Guittone d'Arezzo

 

Canzoniere

 

 

 

Edizione di riferimento: Guittone d'Arezzo: Canzoniere, a cura di Lino Leonardi, Einaudi, Torino 1994

 


 

1

 

Amor m'a priso e incarnato tutto,

e a lo core di sé fa posanza,

e di ciascuno menbro tragge frutto,

dapoi che priso à tanto di possanza.                                         4

 

Doglia, onta, danno àme condutto

e del mal meo mi fa 'ver disïanza,

e del ben di lei spietato m'è 'n tutto:

sì meve e ciascun c'ama à 'n disdegnanza;                                 8

 

Spessamente il chiam'e dico: «Amore,

chi t'à dato di me tal signoraggio,

ch'ài conquiso meo senno e meo valore?»                                11

 

Eo prego che.tti facci meo messaggio

e che vadi davante 'l tuo signore

e d'esto convenente lo fa' saggio.                                             14

 

 

2

 

Amor, mercede, intende s'eo ragione

chero davante la tua signoria,

ché fòr m'ai miso di mia possessione,

e messo in quella de la donna mia,                                            4

 

e senpre mi conbatti onne stagione.

Perché lo fai, poi ch'eo so' 'n tua bailia?

Ché non fier' quella che contra te pone

suo senno e suo talento, e te guerria?                                       8

 

Mostri che non se' comune signore,

se·llei riguardi e me vuoi far morire,

overo che non ài tanto valore:                                                  11

 

ben credo la vorresti al tuo servire,

ma se non pòi, di me, tuo servidore,

or non te piaccia ch'io deggia perire.                                        14

 

 

3

 

Spietata donna e fera, ora te prenda

di me cordoglio, poi morir mi vidi:

che tanta pïetà di te discenda,

che 'n alcuna misura meve fidi;                                                 4

 

che lo tuo fero orgoglio no m'ofenda,

s'eo ti riguardo, che con el m'aucidi!

E la tua cera allegra me si renda

sol una fiata, e molto mi providi                                                8

 

en guiderdon di tutto 'l meo servire,

ché lo tu' isguardo in guerigion mi pone,

e lo pur disdegnar mi fa perire.                                                 11

 

Or mira qual te par più reprensione:

o desdegnar, per fare me morire

o guardar, perch'eo torni in guerigione.                                     14

 

 

4

 

Deo!, che non posso or disamar sì forte

como fort'amo voi, donna orgogliosa!

Che, poi che per amar? m'odiate a morte,

per disamar mi sereste amorosa,                                              4

 

ché altressì per bono dritto sorte

che·ll'uno como l'altro esser osa:

poi de lo 'nganno, ch'ème 'n vostra corte

fatto, me vengerea d'alcuna cosa.                                             8

 

 

Torto ben è tal, non vidi ancor pare:

non osarme piacer ciò ch'è piacente

ed essere odiato per amare!                                                     11

 

Mal grado vostro e mio, son benvogliente

e serò, ch'e' non posso unque altro fare,

e fa mister ch'e' pur vegna vincente.                                          14

 

 

5

 

Ai!, con' mi dol vedere omo valente

star misagiato e povero d'avere,

e lo malvagio e vile esser manente,

regnare a benenanza e a piacere;                                              4

 

e donna pro', cortese e canoscente

ch'è laida sì che vive in dispiacere,

e quella ch'à beltà dolce e piacente

villana e orgogliosa fòr savere.                                                 8

 

Ma lo dolor di voi, donna, m'amorta,

ché bella e fella assai più c'altra sete

e più di voi mi ten prode e dannaggio.                                      11

 

O!, che mal aggia il die che voi fu porta

sì gran beltà, c'altrui ne confondete,

tanto è duro e fellon vostro coraggio!                                       14

 

 

6

 

Deo!, como pote adimorar piacere

o amistate alcuna, a bon talento,

en me verso di quella, che parere

mortalmente nemica me la sento?                                             4

 

 

Ch'eo l'ò servita a tutto 'l me' podere,

e 'n chererli mercé già no alento

che solamente deggia sostenere

senn'e orgoglio, e facciami contento.                                        8

 

E non mi val; und'eo tormento e doglio

di tale guisa, se 'l vedesse pénto

chi m'odia a morte, sì 'nd'avria cordoglio;                                 11

 

E tutto ciò non cangia in lei talento,

ma senpre s'inavanza il fero orgoglio:

ed eo di lei amar però non pento.                                             14

 

 

7

 

Ai!, bona donna, or se, tutto ch'eo sia

nemico voi, com'è vostra credenza,

già v'enprometto esta nemistà mia

cortesemente e con umil parvenza,                                           4

 

e voi, me lasso!, pur con villania

e con orgogli? mostrate malvoglienza.

Ma certo en nimistà val cortesia,

e li sta bene alsì co' 'n benvoglienza,                                         8

 

c'usando cortesia pò l'om dar morte;

e render vita assai villanamente:

or siate donque me nemica forte                                               11

 

e m'aucidete, amor, cortesemente;

e' piacemi non men, che se mi sorte

vita da amistà desconoscente.                                                  14

 

 

8

 

Pietà, per Deo, di me vi prenda, amore,

poi sì m'avete forte innaverato,

da me parte la vita a gran dolore,

se per tenpo da voi non so' agiutato;                                        4

 

ch'altri de me guerir non à valore,

como quello che 'l tiro à 'nvenenato,

ché in esso è lo veneno e lo dolciore,

e 'n voi ch'amore or sia ver' me mostrato;                                 8

 

che tanto de dolzor meve donate

ch'amorti lo venen, sì non m'auzida,

per ch'eo mi renda in vostra podestate.                                    11

 

E la mercé, c'ognor per me si grida,

de dolze e di pietosa umilitate,

piacciavi l'orgoglio vostro conquida.                                         14

 

 

9

 

Se Deo – m'aiuti, amor, peccato fate

se v'allegrate – de lo male meo:

com'eo – più cher' mercé, più mi sdegnate,

e non trovate, – amor, perché, per Deo,                                   4

 

fòr ch'eo – de mia amorosa fedeltate

la maiestate – vostra, amor, recheo;

non creo – che però ragione abbiate

che m'aucidiate, – amor, cor de giudeo.                                   8

 

Non veo, – amor, che cosa vi mancasse,

se 'n voi degnasse – fior valer mercede;

ma ciò decede – orgogli?, che vi sta bene.                                11

 

 

Tene – me tanto ch'eo mercé trovasse,

che mai non fasse – più per me, de fede,

che dir: «Mercede, – amor, mercé, mercene!».                         14

 

10

 

Amor, per Deo, mercé, mercé, mercede

del gran torto, ché più v'amo che mene.

Lasso!, morte perdona om per mercede

a om che di morir servito à bene;                                             4

 

e no è cor crudel? sì, che mercede

non faccia umil, tal che pietà retene;

e vence Deo per sua vertù mercede,

e cos'altra che voi non lei se tene.                                             8

 

Ma certo non pur porete orgogliando

montar tanto, che più senpre eo non sia,

con mercede cherere, umilïando.                                              11

 

Epur conven che l'alta umiltà mia

vad'a forza il vostr'orgoglio abassando,

e facciavi d'umana signoria.                                                      14

 

 

11

 

Deo!, com'è bel poder quel di mercede

e como più d'ogni altro è grazïoso!

