Dalle Rime: Tenzone fra Dante e Forese Donati


È costituita da tre sonetti di Dante e tre di Forese Donati (cugino della moglie di Dante morto nel 1296 e fratello di
Piccarda e di Corso Donati futuro capo dei Neri) che, come vuole il genere tenzone si prendono familiarmente in giro e
si infamano a vicenda.


87 (LXXIII)


1. Dante a Forese


Chi udisse tossir la mal fatata
moglie di Bicci vocato Forese,
potrebbe dir ch’ell’ha forse vernata
4 ove si fa ’l cristallo ’n quel paese.
Di mezzo agosto la truovi infreddata;
or sappi che de’ far d’ogn’altro mese!
E no·lle val perché dorma calzata,
8 merzé del copertoio c’ha cortonese.
La tosse, ’l freddo e l’altra mala voglia
no·ll’adovien per omor’ ch’abbia vecchi,
11 ma per difetto ch’ella sente al nido.
Piange la madre, c’ha più d’una doglia,
dicendo: «Lassa, che per fichi secchi
14 messa l’avre’ in casa il conte Guido!».


88 (LXXIV)

2. Forese a Dante


L’altra notte mi venn’ una gran tosse,
perch’i’ non avea che tener a dosso;
ma incontanente dì [ed i’] fui mosso
4 per gir a guadagnar ove che fosse.
Udite la fortuna ove m’adusse:
ch’i’ credetti trovar perle in un bosso
e be’ fiorin’ coniati d’oro rosso,
8 ed i’ trovai Alaghier tra le fosse
legato a nodo ch’i’ non saccio ’l nome,
se fu di Salamon o d’altro saggio.
11 Allora mi segna’ verso ’l levante:
e que’ mi disse: «Per amor di Dante,
scio’mi»; ed i’ non potti veder come:
14 tornai a dietro, e compie’ mi’ viaggio.


89 (LXXV)


3. Dante a Forese


Ben ti faranno il nodo Salamone,
Bicci novello, e petti delle starne,
ma peggio fia la lonza del castrone,
4 ché ’l cuoio farà vendetta della carne;
tal che starai più presso a San Simone,
se·ttu non ti procacci de l’andarne:
e ’ntendi che ’l fuggire el mal boccone
8 sarebbe oramai tardi a ricomprarne.
Ma ben m’ è detto che tu sai un’arte,
che, s’egli è vero, tu ti puoi rifare,
11 però ch’ell’è di molto gran guadagno;
e fa·ssì, a tempo, che tema di carte
non hai, che·tti bisogni scioperare;
14 ma ben ne colse male a’ fi’ di Stagno.


90 (LXXVI)

4. Forese a Dante


Va’ rivesti San Gal prima che dichi
parole o motti d’altrui povertate,
ché troppo n’è venuta gran pietate
4 in questo verno a tutti suoi amichi.
E anco, se tu ci hai per sì mendichi,
perché pur mandi a·nnoi per caritate?
Dal castello Altrafonte ha’ ta’ grembiate,
8 ch’io saccio ben che tu te ne nutrichi.
Ma ben ti lecerà il lavorare,
se Dio ti salvi la Tana e ’l Francesco,
11 che col Belluzzo tu non stia in brigata.
Allo spedale a Pinti ha’ riparare;
e già mi par vedere stare a desco,
14 ed in terzo, Alighier co·lla farsata.


91 (LXXVII)


5. Dante a Forese


Bicci novel, figliuol di non so cui
(s’i’ non ne domandassi monna Tessa),
giù per la gola tanta rob’ hai messa,
4 ch’a forza ti convien tôrre l’altrui.
E già la gente si guarda da·llui,
chi ha borsa a·llato, là dov’e’ s’appressa,
dicendo: «Questi c’ha la faccia fessa
8 è piuvico ladron negli atti sui».
E tal giace per lui nel letto tristo,
per tema non sia preso a lo ’mbolare,
11 che gli apartien quanto Giosep a Cristo.
Di Bicci e de’ fratei posso contare
che, per lo sangue lor, del mal acquisto
14 sann’ a lor donne buon’ cognati stare.


92 (LXXVIII)


6. Forese a Dante

Ben so che fosti figliuol d’Allaghieri,
e acorgomene pur a la vendetta
che facesti di lu’ sì bella e netta
4 de l’aguglin ched e’ cambiò l’altr’ieri.
Se tagliato n’avess’ uno a quartieri,
di pace non dove’ aver tal fretta;
ma tu ha’ poi sì piena la bonetta,
8 che no·lla porterebber duo somieri.
Buon uso ci ha’ recato, ben ti ·l dico,
che qual ti carica ben di bastone,
11 colu’ ha’ per fratello e per amico.
Il nome ti direi delle persone
che v’hanno posto sù; ma del panico
14 mi reca, ch’i’ vo’ metter la ragione.