Archimede di Siracusa, che, mentre la patria rovinava, neppure in mezzo al fracasso delle armi nemiche poté essere distolto dalla ricerca dei segreti della natura. E così grande è l'odio verso la mosca che, secondo alcuni, essa riceve dagli dei il meritato castigo morendo in servitù impigliata nella sua opera di ricerca oppure catturata dai lacci del ragno. Furono servi molti grandi filosofi e non pochi poeti. Chi dovrebbe avere il coraggio di proclamarsi libero, se non chi non è schiavo di nessun vizio? Ma di questo parlerò altrove. Io sono convinto, qualunque obiezione vogliono fare i malvagi, che tutti i pericoli da cui è minacciata la mosca derivino dal suo ardente desiderio di virtù. La mosca desidera conoscere, oltre ad altre cose, anche il significato delle opere di Aragne, chiaramente tese contro di lei. C'è da stupirsi se, incauta e tutta volta all'esercizio della virtù, la mosca è presa nella trappola dell'astuto ragno dotto in tutte le arti marziali, sopraffatto in un'iniqua contesa? Molti, anche dei più abili comandanti, sono stati attirati negli agguati; ma non credi che anche le misere circostanze della morte confermino i grandissimi meriti della mosca? Il ragno usa lunghe aste sabine e sa lanciare i suoi lacci meglio di Alano che nel campo di battaglia afferrò con un laccio Tiriade re dell'Armenia; e tuttavia, dal suo nascondiglio, non osa intraprendere il duello che ha preparato prima di vedere nella sua postazione il nemico impacciato e ben legato. E con tanta crudeltà questa belva suole esercitare la furia omicida contro l'innocua famiglia delle mosche che mai, commossa dalle preghiere, ha liberato le prigioniere. Con il suo canto Arione indusse alla pietà i pesci, creature feroci e crudeli, e con l'aiuto dei pesci ottenne la salvezza. La mosca, che ha inventato l'armonia del canto, non può trovare pietà nella crudelissima Aragne, per quanto cerchi di spezzarne il cuore cantando. Che se mai, anche una sola volta, ritornata in patria, ci avesse potuto informare dei torti patiti, chiamo a testimoni gli dei infernali e celesti protettori delle mosche che il ragno con suo gran danno sarebbe stato affrontato da tutte le mosche che ci sono sulla terra, come da altrettanti Scipioni e Cesari.
Mi sembra di aver detto abbastanza delle mosche. Ho detto del loro aspetto, del loro ingegno, della loro disciplina, delle virtù di cui sono dotate e ornate. Si potrebbero citare ancora molti altri detti e fatti delle mosche degni di essere ricordati. Si dovrebbero forse discutere molti particolari relativi alla natura delle mosche, la cui forza è straordinaria nell'esecuzione di varie imprese; ad esempio, se la famiglia delle mosche ha l'intenzione o la capacità di condurre fino alle spiagge dell'Oceano e alle colonne d'Ercole il colosso di Rodi, cosa che rinomati architetti ritengono nelle possibilità della mosca. E in verità io, che di tali cose talvolta mi diletto, ho scoperto che le mosche potrebbero trasportare il monte Caucaso e il monte Tauro e il monte Caspio sopra le isole Baleari; ma non basta il tempo della loro vita; affinché non facciano quest'opera contraria alle leggi di natura, Proserpina ha dato alla famiglia delle mosche rapida e immatura morte.
Dovrei aggiungere un epilogo e in esso diffondermi in grandi espressioni di cordoglio (non potrei ricorrere all'amplificazione per l'importanza dell'argomento); ma con i loro continui baci una gran quantità di mosche che viene a congratularsi con chi ha descritto i loro meriti mi impedisce di farlo. Abbiamo scritto ridendo e voi ridete.