Ché mercé vince orgoglio e lo decede,

e mercé fa crudel core pietoso.                                                4

 

Ragione e forzo veggio che decrede,

c'om non pò lei contradir né star oso:

per vertù fa più talor, ciò si vede,

che tutto 'l mondo per forzo orgoglioso.                                   8

 

Ed eo lo provo per la donna mia,

ch'è fatta ben più d'ogni altra pietosa

de più crudele che mai fusse ni sia:                                           11

 

Deo fece esta mercé sì grazïosa

en defension de picciola bailia

e in guerenza de crudele cosa.                                                  14

 

 

12

 

Fero dolore e crudel pena e dura,

ched eo soffersi en coralmente amare,

menòmi assai sovente in dismisura

e mi fece de voi, donna, sparlare.                                             4

 

Or che meo senno regna 'n sua natura,

sì che dal vero so la menzogna 'strare,

conosco che non ment'om ni pergiura

più ch'eo feci onni fiata 'n voi biasmare.                                    8

 

Ché non vive alcun om che tanto vaglia,

dicesse che 'n voi manchi alcuna cosa,

ch'eo vincer no 'nde 'l credesse in battaglia.                              11

 

Non fo natura in voi far poderosa,

ma Deo pensatamente, u' non è faglia,

vi fe', com' fece Adamo e süa sposa.                                        14

 

 

13

 

È da la donna mia comandamento

ch'eo reconforti onni om bon servidore

ched è disconfortato ed à tormento,

perché sua dona ver' lui à fer core;                                           4

 

e vol che dic'a lui c'alcun spavento

non aggia, ch'esser dia pur vincitore,

com'e' li mostro, pria che·ll'espermento:

c'avia più c'altro amaro, or'ò dolciore.                                      8

 

E contra amor e servir e mercede

e umiltà e preghero e sofrenza

chi può piaccia tener? Nullo, e' fò fede.                                    11

 

Tanto sottile e grande è lor potenza

che vencen Deo; donque perché decrede

alcun om de sua donna, o n'a temenza?                                    14

 

 

14

 

Deo!, che ben aggia il cor meo, che sì bello

à saputo logar suo intendimento!

Ché core è ben tanto nescienze e fello

che 'n donna laida o vil mette talento                                        4

 

O sconoscente, ma no è 'l meo quello:

ché tal che saggia, bell'e cara sento

più che altra del mondo, è 'l voler d'ello,

per che amo seguir suo piacimento,                                          8

 

sì che lo sforzo meo senpr'e 'l savere

in lei servire oper' senza enfenta,

fòr guiderdone o merto alcun chedére.                                     11

 

Sia pur de me che·llei più atalenta,

ché 'n loco ov'à conoscenz'e podere

non credo mai c'om de servir si penta.                                      14

 

 

15

 

Poi pur di servo star ferm'ò 'l volere,

vorrea per lei me fosse comandato;

ma servigio non chesto è più 'n piacere

a chi 'l riceve, e 'l servo è più laudato;                                       4

 

e sta a servente mal farsi cherere,

e lo signor de chesta è affannato;

e al signore tocca in dispiacere

similemente merto adimandato.                                                8

 

Ch'adimandare affanna e falla il servo

e lo signore anoia e par forzato,

sì che non guaire à de mertar onore.                                         11

 

A non cheder ni far cheder m'aservo:

seraggio tal, non credo esser blasmato,

e la mia donna en sé spero migliore.                                         14

 

 

16

 

Miri che dico onni om che servidore

talenta star per avanzar suo stato.

Due cose son che vole aver signore,

acciò che 'l servo suo sia meritato:                                            4

 

conoscenz'e poder sono, né fòre

d'ess' e' no i dia mert'esser isperato.

Con' merta, se non pò, conoscidore,

né, sconoscente, ricco oltre su' grato?                                      8

 

Per ch'a signore meo tal donna ò prisa

che conoscenza tiella in suo podere,

e ched è ricca a tutta mia devisa;                                              11

 

ch'eo non disïo d'aricchir d'avere,

ma de gioia, ch'è 'n lei de sì gran guisa,

né la vorria pensar più ni volere.                                               14

 

 

17

 

Qualunche bona donna àv'amadore

che metta opera e fede in lei sevire

lealemente, a tutto el suo valore,

e non demanda ciò che vole avere,                                           4

 

e i face como bono servidore

(ché servo no à già bailia 'n cherere,

ma de' servir ed estar speradore

che li proveggia che dia provedere),                                         8

 

sì fa reo fallo, se lo fa sperare

in atendere ciò che·lli è in desire:

e tale servo dea la donna amare!                                              11

 

Ma quello ch'è povero di servire

e poderoso di mercé chiamare,

a nulla bona donna dia gradire.                                                 14

 

 

18

 

Ben l'à en podere e la ten canoscenza,

com'eo già dissi, la madonna mia,

che, senza chederli eo, ciò che m'agenza

m'àve donato e miso me en bailia.                                            4

 

Ché de' mercede certo, a mia parvenza,

trovar bon servo in bona signoria:

che 'n me ni 'n lei no è stata fallenza

de cosa alcuna c'avenevel sia.                                                  8

 

Per ch'io son prova ch'a bono signore

né a bona donna non pò l'om servire

quanto li merta e faceli d'onore.                                                11

 

Donque, chi vol d'amore senpre gioire

conven che 'ntenda in donna de valore,

ché 'n pover loco om non pò aricchire.                                     14

 

 

19

 

Sì como ciascun, quasi enfingitore,

e ora maggiormente assai c'amante,

so' stato ver' di lei, di beltà fiore;

e tanto giuto ei so' dietro e davante                                          4

 

con prego e con mercé e con clamore,

faccendo di perfetto amor senbrante,

che me promise loco en su' dolzore,

adesso che lei fusse benestante.                                               8

 

Eo, pensando la mia gran malvagìa,

e la gran fé di lei dolc'e pietosa,

sì piansi di pietà, per fede mia;                                                 11

 

e fermai me di lei non prender cosa

alcuna mai, senza mertarla pria,

avendo fort'e ben l'alm'amorosa.                                              14

 

 

20

 

E poi lo meo penser fu sì fermato,

certo li feci tutto el convenente:

sì com'e' disleale erali stato

e como mi promise esserme gente;                                           4

 

reconnoscente foi del meo peccato,

e fermai me di lei non prender nente,

se no 'l mertava pria, sì c'onorato

fusse 'l prender e 'l dar conpiutamente.                                     8

 

E pregai che, per Deo, non si 'ndegnasse,

ma desseme di sé piena fidanza

di 'ntender me, fin ch'eo di cor l'amasse.                                   11

 

Ed ella disse me che 'n mia possanza

s'era sì misa, che, s'ormai vetasse

lo meo piacer, li torneria 'n pesanza.                                         14

 

 

21

 

En tale guisa son rimaso amante

e disïoso di volere amare,

sì che lo core meo tutto e 'l senblante

aggio locato in ciò dir senpre e fare;                                         4

 

e lo savere meo mi mette avante

ch'e' deggia la mia alma inamorare

di lei, che amo più che tutte quante

l'altre del mondo, e più mi piace e pare.                                    8

 

Ma tuttavia l'amor quasi è neente

ver' quel ch'eo so ch'ad amare convene,

che prender e donar vol giustamente.                                       11

 

Ma, como in ferro più che 'n cera tene

e vale 'ntaglia, varrà similmente

amore, che 'n me più che 'n altro serv'ène.                                14

 

 

22

 

Amor, se cosa è che 'n signoria

aggi, como si dice, alcuno amante,

ricevemi a tuo servo in cortesia,

ché ragion n'ài, segondo 'l meo senblante,                                 4

 

poi che non prendo da la donna mia,

se fedeltà non te 'nde faccio avante

en amarla sì ben, ch'eo degno sia

de prendere en lei gioia sì grante.                                             8

 

Or dirà l'om ch'eo son fol, se non prendo

poi c'aver posso, e che perd'e' diritto

prima ch'e' falla. E prender me defendo:                                   11

 

è che 'n me non potrebbe aver deletto

ben de lei, s'avant'eo di lei non prendo

en cortesia; donque fò ben s'aspetto.                                        14

 

 

23

 

Eo non son quel che cerca esser amato

cusì com'amo ben, com'altri face;

ma pur chero d'amar sì di bon grato

e·ssì coralemente e·ssì verace,                                                  4

 

como madonna m'ama, e fora ondrato

e pago en tutto ciò c'opo me face.

