Ne li occhi porta la mia donna Amore,
per che si fa gentil ciò ch'ella mira;
ov'ella passa, ogn'om ver lei si gira,
e cui saluta fa tremar lo core,
sì che, bassando il viso, tutto smore,
e d'ogni suo difetto allor sospira:
fugge dinanzi a lei superbia ed ira.
Aiutatemi, donne, farle onore.
Ogne dolcezza, ogne pensero umile
nasce nel core a chi parlar la sente,
ond'è laudato chi prima la vide.
Quel ch'ella par quando un poco sorride,
non si pò dicer né tenere a mente,
sì è novo miracolo e gentile.
Questo sonetto si ha tre parti: ne la prima dico sì come questa donna riduce questa potenzia in atto secondo la nobilissima parte de li suoi occhi; e ne la terza dico questo medesimo secondo la nobilissima parte de la sua bocca; e intra queste due parti è una particella, ch'è quasi domandatrice d'aiuto a la precedente parte e a la sequente, e comincia quivi: Aiutatemi, donne. La terza comincia quivi: Ogne dolcezza. La prima si divide in tre; che ne la prima parte dico sì come virtuosamente fae gentile tutto ciò che vede, e questo è tanto a dire quanto inducere Amore in potenzia là ove non è; ne la seconda dico come reduce in atto Amore ne li cuori di tutti coloro cui vede; ne la terza dico quello che poi virtuosamente adopera ne' loro cuori. La seconda comincia quivi: ov'ella passa; la terza quivi: e cui saluta. Poscia quando dico: Aiutatemi, donne, do a intendere a cui la mia intenzione è di parlare, chiamando le donne che m'aiutino onorare costei. Poscia quando dico: Ogne dolcezza, dico quello medesimo che detto è ne la prima parte, secondo due atti de la sua bocca; l'uno de li quali è lo suo dolcissimo parlare, e l'altro lo suo mirabile riso; salvo che non dico di questo ultimo come adopera ne li cuori altrui, però che la memoria non puote ritenere lui né sua operazione.