E no è più del? suo voler gravato

alcun, ch'eo so' del meo: sì mi desplace,                                   8

 

che m'è dolor mortal vedere amare

plagent'omo talor donna non bella,

e non amerà lui, ma l'odia, pare;                                               11

 

e trovomi che non guair'amo quella

che m'ama forte e che piacente pare

in tutte cose ove Beltà s'apella.                                                 14

 

 

24

 

Ai Deo!, chi vidde mai tal malatia

di quella che sorpreso àme lo core?

Ché la cosa c'altrui par venen sia

è sola medicina al meo dolore:                                                 4

 

ciò è l'amor, c'ogni om ch'el signoria

guaimenta e dice che per lui si more,

e pur se pena di trovare via

como de sé islocar possa lo core.                                            8

 

Ed eo pur peno di condurlo a mene

e di venir de sua corte servente,

perché disïo ciò più c'altro bene.                                              11

 

Ma pur languisco, lasso, e mor' sovente,

dapoi ch'ello di me cura non tene:

adonque guarrea me l'altrui nocente.                                         14

 

 

25

 

Ben saccio de vertà che 'l meo trovare

val poco, e à ragion de men valere,

poi ch'eo non posso in quel loco intrare

ch'adorna l'om de gioia e de savere,                                         4

 

e non departo d'a la porta stare

pregando che, per Deo, mi deggia aprere:

allora alcuna voce audir me pare

dicendome ch'eo sia di bon sofrere.                                         8

 

Ed eo soffert'ò tanto lungiamente,

che devisa' de me tutto piacere

e tutto ciò ched era in me valente:                                             11

 

per ch'eo rechiamo e chero lo savere

di ciascun om ch'è prode e canoscente

a l'aiuto del meo grande spiacere.                                             14

 

 

26

 

Amor, mercé, c'or m'è mister che stia,

ché senza ciò non oso ormai sperare.

Pur mi conven che dentro u di fòr sia,

ciò è de perder tutto, o d'accattare                                           4

 

e voi, en me, e la madonna mia;

e, dà' voi lei en me, è mercé fare!

Donque vi prego, Amor, per cortesia,

che me vi piaccia in voi pur d'acquistare.                                  8

 

Ma, se perder v'è bel, perché perd'eo

e la madonna mia? Tal no è usaggio

d'alcun giusto signor, Amor, par Deo;                                      11

 

ma eo però ver' voi non dico oltraggio,

ma sofferròmi in pace il dolor meo,

e viverò fòr voi quanto par aggio.                                             14

 

 

27

 

Amore, certo assai meravigliare

me fa de voi ciò che n'adiven mee,

che lungiamente con mercé clamare

v'ò richesto a signor, cert'a gran fee;                                         4

 

ma, quant'eo più recheo, 'lora men pare

ch'eo presso sia di voi trovar mercee,

e veggiovo a fedel? desiderare

tal che non vol, e che v'odia e descree.                                     8

 

Donque deritto n'ò, s'eo meraviglio,

ché voglio e deggio e posso esser servente

e·ccom'eo sia mi 'ngegno e m'asottiglio;                                    11

 

e tutto ciò non vale a me neente.

Or no me biasmo già né me repiglio,

ma prego che miriate 'l convenente.                                          14

 

 

28

 

Mastro Bandino, amico, el meo preghero

Vòi' che 'ntendiate, sì ch'a onor vo sia.

Amare voglio, e facemi mistero,

che non son degno, e 'n gran ben n'averria,                               4

 

ché, senza ciò, aver onor no spero;

e pur d'ennamorar no ò bailia.

Unde sovente vivo 'nde in pensero,

ché meraviglia senbrame che sia,                                              8

 

vedendo manti stanno innamorati

(sì che tutt'altro poneno inn-obbria)

en tale loco, u' son senpre isdegnati.                                         11

 

Però vo prego m'assenniate via

c'a·cciò mi guidi, a guisa de li amati,

ché credo bene aggiatene bailia.                                               14

 

 

29

 

Leal Guittone, nome non verteri,

degno de laude se' magior, che taccio;

leanza senbra el consil che mi cheri

como tu vogli amar, che 'l cor fa ghiaccio.                                4

 

Amico caro, eo te 'l dò volonteri,

avegna che grand'ardimento faccio,

ché 'n questo fatto gran senno recheri;

ma pur dirò: gioi ò, se 'n ciò te piaccio.                                     8

 

Ormai sta' solo e in loco celato

e sol bellezza pensa e canoscenza

de la tua donna, e d'altro non pensare.                                     11

 

D'amor ragiona, se se' aconpagnato;

a le' tu, o' sta' con ella, gioi né 'ntenza

tutto cela: così porai amare.                                                     14

 

 

30

 

Mastro Bandin, vostr'e e d'Amor mercede,

or aggio ciò che tant'ò disïato;

sì che lo core mëo non se crede

esser de gioia mai apareggiato,                                                 4

 

pensando quanto è 'n lui d'Amore fede

e quanto è preso el suo servire in grato,

e qual è quella donna en cui el crede,

e com'à pregio 'l suo ben acquistato;                                        8

 

per c'al mondo, de ciò, meo par non regna,

considerando ben ciò ch'e' paraggio;

e pare mevi bene cosa degna.                                                  11

 

Donque, se lo cor meo tant'allegraggio

pare non crede, veritate assegna;

ch'è bene, ed esser dea per bon usaggio.                                  14

 

 

31

 

Tuttor ch'eo dirò «Gioi», gioiva cosa,

intenderete che di voi favello,

che gioia sete di beltà gioiosa

e gioia di piacer gioioso e bello,                                               4

 

e gioia in cui gioioso avenir posa,

gioi d'adornezze e gioi di cor asnello,

gioia in cui viso è gioi tant'amorosa

ched è gioiosa gioi mirare in ello.                                              8

 

Gioi di volere e gioi di pensamento,

e gioi di dire e gioi di far gioioso

e gioi d'onni gioioso movimento:                                               11

 

per ch'eo, gioiosa Gioi, sì disïoso

di voi mi trovo, che mai gioi non sento

se 'n vostra gioi il meo cor non riposo.                                      14

 

 

32

 

Oimè lasso, com'eo moro pensando,

Gioia, di voi ver' me fatta noiosa!

Per ch'eo non so veder como né quando

eo v'affendesse fior d'alcuna cosa.                                            4

 

C'al comenzar, gioiosa Gioi, c'amando

ve demostrai de me fed'amorosa,

voi foste dolce ver' di me, senbrando

de darmi gioi in voi senpre gioiosa.                                           8

 

Or non degnate pur de farvi loco

und'e' vo veggia, crudel morte mia,

che fate me pregiar la vita poco,                                               11

 

e dire: «Morte, per pietate, sia

guerenz' a me di sì cocente foco,

che m'aucide vivendo mille via!».                                              14

 

 

33

 

Gioi amorosa, amor, grazi' e mercede

così com'a mia donna e a mio signore;

c'ora venite assai là do' ve vede

lo viso meo, ver' me de bel colore;                                           4

 

per che 'n voi l'alma mia salvar si crede

e 'l corpo viver mai senpre a onore,

c'omo no è già sì fermo 'n sua fede,

non fallisse ant'eo ver' vostro amore.                                        8

 

E sonne pago sì, mai più non bramo

che direvi com'eo coralemente

starvi senpre fedel desio e amo.                                               11

 

Or piacciavi, per Deo, donna plagente,

de daremi, poi più non cher ni chiamo,

loch'e stagion de dir tal convenente.                                         14

 

 

34

 

Piagente donna, voi ch'eo Gioi apello,

acciò ch'el vostro nome dir non oso,

perché de tanto parevele è ch'ello

me poterebbe, a dir, tornar noioso                                           4

 

(che meve non par propïo ni bello,

segondo el fare de voi amoroso;

però soffrite ch'eo dicave quello

che v'è diritto nome, ed è nascoso),                                         8

 

loch'e stagion donate me sovente

ove posso dir ben ciò c'opo m'àe,

ma pur non dico già, sì son temente;                                         11

 

e non dispregio me, ch'Amor me 'l fae;

or, poi sì sete in tutte cose gente,

datemi 'n ciò ardimento e segurtae.                                           14

 

 

35

 

Gioiosa Gioi, sovr'onni gioi gioiva,

onni altra gioi ver' voi noia mi menbra,

per ch'eo n'ò tanto l'anima pensiva,

che mai de cosa null'altra mi sembra                                         4

 

che a vedere como porto o riva

prender potesse intra le vostre menbra,

poi, senza ciò, non mi sa bon ch'eo viva,

tant'a lo cor vostra beltà m'imenbra.                                         8

 

Ma no al mondo è signor sì crudele

che, men dottando, li offriss'e' morte;

a voi lo core meo senpre fedele                                                11

 

però dimora intra crudele sorte

che tacer mi fa 'l cor? più amar che fele,

e 'n dir «Voglio!» la pena è dobbra forte.                                 14

 

 

36

 

Ai dolce Gioia, amara ad opo meo,

perché, taupino, eo voi tant'ò dottare?

C'orso non sete ni leon, par Deo,

ma cosa che né pò ni sa mal fare.                                             4

 

Or se fuste un dragon, che non pens'eo,

che vi ferebbe un angelo tornare

lo cor benigno e la gran fede ch'eo

ò collocata e mis'ò 'n voi amare!                                              8

 

Non ch'e' vi sento e vi conosco tale,

s'e' fussevi mortalmente nemico,

voi me non osereste voler male.                                               11

 

Tant'è lo vostro cor cortese, amico,

d'amor dolce, pietoso e naturale,

per ch'eo mi riconforto e di dir dico.                                         14

 

 

37

 

Dett'ò de dir: dirò, Gioia gioiosa,

e credo piaccia voi darmi odïenza;

però c'omo mentir e dir ver osa,

fòr prova, non abbiate in me credenza.                                     4

 

Dico che v'amo sì, c'ogn'altra cosa

odio ver' voi di coral malvoglienza,

e no è pena tanto dolorosa

ch'eo non sofrisse in far vostra piagenza.                                  8

 

E me e 'l mio e·cciò ch'i' poss'e vaglio

dono voi, cui fedel star più mi piace

ch'esser de tutto esto mondo amiraglio.                                    11

 

De voi vogli'eo sol che sofriate 'n pace:

ché, ciò pensando sia, tutto mi squaglio

del gran dolzor ch'entr'a lo cor mi face.                                    14

 

 

38

 

Eo t'aggio inteso, e te responderaggio

(però che volenter non son villana),

e non, com'altre già fan, per oltraggio,

ma solo per ragion cortese e piana.                                          4

 

Dici che m'ami forte a bon coraggio:

or mira ben? se la parola è sana,

ché per amor, amor ti renderaggio,

e, del contrar?, ciò ch'è ragion certana.                                    8

 

E te e 'l tuo voli me fedel dare:

or mira como cresce signoraggio

tale fedel, qual tu voli me stare!11

 

Consigliame, com'om leale e saggio,

ch'eo deggia ver' del tuo dimando fare,

ché de leal consiglio non partraggio.                                         14

 

 

39

 

Grazi' e mercé voi, gentil donna orrata,

dell'udïenza e del responso gente;

ch'e' non audi' che mai donna altra fiata

parlasse tanto dibonaremente;                                                  4

 

ché «non» sì dite per parola ornata,

che già non m'osa quasi esser spiacente,

e «sì», che tale gioia in cor m'à data,

che mai non credo siame noi' nocente.                                      8

 

Amo sol quel che pro' v'è ed orranza;

fedel son d'ubidir vostro comando:

tal fede chero e tal amor m'avanza.                                           11

 

Consigliovo che tosto, e non dottando,

de mi' amar e de mia fé fidanza

prendiate, como sia vostro comando.                                       14

 

 

40

 

Eo non tegno già quel per bon fedele,

che falso consel dona a so segnore,

e voleli donar tosco per mèle

e far parer la sua vergogna onore;                                            4

 

ma tegnol deservente assai crudele,

ché gran senbrante à 'n sé de traditore.

Reo è per lo pastor, ch'è senza fele,

lupo che pò d'agnel prender colore.                                         8

 

Ma non te pòi ver' me sì colorare

ch'e' ben non te conosca apertamente,

avegna ch'eo però non voi' lassare                                           11

 

ched eo non te receva a benvogliente,

secondo el modo de lo tuo parlare,

ad entenderlo pur sinpilcimente.                                               14

 

 

41

 

Lo dolor e la gioi del meo coraggio

non vo poria, bona donna, contare:

ché dolor ò, che m'è d'onni altro maggio,

che voi pur reo voletemi pensare.                                             4

 

 

Gioi ò di ciò che mi' amor e mi' omaggio

vi piace, al modo de lo meo parlare;

ma non mi torna guaire inn-allegraggio,

se voi perfin non mi posso aprovare.                                        8

 

Però vo prego, per mercé, che agio

e loco date me du' pienamente

demostrive s'eo son bon u malvagio:                                         11

 

e, s'eo son bon, piacciavo pienamente,

e, s'eo so reo, sofrir pena e mesagio

voglio tutto, sì con' voi serà gente.                                            14

 

 

42

 

Deo!, con' dimandi ciò che·tt'ò donato,

e che 'n possibel t'è senpre d'avere?

Non ài tu loco e agio, e ascoltato

è diligentemente il tuo volere?                                                   4

 

E, folle o saggio ch'eo t'aggia trovato,

resposto t'aggio senpre a pian parere.

Dimostra se ragion ài d'altro lato,

ed eo son prest'a prenderlo in piacere.                                     8

 

Ma, se dimandi alcun loco nascoso,

prov'è che la ragion tua no è bella;

per che né mo' né mai dar non te l'oso.                                     11

 

Ora te parte ormai d'esta novella,

poi conosciuto ài ben del mio resposo

che troppo m'è al cor noios'e fella.                                           14

 

 

43

 

Oimè, che dite, amor? Mercé, per Deo,

ch'eo no oso vietar vostro comando,

né no 'l posso ubidir, mentre ch'e' veo

vostro piacer, sì m'à distretto amando.                                     4

 

Adonque, lasso me, che fare déo?

No lo posso veder, moro pensando.

Per cortesia e per mercé recheo

sovra ciò el vostro consiglio e 'l demando.                                8

 

Bene vegg'io che di partir potenza

darmi potete, s'a voi piace bene,

sol con disabellir vostra piagenza                                              11

 

e dir e far ciò c'a spiacer pertene;

ma se potete e no 'l fat'e' parvenza

che vo piace ch'eo mora in vostra spene.                                  14

 

 

44

 

Consiglioti che parti; e se 'l podere

di' che no·ll'ài, creder no·ll'oso fiore:

ch'eo so ch'amor non t'à troppo a tenere,

anzi se' falso amante e 'nfingitore,                                             4

 

e dicimi ch'eo peni a dispiacere

sol per parer d'innamorato core;

e opo non t'è: non son de tal piacere,

che'e' far potesse de me amadore.                                           8

 

Parteti e, s'amar voli, ama corale

ched è più bella troppo ed è tua pare;

non me, che laida son, né non te vale.                                       11

 

 

E sappeti che, s'eo dovesse amare,

eo non ameria te (non l'abbi a male),

tutto sie tu d'assai nobie affare.                                                 14

 

 

45

 

Lasso!, non sete là dov'eo tormento

piangendo e sospirando, amor, per voi,

che bene vi parrea più, per un cento,

ch'eo non vo dico, innamorato poi.                                           4

 

Ma non voi' mi crediate fòr sper?mento;

e, se ben fino amante eo sono e foi,

aconcesi ver' me vostro talento;

e, se non son, 'lor dite: «Amate altroi».                                     8

 

E, se bella non sete, ed eo vi tegno

più bella c'altra assai: per ciò provate

c'amor mi stringe più ch'eo non v'asegno.                                 11

 

Eo non cher già, come par me amiate,

ma con' re ama bass'om de su'regno:

a·cciò non credo me sdegnar deggiate.                                     14

 

 

46

 

Per fermo se' ben om che gravemente

ti si defenderia de follegiare

neuna donna non guaire saccente,

sì sottilmente altrui sai sermonare.                                             4

 

Or non voi' dire ch'eo sia saggia nente,

ma, quale son, tu non me pòi 'ngegnare,

ché né fu, né serà tal convenente

in mio piacer giamai, per null'affare.                                          8

 

 

E poi che sì conosci il voler meo,

no me far curucciar, parteti ormai!

Ch'eo ti farea parer lo stallo reo,                                              11

 

tutto sie tu, dei tre, l'un c'amo assai

più che cos'altra mai, fé che deo a Deo!:

ma non de quello amor che penser ài.                                       14

 

 

47

 

Ai! come m'è crudel, forte e noiosa

ciascuna parte, e 'l partit e lo stare!

Partire con' poss'eo d'amar voi, cosa

sola sete 'n potermi gioi donare?                                              4

 

E siete sì piacente e amorosa,

che vi fareste a uno enpero amare.

?nstar con' posso, poi voi piacer no osa,

ma sì noioso, me dite, vo pare?                                                8

 

E vostra noi' mov'e' noiosamente,

ch'e' vorrea mille fiate anti morire

che dire o far ver' voi cosa spiacente.                                       11

 

Ma se vi spiaccio, lasso, per servire,

serò per deservir, forse, piacente?

Megli'amo certo morte sofferire.                                              14

 

 

48

 

Me pesa assai, se sì grav'è 'l tuo stato;

e s'eo dovesse dar ciò che mi cheri

con' tu prender lo dia, vacci' acordato

fora per la mia parte e volontieri.                                              4

 

Ma, perché dar no 'l deggio, aggiol vietato,

pregando che ne parti el tuo penseri;

e sì consigli me Deo in ogne lato,

com'eo fatt'aggio te 'n esto misteri.                                           8

 

Donque te parte; e se di' che non pòi

mutar la volontà del tuo coraggio,

come mutar donque credi l'altrui?                                             11

 

Or pensa di tener altro vïaggio:

certo sii ch'esta volta è la poi

ch'e' d'esto fatto ormai te parleraggio.                                      14

 

 

49

 

Donque mi parto, lasso, almen de dire

o de farne 'n senbrante alcun parvente;

e guarderòmi, al meo poder, de gire

loco ove veder possavi nente.                                                  4

 

E piacciavo, per Deo, di non soffrire

ch'eo mai v'auda ni veggia al meo vivente;

ché morto m'à lo dilettoso audire

e lo sguardar vostra fazzon piacente.                                        8

 

Ma, s'eo non audo, ni veggio, ni menbro

lo gran piacer piacente, amor, de voi,

ch'angel di Deo senbrate in ciascun menbro,                             11

 

forse mo' parto e 'ntenderò in altroi,

che m'averà per sì fin com'eo senbro:

e, se mi val, pensat'aggio già coi.                                              14

 

 

50

 

Gioia gioiosa, a me noi' e dolore,

Deo!, perché sì v'agrada lo mal meo?

Ché rechesta e pregata ò voi mant'ore

che non vo piaccia ch'ëo sia, per Deo,                                     4

 

là du' v'auda ni veggia, acciò che fòre

vegna d'amare voi, poi che vi creo;

e non mi val la mia rechesta fiore,

ma ditemi che pur bisogna ch'eo                                               8

 

vi veggia e v'auda, e non v'ami né serva:

altro non c'è, fòr ch'eo mora, vi piace!

E ben morria, ma star forzom'a vita,                                         11

 

poi servir me desval, perch'e' deserva:

e forse me varrà, ché si conface

loc'onde conoscenza è dipartita.                                               14

 

 

51

 

Viso non m'è ch'eo mai potesse «Gioia»

più giustamente voi, donn', apellare,

che posso agual, vostra mercede, «Noia»,

ché noioso è 'l vostro dire e 'l fare,                                           4

 

poi, de cortese, assai villana e croia

àvi la lauda mia fatta tornare;

ché la grande beltà d'Alena en Troia

non fu pregiata più, sì como pare,                                             8

 

che la beltate e l'onor e 'l piacere

de voi aggio de fin pregio pregiato.

Ma, poi vi sete data en dispiacere                                            11

 

con dir noioso e con villan pensato,

eo vi dispregio e metto a non-calere,

e spiace me ciò che piacer m'è stato.                                        14

 

 

52

 

Legiadra Noia e aprufica altera,

or già mi noce il meo cortesegiare,

ché me n'avete a vil, tanto giudera

v'à fatta devenir lo meo laudare.                                               4

 

Or non pensate voi che sì leggera

fussemi villanïa dire o fare?

Sì fora ben, ma non m'è piagentera,

non già per voi, ma per me non biasmare.                                 8

 

Ma de dire o de far più cortesia

a voi e a ciascun de vostra gente,

me guarderaggio ben, per fede mia.                                          11

 

E, se vi fusse stato unque piagente,

tener mi potavate in vita mia

sol con bone parole, a bon servente.                                        14

 

 

53

 

Ai mala Noia, mal vo doni Deo,

ché maldicente a forza me fate;

unde ciascun per cortesia recheo

che me 'l perdon', poi ch'è fòr volontate.                                  4

 

Malvagia donna, poi lo fatto meo

vi spiace, perché amor mi dimostrate?

Bon è 'l senbrante, e lo parlar è reo:

misteri è che l'un sia de falsitate.                                               8

 

 

Or «no» or «sì» mostratemi sovente;

partir né star no oso in vostro amore;

ni mor' né vivo, tale è 'l convenente.                                         11

 

Deo!, mala donna, siatene signore

a dir o «no» o «sì» ben fermamente,

ch'eo parta en tutto, o ve stia servidore!                                   14

 

 

54

 

Deo! che mal aggia mia fed'e mi' amore

e la mïa gioventa e 'l mio piacere,

e mal aggia mia forza e mio valore

e mi' arte e mio 'ngegno e mio savere;                                      4

 

e mal aggia mia cortesia e mi' onore

e mi' detto e mi' fatto e mio podere,

e mia canzon mal aggia e mio clamore

e mio servire e mio mercé cherere,                                           8

 

poi c'al magior mister c'avesse mai,

o cred'aver, no m'àn valuto fiore.

Ai!, con' mal, lasso, en lor mi confidai,                                     11

 

ché 'n fidanza de lor debel valore

vincente senza fallo esser pensai

de ciò ch'eo son venciuto a desinore!                                       14

 

 

55

 

Certo, Noia, non so ch'eo faccia o dica

sì trovo en voi diversa opinïone:

cortese e dolce e amorosa amica

veggio senpre ver' me vostra fazzone;                                       4

 

e la lingua villana ed enemica

è senpre ver' me più tutta stagione,

com'eo più d'amar voi prendo fatica

e la fazzon più de dolcezza pone.                                             8

 

Ed è stagion, che l' senbrante è non bello,

ed altra, che la lengua è non villana;

per ch'e' non m'oso allegrar ni star fello,                                   11

 

c'onne parte mi fere e mi resana:

sì son ?smarruto, ch'eo non veggio quello

che far? deggia enver' ragion sì strana.                                      14

 

 

56

 

Lasso!, en che mal punto ed en che fella

e 'n crudel parte misi intendimento!

Ché me e 'l mio disamo, e amo quella

che nel mal mio poder mett'e talento,                                        4

 

e più che cosa alcuna altra li abella

lo doloroso meo grave tormento:

ben è senbrante, oimé lasso, ched ella

fu fatta sol per meo distrugimento.                                            8

 

Adonque che ferò? Pur sofriraggio?

Non già, ma parterò contra de core:

se me non vinco, altrui mal vinceraggio.                                    11

 

E metterò lo meo corale amore

en loco tal, che sia cortese e saggio,

non che m'aucida, s'eo son servidore.                                       14

 

 

57

 

Ai lasso, como mai trovar poria

cortese donna, poi che m'è villana

la più cortese c'a 'sto mondo sia?

Che per ragion tanto cortese e piana                                        4

 

rechest'ò che mi don' sua signoria,

c'orso o dragone, o qual fer' è più strana,

sì 'nd' averea mercede e cortesia

e fora ver' di me dolce ed umana.                                             8

 

Deo!, como può sua dolce bocca dire

parola amara sì crudelemente

che fammi crudel morte sofferire?                                             11

 

Ai!, con' mal viddi sua beltà piagente

e 'l suo chiar viso e suo dolce avenire

e 'l dire e 'l far? di lei, più c'altro gente!                                     14

 

 

58

 

Altro che morte ormai non veggio sia

de lo dolore meo trapassamento,

ch'eo biasmo e laudo, e vogli' e non vorria

che d'amar lei partisse el me' talento;                                        4

 

ché pur contendo co la voglia mia,

onde mi trovo, lasso, ognora vénto,

e, poi che veggio che scanpar non dia

giammai, non faccio alcun difendimento.                                   8

 

Poi morir deggio, dirò che m'amorta

quella c'onore e valor e piacere

e beltate sovra tutt'altre porta,                                                  11

 

e crudeltate e fierezza e volere

de darmi morte: sì che non m'apporta

amor servire né pietà cherere.                                                  14

 

 

59

 

Certo, Guitton, de lo mal tuo mi pesa

e dolmi assai, ché me ne 'ncolpi tanto.

S'altri il suo ti difende, or fatti offesa

s'aver no 'l dïa già tanto ni quanto?                                           4

 

Se pe·ragion sonmi de te defesa,

donque perché di me fai tal conpianto?

Ver è che la ragion tua non ò 'ntesa,

como cheresti me in privato canto.                                           8

 

Ma vene tale parte e 'n tal stagione,

e pensa di cherer securamente

ciò che credi che sia di tua ragione,                                          11

 

ch'eo te 'l convento dar ben dobbramente;

ma non cherer, né sia la tua 'ntenzione,

ciò che 'l chieder e 'l dar fusse spiacente.                                  14

 

 

60

 

Gioia d'onne gioioso movimento,

non mi repento – se villan so' stato

né curucciato – voi; ché però sento

a me 'l talento – vostro umilïato.                                               4

 

Ché'n ciò fui dato – solo a 'ntendimento

del valimento – quale è 'n me tornato;

e ò parlato – contra sapimento,

ché piacimento – sol ò en voi trovato.                                      8

 

E, se gravato – m'avete sovente,

sì dolcemente – m'àve trapagato

lo vostro orrato – dir, che son gaudente.                                  11

 

Là du' piagente – v'è, verrò di grato,

e siame dato – ciò che più v'è gente,

che più cherente – non serò trovato.                                         14

 

 

61

 

Gioia gioiosa più che non pò dire

la lingua mia né devisar lo core,

che bellezz'e adornezze e gran plagire

de donna avete, e d'onne altra migliore,                                    4

 

ma cortesia, valor, senn'e savire

avete d'om de conpiuto valore:

sommaramente, quanto pò ciausire

de tutto ben om bon conoscidore,                                            8

 

è, bella donna, en voi, da cui eo tegno

core, corpo, podere e·cciò che aggio;

e sonne ben, vostra mercede, degno.                                       11

 

Ché tutto ciò che brama el me' coraggio

donatemi con sì gioioso segno,

che temo di morir sol d'allegraggio.                                          14

 

 

62

 

Ben aggia ormai la fede e l'amor meo

e tutto ciò che mal dissi c'avesse,

ched è ragione certo, al parer meo,

ch'al lor valor non mai par credo stesse;                                   4

 

ché dolce e pïetosa inver' me veo,

più c'alcuna ch'eo giorno anco vedesse,

ch'è fatta quella, in cui fierezza creo

che più d'onni altra assai senpre potesse.                                  8

 

Sì·ccome a Lanzelotto omo simiglia

un prode cavaler, simil se face

a·llei di fera donna a meraviglia.                                                11

 

Manti baron' d'alto valor verace

l'àno saggiata assai; ma sì lor piglia

che mai tornar ver' ciò non àno face.                                        14

 

 

63

 

Voi che penate di saver lo core

di quei che servon l'amorosa fede,

partitevo da ciò, per vostro onore,

c'onne peccato è, 'nver' de quel, mercede:                                4

 

ch'un om ennudo e dello senno fòre

or miri quel che fa, om che lo fède!

Ché tal è quei, cui ben distringe amore,

che d'occhi né di cor punto non vede.                                      8

 

E nudo sta né non se può covrire

de demostrar la sua gran malatia

a·llei che pote di ciò lui guerire.                                                11

 

Donque, chi 'l vede, in sé celar lo dia

e contastar a chi 'l vollesse dire,

per star cortese e fuggir villania.                                               14

 

 

64

 

Amore e gioia, bella Gioia, sento

tant'a lo cor, che de dolzor m'aucide,

e sentire'ne ben più, per un cento,

se·nnon che de me stesso aggio mercide,                                  4

 

ché temo di morir: no li consento,

ma fò sì che de me 'l troppo devide,

ché spessamente m'à gioia sì vénto

c'a forza canpo, sì non mi conquide.                                         8

 

Per che d'amor meo par esser non osa,

ché, se cont'àve de contessa amanza,

o re de reina, è ciò picciol cosa;                                               11

 

ed è grande, quand'om basso amistanza

àve d'un'alta donna, e grazïosa,

com'eo da voi, donn', ò, senza mancanza.                                14

 

 

65

 

Ai! como ben del meo stato mi pare,

mercede mia, che no 'nd'è folle a paro!

Ch'eo mostro amor in parte, che me spare,

e là dov'amo quasi odioso paro.                                               4

 

Ed èmmi grave ciò; ma pur canpare

voi' dai noiosi e da lor noi' mi paro,

a onor de lei, che 'n beltate pare

no li fo Elena che amao Paro.                                                   8

 

Or non so per ch'eo mai cosa apparasse,

s'eo non apparo a covrir (sì non para)

ciò che m'aucideria quando paresse.                                        11

 

 

Ma 'l cavaler, che ad armi s'apparasse,

como facc'io en ciò, senpre canpara

senza cosa che nente li sparesse.                                              14

 

 

66

 

Non sia dottoso alcun om, per ch'eo guardi

a donna, unde li tegna gelosia,

ché vista fò che di ciascuna enbardi,

ma non però ch'e' la volesse a mia.                                           4

 

Ché lei che m'à feruto coi soi dardi

non guardo mai sì che parevel sia;

e, solo perché d'essa om non se guardi,

en tante parte amar fò semelia.                                                 8

 

Or dirà l'om: «Non ben se'·tti guardato:

credendoti covrir, mostrat'ài via

com'omo apprenda el tuo segreto stato».                                 11

 

Per ch'eo dirò già ben certo follia:

ch'eo mi sento ver' ciò tanto sennato,

che qual più pò, più me nocente sia.                                         14

 

 

67

 

Com'eo più dico, più talent'ò dire,

Gioia, de voi, de tutto onor gioiosa:

e non tanto però che de servire

ò senpre l'alma mia desiderosa,                                                4

 

quanto per vostr'alto valor, che gire

veggi' a monte, montand'ogni altra cosa.

Che donna coronata a voi tenire

non se pò par, che per ragion non osa,                                     8

 

poi reina de tutto alto valore

e de beltà conpiuta en pregio degno

e de ciò tutto che dimanda onore                                             11

 

sete sì ben, com'altra è de suo regno;

e chi val molto a poco de riccore,

che varrebbe ad assai mostra ben segno.                                  14

 

 

68

 

De tutte cose e cagione e momento,

che omo vole o dice o face, è gioia;

ch'à onore e prode e piacere 'n talento

l'om solamente per venire a gioia.                                             4

 

Chi tutto 'l mondo avesse a suo, non sento

ch'el intendesse cos'altra che gioia;

adonque par però ver sperimento

che quello è ricco più, c'àve più gioia.                                       8

 

Perciò m'approvo al più ricco om che sia,

poi di Gioi aggio onor conpiutamente

ciò che lo core meo vole che·ssia;                                            11

 

e, s'eo mostrar l'osasse intra la gente

com'è ciò ver, chi più saggi' è diria

ch'eo vero dico assai ben giustamente.                                     14

 

 

69

 

Ben meraviglio como om conoscente,

over omo che ami per amore,

pò ver' chi ama istar croi' e spiacente

e farli a suo poder noi' e dolore,                                               4

 

perché moglieri o sorore o parente

li sia la donna c'ama l'amadore:

poi sa che·cciò li aven forzatamente,

perch'à 'n altrui bailia l'alm'e lo core.                                         8

 

Donque faria mercede e cortesia

e ben suo grande e de la donna maggio,

covrirli e darli a stagione agio e via;                                          11

 

ché, s'ello pur guardar vòl lo passaggio

e l'om de gir soffrir non pò, follia

li cresce sì che i monta ont' e dannaggio.                                   14

 

 

70

 

Gioi amorosa, amor, vostro lignaggio

so ben ched è d'assai nobil altezza,

e so che de valor né de corraggio

né de piacer né d'ornata bellezza                                              4

 

né de far né de dir cortese e saggio

altra no è de tant'alta grandezza.

Donqu'eo, che bass'om son, ragion non aggio,

segondo ciò, d'aver vostra contezza;                                        8

 

ma segondo gran fede e bono amore

che 'n voi ò, stando più vostro che meo,

son degno ben d'aver tanto d'onore.                                         11

 

Ché, se verace sì fuss'eo ver' Deo

con' son ver' voi, vivo, senza tinore

ne girea loco ov'è santo Mateo.                                               14

 

 

71

 

In fede mia, che 'n amor grande aiuto

mi fora ch'eo foss'orbo, tale fiada,

e tal ch'e' fusse sordo e tal che muto!

E dico como adesso a cui agrada.                                            4

 

Orbo, però che megli? che l'aveduto

per escur loco è meo penser che vada;

e sordo perché, quando alcun o·muto

sento là stando, ov' el meo cor? più bada,                                8

 

temendo ch'altro sia, prendo paura

e perd'aver solazzo e angosci' aggio,

che gauderia, s'e' fusse sordo allura;                                         11

 

e muto perché, quando il suo coraggio

demostrame madonna per figura,

de la 'ntenzone d'esse eo fusse saggio.                                      14

 

 

72

 

Con' più l'allungo, più m'è prossimana

la fazzon dolce de la donna mia,

che m'aucide sovente e mi risana

e m'àve miso in tal forsennaria,                                                 4

 

che, 'n parte ch'eo dimor' in terra strana,

me par visibil ch'eo con ella sia,

e or credo tale speranza vana

ed altra mi ritorno en la follia.                                                   8

 

Così como guidò i magi la stella,

guida me sua fazzon gendome avante,

che visibel mi par e incarnat'ella.                                               11

 

Però vivo gioioso e benistante,

ché certo senza ciò crudele e fella

morte m'auciderea immantenante.                                             14

 

 

73

 

Gioi amorosa, amor, senpre lontano

son da voi, lasso! Mal v'aggio veduta,

e male fui crudel tant'e villano:

contra 'l vostro voler feci partuta,                                             4

 

a·ggire, oimè dulente!, in terra strano,

ov'allegrezza e gioi aggio perduta;

ché 'ntra pianti e·ssospir' m'àn posto a·ppiano

e m'àn ormai vita quasi tolluta.                                                  8

 

Lasso, perché vagheo d'argento o d'oro,

avendo voi, sì prezïoso avere,

che non pareggiavi altro tesoro?                                               11

 

Or non procaccio, acciò che 'l meo servere

aggio perduto, en voi amando, e moro,

poi voi, nid altro ben, non posso avere.                                    14

 

 

74

 

Ai dolze cosa, perfetta Speranza,

amica di ciascun omo, e più mia,

ché tu paghi più a l'om sua disïanza

non fa quello ch'è tene in signoria.                                            4

 

Già quale à più podere e benenanza

senza l'aiuto tuo non viveria;

dunqua, chi vive a·nnoia e a pesanza,

se·ttu no l'aiutassi, or che feria?                                                8

 

Mal; ed eo peggio, che tra strana gente

ed en strano paese e 'n crudel soe,

sconfortato da mia donna e d'amico                                         11

 

e d'onni cosa, fòr di te, ch'è gente:

mi conforto tuttor che mister n'òe

[……………………………-ico]                                          14

 

 

75

 

Lontano son de Gioi e Gioi de mene

e de Gioi son più ch'eo non fui giammai;

di perdit'aquistato aggio gran bene

e de procaccio male e danno assai                                           4

 

Quel ch'eo non ò m'aiuta e mi mantene,

et quelo c'ò m'affende e dona 'smai;

gioia e gran dolzor sento di pene,

e de gioi pen'e tormenti e guai.                                                 8

 

Ora sono là 'v'io non fui già nente:

chi.mmi serve, me piace e·ffa dannaggio,

e bene e dispiacer lo diservente.                                               11

 

Messer Gherardo, di non saver s'aggio

lo chiar escur? ben è meo convenente:

de!, quel ?sguardate ch'e' non guard', om saggio!                     14

 

 

76

 

Gioi amorosa, amor, pensando quanto

fu 'l fallo meo crudel e villan forte,

cert'eo m'auciderea volenter manto,

se·ll'om ragion avesse en darse morte.                                      4

 

E·ss'eo trovar credesse enn-alcun canto

che·dde ciò fusse giugiamento o corte,

eo me li acuseria 'n tal guis'a tanto,

che·dde morte verria sovra me sorte.                                       8

 

Ma poi me reconforto, amor, pensando

che più che 'nn-altra 'n voi regna pietanza,

e·cciò mi fa midir, merzé clamando;                                          11

 

c'altra guisa vivrebbi in desperanza,

tanto ontoso son, considerando

com'io poteva ver' voi pensar fallanza.                                      14

 

 

77

 

Deporto – e gioia nel meo core à·pporta,

e·mmi desporta – al mal c'aggio portato,

ch'e' de porto – saisina aggio, ed aporta

ch'e' 'ntra la porta, – ove fòr gi', è aportato.                              4

 

Fé porto – tal de lei, che non trasporta

ma me conporta – ov'eo son trasportato,

c'on porto – me non fa più, se·mm'aporta

ella du' porta – su' estar diportato!                                           8

 

Conportat'ò – de mal tanto ch'eo porti,

deporti – opo me fanno a trasportare

deportar? – mort'ov'eo so·mmi portara.                                   11

 

Non conportara – c'altri mi conporti

né i porti, – s'ei sia qual vole a portare;

ché, del portar? – me lei, ma' desportara.                                 14

 

 

78

 

De coralmente amar mai non dimagra

la voglia mia, né di servir s'arretra,

lei, ver' cui de bellezza ogn'altr'è magra,

per che ciascun ver' me sementa 'n petra:                                 4

 

c'Amor di gioia mi corona e sagra

und'ò di ben più c'altr'om, più che metra;

dunqu'è ragion de servir lei m'adagra,

poi son d'amore a maggior don ch'a metra.                               8

 

Ché manto n'ò, pur chi vol n'aggia invilia,

e·mme 'nde sia ciascun noioso encontra

ch'al mie voler non faccia fest'e vilia,                                         11

 

merzé di lei c'ogni su' nemico ontra,

ver' cui bastarda fu Sarna Subilia,

per che tutto ben? meo d'essa m'acontra.                                 14

 

 

79

 

Già lungiamente sono stato punto,

sì punto – m'àve la noiosa gente,

dicendo de savere uve mi punto;

sì tal punto – mi fa quasi piangente.                                          4

 

Poi, se·mmi miro, non credone punto,

sì punto – so', 've 'n stando onor v'è gente,

poi lo mïo voler de gioi à punto,

che punto – è verso, sì face à piangente.                                   8

 

Ferò como lo bono arcero face:

face – fa de fedire in tale parte,

sparte di ciò, u' non par badi, fede.                                          11

 

A tutti amanti sì de' farse face:

?sface – ciò de penser l'aversa parte,

parte – che vive inn-error de su' fede.                                      14

 

 

80

 

Del valoroso valor coronata

meglio, madonna mia, c'altra de regno,

en cui lo cor e 'l corpo e l'alm'ò data

perfettamente senz'alcun retegno,                                             4

 

addonque, poi di me sete lungiata,

perdut'ò e la mia vita e 'l suo sostegno;

per che morire, oimè lasso, m'agrata,

che·ss'eo più viv'ormai, matto devegno.                                    8

 

Ma voi, amor, per Deo, vi confortate,

che picciol è per mia morte dannaggio,

e per la vostra onor tutt'abassate.                                             11

 

E, per vostro conforto, el meo coraggio

se reconforta, e fors'anche 'l tornate,

per la vostra allegranza, enn-allegraggio.                                   14

 

 

81

 

Villana donna, non mi ti disdire,

volendomi sprovar fin amadore:

ch'eo fin non son, ver s'ò talento dire,

néd essere vorrea, tant'ài ladore.4

 

Ca, per averti a tutto meo desire,

non t'ameria un giorno per amore;

ma chesta t'ò volendoti covrire,

ché più volere terriami disnore.                                                 8

 

Ché tu se' laida 'n senblanti e villana,

e croia 'n dir e 'n far tutta stagione,

e·sse' leggiadra ed altizzosa e strana,                                        11

 

ché 'n te noiosa noia è per ragione,

donna laida, che·llegiadra se' e vana

e croia, ch'è' d'altera oppinïone.                                               14

 

 

82

 

Non mi disdico, villan parladore,

a quello intendimento che ditt'ài.

Or come crederia che 'n te valore

di fine amant'e amor fusse giamai?                                            4

 

C'ogn'altra fina cosa è di te fòre,

e lo incontra per te regna assai.

Ma disdicomi acciò che·mm'è dolore

crudel di morte il dimando che fai,                                            8

 

cioè ch'io t'ami: or, come amar poria

cosa che di tutto è dispiagente

con' tu·sse'? Mod'e' ò ragion ti dia                                           11

 

odiar: amor ne disfo coralmente;

tu però mi dispregi, e villania

mi dice assai la tua bocca che mente.                                       14

 

 

83

 

Certo, mala donna, malo accatto

farebbe l'om a star teco a tencione,

tant'ài villan parlar, accort'e adatto

e tanto pien di tutta rea ragione.                                               4

 

Per ch'io mi credo che sovente ài fatto

dann'e disnor a me con tuo sermone,

e manti omin'ài messo in mal baratto,

e d'altro non par c'aggi' oppinïone.                                           8

 

Se vuoi ch'i' dica 'l ver, sì com'e' 'l saccia,

perché disditta se', diraggiol bene:

ché tu, pensando c'ài laida la faccia                                          11

 

e·sse' croi' e villana, allor te tene

paura forte che gabbo non faccia;

perciò disdici, e far ciò ti convene.                                           14

 

 

84

 

Così ti doni Dio mala ventura,

con' tu menzogna di' ad iscïente,

credendo ch'i' m'arrenda per paura

di tua malvagia lingua mesdicente.                                            4

 

Ma io sofferea prima ogni bruttura

e morte, ched i' te dessimi nente,

ch'eo fora degna di soffrir arsura

come quella c'a bestia si consente.                                           8

 

E·sse ciò è, che me non tegna mente

bona né bella, te qual credi tegna?

Pur lo piggior di tutti e 'l più spiacente.                                      11

 

E gran fastidio m'è, s'on ti disdegna

per dispiagenza, e tu ti tien' sì gente,

che, tal penser ài, credi che divegna.                                        14

 

 

85

 

Ai Deo, chi vidde donna vizïata

di reo parlar?, ritratto da mal'arte,

come tu che se' meco a ragion stata?

E' veggio che del gioco non ài par te.                                       4

 

Però parto vinciuto; e sì m'agrata,

poi sia vincente d'ogna mala parte,

non canpi perciò tu a mal'usata,

ch'i' non vorria di malvagìa ritrarte.                                           8

 

Che Dio male ti dia, come se' degna,

e tollati la vit'aciò che danno

non fusse più di tua malvagia 'nsegna:                                       11

 

ché tutto vizio rïo e inganno

è di te nato, e tuo penser non regna

inn-altro, che 'n criar, vergogn'e danno.                                    14

 

 

86

 

Or son maestra di villan parlare

perché saccio di te dir villania,

ché villan dire e dispiacevel fare

sì ritrova' in te ciascuna dia,                                                      4

 

c'un piccol fanciul ne porria ritrare

più ch'e' fatto non aggio 'n vita mia,

ché quello che ditt'ò già nente pare

inverso de la tua gran malatia.                                                  8

 

Ma io vorrebbi, lassa, esser morta

quando con omo, ch'i' l'ò disdegnato,

come tu se', tale tencion fatt'aggio.                                           11

 

Ben puoi tener ormai la lingu'acorta

e dir ciò che ti piac'e star fidato,

che 'nn-alcun modo non responderaggio.                                  14